Renault Turbo Experience: Renault Mégane RS Trophy e le sportive storiche

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Un circuito libero e tanti giocattoli, tutti turbo. Raramente ho visto un tale ben di Dio: davanti a me ci sono parcheggiate le sportive Renault più iconiche di tutti i tempi; anzi, mi correggo, le sportive turbo.

“Turbo” negli anni ’80 non indicava solo una sovralimentazione, era uno stile di vita. La Renault 5 davanti a me sfoggia la scritta “turbo” a caratteri cubitali sul vetro posteriore, come Superman con la “esse” sul suo vestito. Il turbo ha segnato un’era, sia per le sportive stradali sia per il motorsport, da sempre banco di prova per le tecnologie. Ma il turbo, in quegli anni, era qualcosa di galvanizzante: una botta di potenza, di energia. Le auto da corsa erano difficili, impegnative. Pericolose.

 

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Ed è per questo che strabuzzo ancora di più gli occhi quando vedo le Renault F1 RE20 Di René Arnoux , il protagonista di una delle battaglie più belle della F1, e Jean-Pierre Jabouille, vincitore del GP di Francia con questa vettura. Jean-Pierre è qui con noi, e più tardi risveglierà il mostro turbo per fare qualche giro sul circuito La Ferté Gaucher.

Ma non è l’unico pilota “star” della giornata, perché nel nostro gruppo divertimenti è presente anche Jean Ragnotti, una vera e propria leggenda dei rally (e mio idolo personale). Ha guidato tra le vetture più incredibili che hanno fatto storia delle competizioni rallystiche; la Renault 5 MaxiTurbo Gruppo B e la Renault 11 Turbo Gruppo A; e noi più tardi faremo un giro da passeggeri.

Questa è il programma della prima parte della giornata, nel pomeriggio guideremo alcune vetture stradali turbo di Casa Renault, Renault Turbo Alpine e Turbo 2 incluse. Non male come inizio.

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Le auto da corsa

Si respira odore di benzina sulla Renault 5 Turbo Maxi da rally. È da quando ero ragazzino che sogno di salire su una vettura del Gruppo B, una classe che è durata pochi anni per via della pericolosità delle sue vetture. Nello specifico, la Maxi turbo ha un motore 1.4 turbo con sovralimentazione, iniezione e parti del motore utilizzate dal team di Formula 1. Con un peso di 905 kg, la sola trazione posteriore, e 350 Cv da gestire, è un vero mostro.

Sono seduto sul sedile del passeggero, e non è Jean Ragnotti a guidare, ma un pilota d’esperienza della squadra Renault. E così dev’essere, perché sta piovigginando, e la Maxi non è esattamente un auto docile. Invece, inaspettatamente, ha un sacco di trazione. La spinta del turbo arriva con tanto ritardo ma poi spinge i 900 kg della “Cinque” comE se fosse una piuma.

Probabilmente non ci tutti i 350 Cv all’appello (anche per salvaguardare il motore), ma salire sulla Maxi è comunque emozionante e ti fa mostrare cento denti.
Il passo corto dà parecchio da fare al pilota, che in uscita di curva deve correggere rapidamente ogni improvviso sovrasterzo di potenza. Ah, i vecchi turbo!

Ma è quando accendono la Formula RE20 di Jabouille che comincio a tremare davvero. Il motore 1.5 turbo sei cilindri produce un suono infernale. Un latrato secco, rauco, e tanti di quei decibel da farti sanguinare le orecchie. Vedere Jean-Pierre calarsi nell’abitacolo così avanzato mi fa venire i brividi, i piedi sono così avanti che sembra di guidare seduti sulla punta di una freccia. Follia.

L’auto parte, senza nemmeno sobbalzare, e comincia a passeggiare per la pista, squarciando l’aria con la voce del suo V6. Fa veramente paura.
Jean-Pierre ha una certa età, come del resto ce l’ha la macchina, la porta a spasso con rispetto e giudizio.

Guidando le turbo

La parte interattiva è senza dubbio meno spaventosa e più divertente. Nella corsia dei box ci sono tra le vetture turbo Renault più splendide che abbia mai visto.
Non solo le Renault 5 Turbo, ma anche la Fuego, la Safran, la 11 Turbo e la 5 Turbo Alpine.

 

Comincio dalla Safrane biturbo del 1993, la più moderna del lotto e l’unica dotata di ABS. I sedili in pelle sono alti e cicciotti, con il volante piuttosto orizzontale a quattro razze (terribile) e un cambio così molle che non si capisce in quale marcia siete, almeno da fermi.
La buona notizia è che il suo motore 3.0 V6 biturbo eroga 260 CV (e c’è la trazione integrale a tenerli a bada); la cattiva notizia è che le marce sono terribilmente lunghe. I vecchi motori turbo, poi, facevano il suono di un aspirapolvere: solo aria, nessuna melodia. Lo sterzo è leggero ma estremamente demoltiplicato, mentre la potenza non è sufficiente a causare perdite di trazione.
Però è così facile, così morbida e sincera, così anni ’90! Ha un suo fascino, senza dubbio, ma non credo che sarà la più divertente del lotto.

