Monthly Archives: Novembre 2025

Auto elettriche, superata quota 70mila colonnine: ecco le Regioni e le città più avanti nella ricarica

La rete cresce a ritmo record, ma il settore chiede regole più semplici e una strategia nazionale davvero all’altezza della transizione elettrica

Il nuovo report trimestrale di Motus-E certifica un passaggio chiave per l’e-mobility italiana: al 30 settembre 2025 i punti di ricarica pubblici sono arrivati a 70.272, con 2.711 nuove installazioni solo nell’ultimo trimestre e quasi 10mila in un anno. Numeri importanti, come riferisce anche alanews.it nel suo approfondimento, che raccontano una rete in espansione e un mercato che, nonostante freni strutturali, prova finalmente a correre.

Sull’autostrada la fotografia è ancora più indicativa: 1.274 punti di ricarica complessivi e l’86% in corrente continua. Addirittura il 63% supera i 150 kW, segno di una rete che vuole diventare davvero “fast” e rispondere alle esigenze di chi viaggia in elettrico.

Le Regioni che spingono davvero: Lombardia leader assoluta

La distribuzione dei punti di ricarica evidenzia differenze ancora marcate:

  • Lombardia al primo posto con oltre 14.200 colonnine,

  • seguita da Lazio, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna.

A livello provinciale, la classifica conferma l’asse Nord-Centro:

  • Roma domina con quasi 5.900 punti,

  • poi Milano,

  • e Napoli, in costante crescita.

Il dato urbano è cruciale: nelle grandi città, dove gli spazi privati scarseggiano, la ricarica pubblica è un abilitatore decisivo. La crescita dell’infrastruttura rispecchia infatti l’aumento degli EV circolanti: 339mila full electric al 31 ottobre 2025, +28,7% rispetto all’anno precedente.

Iter complessi e costi energetici: il vero freno alla crescita

La rete cresce, sì, ma non senza difficoltà. Gli operatori del settore lamentano da tempo procedure autorizzative lente e un quadro normativo frammentato.

Il presidente di Motus-E, Fabio Pressi, sottolinea il rischio di rallentamento:
Sostenere questa crescita sta diventando sempre più complicato per gli operatori, a causa di ritardi normativi e regolatori che rallentano l’attivazione delle infrastrutture.

Pressi – CEO di A2A E-Mobility e figura di riferimento dell’e-mobility italiana – insiste su un punto: senza un intervento strutturale, l’Italia rischia di perdere il ritmo della transizione elettrica.

Motus-E propone 5 priorità nel manifesto “Ricaricare l’Italia”:

  • ridurre i costi energetici per gli operatori, allineandoli alla media UE;

  • semplificare gli iter autorizzativi per connettere le colonnine alla rete;

  • coprire tutte le autostrade con punti di ricarica rapidi;

  • concessioni ventennali per garantire stabilità agli investimenti;

  • una governance centrale che coordini dati, pianificazione e strategie.

Italia in ritardo sull’Europa: serve una politica industriale vera

Nonostante la crescita, la quota di mercato delle auto elettriche italiane è ancora ferma al 5,2%, lontanissima dal 18,1% europeo e dai target del PNIEC 2030.

Secondo Pressi, lo scontro politico sulle date di stop ai motori termici è fuorviante:
Non è più tempo di discutere delle date di fine vendita dei veicoli termici, ma di definire una politica industriale europea e nazionale seria.

L’obiettivo di Motus-E è chiaro: una rete più densa, più accessibile e più economica, capace di ridurre le ansie da ricarica e spingere un mercato che oggi resta frenato soprattutto dall’infrastruttura e dai costi.

Se il Paese saprà cogliere la sfida, l’Italia potrà avvicinarsi al modello dei Paesi più avanzati, trasformando la mobilità elettrica da nicchia a scelta mainstream.

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L’Ue valuta lo stop alle supercar dal 2026: il limite dei 68 dB mette a rischio modelli iconici

Dal luglio 2026 entreranno in vigore limiti acustici più severi per le auto passeggeri. La soglia dei 68 decibel rischia di colpire supercar e versioni sportive di molti marchi, aprendo un acceso dibattito tra Bruxelles, costruttori e automobilisti

L’Unione europea è pronta ad applicare dal luglio 2026 la terza fase del regolamento 540/2014, che introduce limiti acustici ancora più severi per le auto della categoria M1. La novità più discussa è l’abbassamento della soglia massima di emissione sonora a 68 decibel, senza distinzioni tra citycar, SUV di massa, berline sportive o supercar prodotte in serie limitata.

