ACM (1988): passaporto italiano, DNA romeno

La ACM, prodotta dal 1988 al 1993, non è altro che una ARO 10 (SUV romena caratterizzata da prezzi contenuti ma anche da una particolare allergia all’affidabilità) rimarchiata, rifinita meglio e assemblata in Abruzzo.ACM (1988): le caratteristiche principaliLa ACM vede la luce nel 1988 quando l’importatore ufficiale italiano della Casa romena ARO decide di costruire nel nostro Paese uno stabilimento per assemblare una versione della 10 più curata nella tecnica e nell’estetica. La location prescelta per la fabbrica si trova in Abruzzo e più precisamente ad Atessa (dove ora vengono prodotte le moto Honda).Lunga meno di quattro metri e dotata di tre porte, è disponibile in tre varianti di carrozzeria: Berlina, Convertibile e Hard-Top. Spaziosa per i passeggeri posteriori (anche se accedere al divano non è semplice) e con un bagagliaio piuttosto ampio, punta sul prezzo basso per sedurre gli appassionati di 4×4 (veicoli parecchio di moda nella seconda metà degli anni ’80) del Bel Paese ma non riesce a scalfire la supremazia delle più affidabili piccole fuoristrada giapponesi.La ACM presenta numerosi difetti: una plancia poco ergonomica, una posizione di seduta troppo bassa, una ridotta altezza da terra che pregiudica le prestazioni in off-road, una leva del cambio tutt’altro che maneggevole e uno sterzo pesantissimo sulle versioni prive di servocomando.Tra le note positive segnaliamo invece le sospensioni morbide che garantiscono un buon comfort su asfalto, le marce ridotte e la trazione integrale (posteriore + anteriore inseribile). Frequenti le rotture della trasmissione e dei semiassi (componenti piuttosto fragili).ACM (1988): la tecnicaIl punto di forza della ACM, venduta dal 1988 al 1993, si trova sotto il cofano: la SUV abruzzese viene lanciata con due motori 1.6 Volkswagen – un benzina da 75 CV e un diesel da 53 CV – affiancati nel 1989 da un turbodiesel, sempre 1.6, da 69 CV.Propulsori eccellenti, più elastici che grintosi, penalizzati esclusivamente dai consumi eccessivi e dalla rumorosità marcata agli alti regimi.ACM (1988): le quotazioniLa ACM – troppo poco robusta per poter competere con le 4×4 rivali – non è interessante come auto d’epoca: i pochi esemplari rimasti sono fragili e complicati da riparare. Le quotazioni molto basse – circa 1.000 euro – non invogliano ad investire su una SUV che non ha lasciato molti bei ricordi ai suoi possessori.
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