 

Salire sulla Fuego Turbo è come lasciarsi cadere su una nuvola. Si sprofonda in quei sedili in tela dall’aspetto pulcioso e tremendamente inadatto alla guida sportiva. Non riesco a trattenere le risate. La Fuego è del 1984 e monta un 1.6 turbo da 132 CV, ma soprattutto ha delle ruote minuscole e un assetto che sfiora la consistenza di un crème caramel. In pista è davvero esilarante: quando il turbo (finalmente) si carica di aria ed entra in azione, la macchina s’impenna e la ruota interna pattina; quando poi si appoggia appena il piede sul freno, bisogna controsterzare come piloti del mondiale rally per compensare il sovrasterzo in rilascio, mentre le ruote si bloccano (sia quelle anteriori che posteriori, a turni) causando nuvole di fumo. È l’oggetto più divertente che abbia mai provato.

La Renault 11 Turbo del 1986 sembra più nuova di parecchia anni, e capisco perché l’abbiano utilizzata per correre nel mondiale rally: è una bomba. Il suo 1.4 da 105 CV non è un mostro di potenza, ma l’auto è bilanciata, precisa e sincera; per essere degli anni ’80, almeno. Premessa: con ognuna di queste auto bisogna sbracciare come dei matti, remare con lo sterzo ed essere gentili – a dir poco – con il cambio. I freni servono a rallentare più che a fermarsi, e in curva c’è così tanto rollio che occorrono i farmaci per il mal di mare. Ma la spinta del turbo ritardata e il poco grip sono il loro bello.

 

Salgo finalmente sul mio sogno d’infanzia, la Renault 5 Turbo 2. Motore centrale, trazione posteriore e un 1.4 da 160 CV: la turbona è davvero un oggetto esotico. La posizione di guida è innaturale come sulle altre, ma qui è addirittura più raccolta e angusta.
Il cambio è di una precisione insospettabile, ma ci vogliono punta-tacco giusti in scalata e tempismo e delicatezza in salita. Lo sterzo è fisico e tremendamente demoltiplicato, ma cavolo se è veloce. Il “calcio nella schiena” si sente davvero, ma mai manda in crisi il telaio, anzi, la Turbo 2 è ricca di grip e molto composta. Non me l’aspettavo davvero.

 

Dopo la Turbo 2, la Renault 5 Alpine sembra una bicicletta. La trazione sulla 5 Alpine è anteriore, la carreggiata è molto più stretta e la potenza è appena di 110 CV. Lo sterzo è demoltiplicato ma leggero, e il posteriore aiuta nell’inserimento scivolando dolcemente quando si rilascia l’acceleratore in ingresso di curva. Ha un carattere simile a quello delle compatte moderne, per certi versi. Non è veloce come dovrebbe (nonostante il peso piuma), ma è quella che più mi è piaciuta, insieme alla mollissima ed esilarante Fuego.

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La Renault Mégane RS Trophy

Non posso tornare a casa senza aver fatto un giro sulla Mégane RS Trophy, la punta di diamante delle sportive turbo Renault, quella che si fa carico dell’eredità di tutte queste vecchie signore. 1.8 turbo, 300 Cv e asse posteriore sterzante: si va.

Paragonarla alle altre sarebbe come paragonare un Concorde a una carriola; quindi la paragonerò alle vetture moderne. Veloce è veloce, ma dove la RS fa i miracoli, mi dispiace dirlo, è nell’asse posteriore sterzante. Dico mi spiace perché, in realtà non sono un fan di questo sistema. Non solo perché falsa leggermente le informazioni che provengono dal vostro fondoschiena, ma vi tolgono il bello di far “scivolare” il posteriore dell’auto in ingresso di curva, che poi è la guida che mi piace nelle trazioni anteriori sportive.

Sulla Trophy basta scegliere il momento giusto e sterzare, e lei si fionderà in curva con una rapidità e una precisione mostruose, inarrivabili per le altre sportive con asse posteriore “passivo”.

Ruota attorno a se stessa, sfidando addirittura la fisica nelle curve più strette.
Sul veloce la risposta allo sterzo è così rapida che occorrono attenzione e mano ferma per non eccitare il posteriore; così nella “esse” veloce del tracciato sono costretto a centellinare i gradi dello sterzo con accuratezza. È veramente un’arma.

Anni luce più veloce, sicura e sfruttabile delle sue antenate. Ma mai così lontana dall’impegno e dalla fatica che si fa per guidarle, anche lentamente. Però è la ciliegina sulla torta di un’esperienza meravigliosa: quella di guidare delle auto sportive turbo.

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