Una misura, come sottolinea anche alanews.it, che nasce con l’obiettivo di ridurre l’inquinamento acustico nei centri urbani europei, ma che rischia di avere effetti collaterali inattesi. Le regole non tengono conto delle profonde differenze tecniche tra i segmenti: per molte vetture ad alte prestazioni, costruite proprio per offrire un’esperienza sonora intensa, rispettare i nuovi limiti potrebbe diventare impossibile.

L’ACEA, l’associazione dei costruttori europei, parla di rischio concreto per la sopravvivenza di interi cataloghi di sportive. L’organizzazione chiede l’introduzione di sottocategorie come M1b (versioni sportive di modelli comuni) e M1c (supercar), per evitare che la transizione ambientale cancelli modelli storici e tecnicamente impossibili da rendere più silenziosi senza comprometterne la natura.

Le tecnologie fanno passi avanti, ma la normativa non li riconosce

Negli ultimi decenni la tecnologia ha rivoluzionato il controllo del rumore nei veicoli. Secondo analisi recenti, oggi servirebbero oltre 30 auto moderne per generare il rumore prodotto da un singolo veicolo degli anni Settanta. Le case automobilistiche hanno investito in materiali fonoassorbenti, motorizzazioni più pulite e sistemi di scarico sofisticati.

Nonostante ciò, le metodologie di misurazione adottate dall’Ue sembrano non allinearsi pienamente ai progressi tecnici: i test rischiano di sovrastimare l’impatto acustico reale delle auto moderne. Parallelamente cresce un altro elemento trascurato dalla normativa: il rumore generato dagli pneumatici. Con l’aumento del peso dei veicoli e l’evoluzione degli asfalti, la quota di rumore dovuta alle gomme è diventata significativa, ma non sempre correttamente considerata nei calcoli ufficiali.

La combinazione di questi fattori alimenta le critiche del settore, convinto che l’attuale formulazione non rifletta la complessità dell’inquinamento acustico odierno e rischi di penalizzare ingiustamente categorie di auto a diffusione molto limitata.

Il caso Porsche e la reazione dei marchi iconici

L’ipotesi di dover eliminare o riprogettare supercar e versioni ad alte prestazioni ha scatenato una reazione immediata dei costruttori. Mercedes-AMG, Ferrari, Lamborghini e Porsche si trovano tra i marchi più esposti: molte delle loro varianti sportive potrebbero superare la soglia dei 68 dB e diventare di fatto “fuorilegge”.

Tra le risposte più discusse c’è quella di Porsche, che ha depositato un brevetto ironico quanto intelligente: un sistema basato su GPS, telecamere e segnali stradali che rileva l’ingresso in un tunnel e invita il conducente ad abbassare i finestrini, attivare la modalità Sport, scalare una marcia e aprire le valvole di scarico. Un modo per garantire l’esperienza sonora tanto amata dagli appassionati nel rispetto dei nuovi requisiti, trasformando un limite in un’occasione di engagement.

Il messaggio implicito è chiaro: l’auto sportiva non può essere ridotta al silenzio senza snaturarne il significato culturale e tecnico. Ed è su questo terreno che la tensione tra Bruxelles e i costruttori si sta facendo più evidente.

La sfida dell’Ue: tra sostenibilità e patrimonio automobilistico

La battaglia contro l’inquinamento acustico è uno dei filoni centrali delle politiche ambientali europee. Le norme sul rumore si affiancano alle strategie di riduzione delle emissioni e alla progressiva elettrificazione delle flotte. Tuttavia, il settore automotive solleva un interrogativo cruciale: come conciliare sostenibilità e tutela di un patrimonio industriale che fa parte dell’identità europea?

Le supercar rappresentano una nicchia, ma anche un simbolo. Design, meccanica, tradizione e innovazione convivono in modelli che hanno fatto la storia dell’automobilismo e alimentano un comparto economico che include artigiani, tecnici, designer e ingegneri di altissimo livello.

Il dibattito resterà aperto nei prossimi mesi, mentre Bruxelles valuta eventuali correttivi. La soglia dei 68 decibel, così come formulata, potrebbe trasformarsi in una cesura netta tra passato e futuro del mondo delle auto sportive. Oppure in un’occasione per riscrivere le regole senza sacrificare l’anima dei motori europei.

