L’essenza della supercar

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Torniamo a parlare di cose importanti: supercar. Che cos’è una supercar? Come dev’essere? Le caratteristiche fondamentali, per me, sono quattro: dev’essere vistosa, costosa, veloce, e pericolosa. Negli anni Ottanta e Novanta la velocità di punta era il dato a cui si dava più importanza; 300 km/h erano motivo di rispetto, e la facilità di guida era un optional. Anzi, più l’auto tentava di ucciderti, più era desiderabile. Parlo di Lamborghini Diablo e Ferrari F40, auto con la reputazione di fabbricanti di vedove. Oggi le cose, per fortuna, sono un pochino cambiate. La cavalleria delle supersportive odierne è quasi volgare: la Lamborghini Aventador S ha una potenza di fuoco di 740 CV, la Porsche GT2 RS ne ha 700 e la Ferrari 812 Superfast addirittura 800.

Vanno drammaticamente forte, ma lo fanno con tale facilità che persino mia madre potrebbe guidarle – senza nulla togliere alle doti di guida di mia madre. Non sto dicendo che guidare questi aggeggi con controlli elettronici disinseriti e al limite delle loro possibilità sia come bere un Crodino, ma reputo che con i passi avanti che sono stati fatti in termini di gomme, sospensioni e diavolerie tecnologiche, auto di oggi con 700 CV sono più facili e prevedibili di auto con 300 CV di vent’anni fa.
Che siano veloci ma facili è sicuramente un bene, almeno per la crescita demografica; tuttavia credo che questa “facilità di guida” renda le supercar un po’ meno affascinanti. Cercare di domare un’auto difficile fa un po’ parte del DNA dell’essere umano, come cacciare un serpente a mani nude, o cavalcare un toro, o qualsiasi altra cosa stupida che facciano i maschi americani nei film.
Forse sto solo invecchiando, forse è arrivato quel momento in cui comincio a sputare frasi come “eh ma la 575 Maranello era un’auto per uomini veri”, oppure “con il cambio manuale era un’altra cosa”.
O forse non sono io, ma sono le auto sportive ad esser diventate così veloci e facili, addirittura perfette, da lasciarmi sconcertato e nella scomoda posizione di essere a vuoto di critiche.

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