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Ricarica domestica per auto elettriche: come installarla, quanto costa e quanta potenza serve

Wallbox, impianti, potenze e normative: tutto ciò che serve sapere per ricaricare un’auto elettrica a casa in sicurezza e nel rispetto della legge

Con l’aumento delle vendite di auto elettriche — spinto dagli incentivi 2025 e da una rete pubblica ancora in espansione — cresce la necessità di infrastrutture di ricarica privata.
La ricarica domestica, come riportato anche su alanews.it, è la soluzione più diffusa: secondo Motus-E, oltre il 75% dei proprietari di veicoli elettrici italiani effettua la ricarica principalmente a casa.

Analisi preliminare dell’impianto

Il primo passo è la verifica della linea elettrica.
In abitazioni indipendenti la procedura è semplice, ma richiede sempre un sopralluogo tecnico per valutare potenza disponibile, sezione dei cavi e messa a terra.
In condominio, invece, la legge (art. 1122-bis del Codice Civile) consente l’installazione di una wallbox nel box privato previa comunicazione all’amministratore e nel rispetto delle norme CEI 64-8.
Se il box non è collegato al contatore dell’abitazione, è necessario installarne uno dedicato.

Wallbox: caratteristiche e costi

Le wallbox domestiche coprono potenze da 3,7 kW (monofase) a 22 kW (trifase).
I modelli “smart” consentono la gestione via app, la programmazione delle fasce orarie e l’integrazione con impianti fotovoltaici.
L’installazione, affidata a un elettricista qualificato, richiede dichiarazione di conformità e può costare da 300 a 1 000 euro a seconda della distanza dal quadro e della complessità dei lavori.
Il prezzo della wallbox varia da 500 a oltre 2 000 euro.

Per ricaricare con una potenza nominale di 7,4 kW, una batteria da 50 kWh si ricarica in circa 7 ore, contro le oltre 18 ore di una presa domestica Schuko da 2,3 kW.

Dimensionamento dell’impianto

Un’utenza da 3 kW consente la ricarica lenta, ma non è ottimale per un uso quotidiano.
Aumentare la potenza a 4,5 o 6 kW riduce i tempi e permette di gestire contemporaneamente gli altri carichi domestici.
L’aumento comporta un leggero incremento dei costi fissi in bolletta (circa 30–40 €/anno per kW aggiuntivo), ma garantisce maggiore stabilità di erogazione.
Chi dispone di un impianto fotovoltaico può massimizzare l’autoconsumo impostando la wallbox per ricaricare durante le ore di produzione solare.

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Sicurezza e normative antincendio

Nelle autorimesse condominiali superiori a 300 m², la normativa antincendio (D.M. 15 maggio 2020) prevede sistemi di sgancio di emergenza e, in alcuni casi, l’aggiornamento della SCIA.
Non esiste invece l’obbligo di modificare porte o serrande.
Ogni installazione deve rispettare le prescrizioni CEI EN 61851 e CEI 64-8, e prevedere protezione differenziale e magnetotermica dedicate.

Aspetti energetici e di costo

Il costo medio dell’energia domestica in fascia F2–F3 è di circa 0,25 €/kWh.
Una ricarica completa di un’auto con batteria da 50 kWh costa quindi circa 12–13 euro, pari a 2,5 €/100 km con un consumo medio di 17–18 kWh/100 km.
Un pieno di benzina equivalente supererebbe i 40 euro.
Con tariffe dedicate o abbinamento al fotovoltaico, la spesa può ridursi ulteriormente.

In sintesi

  • Casa indipendente: libertà di installazione, ideale con fotovoltaico.

  • Condominio: serve comunicazione all’amministratore, possibile contatore dedicato.

  • Potenza consigliata: 4,5–6 kW monofase.

  • Costo totale installazione: da 800 a 2 500 euro (wallbox + manodopera).

  • Norme di riferimento: CEI 64-8, CEI EN 61851, Codice Civile art. 1122-bis.

La ricarica domestica è oggi la scelta più efficiente per chi guida elettrico: sicura, prevedibile e compatibile con i ritmi quotidiani.
Con un impianto dimensionato correttamente e una wallbox certificata, il garage diventa una stazione privata di energia pulita — pronta a sostituire la vecchia pompa di benzina sotto casa.

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