Monthly Archives: Luglio 2015

BMW M6 by Hamann e Fostla

I due preparatori Hamann e Fostla.de hanno unito le loro forze per personalizzare la BMW M6 Coupé, l’ammiraglia da due porte e dal tetto spiovente bavarese che già di per sé, uscita di fabbrica, è un “mostro” su 4 ruote dalle specifiche tecniche da supercar.Body-kitPer rendere ancora più radicale l’elegante e sportivo bolide tedesco i due tuner hanno elaborato un kit estetico denominato “Mirr6r” che le dona un look ancora più muscoloso. Gli elementi introdotti sono il nuovo cofano in fibra di carbonio e un prominente alettone posteriore, minigonne laterali e cerchi dedicati.Livrea azzura "cromo" by Fostla.deFostla si è incaricato invece di dare un tocco di colore inedito alla BMW M6 Coupé tingendo la carrozzeria con un inedita colorazione azzurro cromato che contrasta con il nero del cofano del tetto e dell’alettone posteriore.Upgrade per il V8Ovviamente lo zampino di Hamann arriva anche sul V8 da 4,4 litri della BMW M6 Coupé. In questo caso il propulsore guadagna 50 CV e 150 Nm di coppia in più rispetto alla M6 Competition Pack. In totale dopo il trattamento del tuner tedesco arriva a 650 CV e 850 Nm.

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Ferrari 750 Monza: l’ultima auto di Alberto Ascari

La Ferrari 750 Monza non ha vinto molte gare ma ricopre comunque un ruolo importantissimo nella storia del Cavallino: è stata infatti l’ultima auto guidata da Alberto Ascari e il suo stile ha influenzato quello della 250 GTO, la Rossa più sexy di sempre. Scopriamo insieme la sua storia.Ferrari 750 Monza: la storiaLa Ferrari 750 Monza vede la luce nel 1954: la carrozzeria, disegnata da Dino Ferrari e realizzata da Sergio Scaglietti, è un capolavoro di stile (il frontale basso servirà da ispirazione per la 250 GTO del 1962) e il motore (un 3.0 a quattro cilindri da 260 CV – derivato dall’unità progettata tre anni prima da Aurelio Lampredi per la F2 – che permette alla vettura di raggiungere una velocità massima di 264 km/h) è un piccolo gioiello della tecnica.Prodotta in 28 esemplari, monta un telaio tubolare, sospensioni anteriori indipendenti con balestra trasversale (rimpiazzata alla fine del 1955 da ammortizzatori telescopici) e al posteriore il ponte De Dion e un cambio manuale a cinque marce in blocco con il differenziale. Poco amata dai piloti, era molto difficile da guidare: un “cavallino” imbizzarrito che pochi campioni sono stati in grado di domare…Ferrari 750 Monza: i successi sportiviIl debutto ufficiale in gara della Ferrari 750 Monza risale al 27 giugno 1954: in occasione del GP Supercortemaggiore sul circuito di Monza un esemplare guidato dall’argentino José Froilán González e dal francese Maurice Trintignant termina la gara in seconda posizione.Per la prima vittoria bisogna invece attendere il 25 luglio, quando González sale sul gradino più alto del podio sul circuito portoghese di Monsanto. Il primo e unico successo rilevante arriva l’11 settembre: il britannico Mike Hawthorn e Trintignant conquistano il Tourist Trophy in Irlanda del Nord e consentono alla Casa di Maranello di conquistare matematicamente con una gara di anticipo il Mondiale Sportprototipi.La Ferrari 750 Monza può vantare numerosi successi di classe ma pochi trionfi assoluti in quanto non costruita per puntare a questo. Nonostante il deficit prestazionale riesce però a prendersi parecche soddisfazioni: nel 1955, ad esempio, arriva 2° alla 12 Ore di Sebring con lo statunitense Phil Hill e sesta alla Mille Miglia con Sergio Sighinolfi.L’ultimo risultato importante risale al 18 settembre, quando il belga Jacques Sweaters chiude in 13° posizione il Tourist Trophy.La Ferrari 750 Monza e Alberto AscariIl 26 maggio 1955 Alberto Ascari (due volte campione del mondo F1 nel 1952 e nel 1953) mentre si trova nella sua casa di Milano riceve una telefonata dai colleghi (e amici) Luigi Villoresi ed Eugenio Castellotti che lo invitano a recarsi sul circuito di Monza dove stanno testando una Ferrari 750 Monza.Il pilota lombardo chiede di poterla guidare ma dopo tre giri perde il controllo del mezzo (in circostanze mai chiarite) e la vita (in seguito al capovolgimento della vettura).

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Car2Go: stop alle periferie di Roma. Ecco perché

Car2Go a Roma conta circa 600 auto: è questo il limite legale per il numero di veicoli presenti in città secondo il bando. Il car sharing da oggi abbandona la periferia della capitale, lasciando senza auto a noleggio gli iscritti che abitano, lavorano o raggiungevano occasionalmente quelle zone con il servizio Car2Go.Da via Cortina D’Ampezzo al Tuscolano, da Primavalle a Roma 70, fino al tratto nord di viale Jonio, niente più auto Car2Go.Nel momento in cui stiamo scrivendo questo articolo, sono attive 500 Smart, di cui (le abbiamo contate con un po’ di pazienza), oltre 50 sono al bordo massimo della periferia della città. Le auto, non ci voleva questo conteggio per verificarlo, ma è confermato da questo dato, vanno spesso verso la periferia, soprattutto nelle ore in cui diminuisce la copertura dei mezzi pubblici.Le motivazioni, secondo le dichiarazioni di Car2Go Italia, sono legate al miglioramento del servizio. Le aree escluse sono quelle a minor richiesta, così da aumentare la disponibilità nelle zone dove le auto vengono usate di più, ovvero in centro. Sempre secondo l’azienda fornitrice del servizio, le auto lasciate in piena periferia non venivano più riportate in centro per giorni.L’altro motivo, che potrebbe essere ancora più "pesante" rispetto a quello appena raccontato è che "nelle zone in cui non è più attivo il servizio c’erano stati molti atti di vandalismo nei confronti delle auto". Quindi si uniscono due motivi forti: le auto venivano portate dal centro alle periferie, nelle periferie non venivano più riportate in centro in tempi brevi e nei periodi di lunga permanenza delle auto nelle periferie venivano rovinate e rese in alcuni casi inutilizzabili.Il punto è che le persone che vivono in periferia hanno non solo a Roma, ma dovunque, maggiori difficoltà a raggiungere le zone periferiche. In caso di necessità, un utente può pensare di fare affidamento a un taxi, ma non potrebbe mai spendere tanti soldi per raggiungere un posto lontano con le tariffazioni delle auto bianche tradizionali. Per questo Car2Go, per molti residenti in periferia, rappresentava una grande opportunità.Premesso che Car2Go è un servizio privato percepito erroneamente come servizio pubblico e quindi bisogna imparare a capire che dietro alcune di queste scelte di "ottimizzazione" ci sono anche dei ragionamenti di tipo economico, proviamo a sintetizzare il sentimento popolare che stiamo leggendo in queste ore nei social network in reazione alla notizia.Che lo sharing di auto (ma anche di bici e come sta avvenndo di recente, di moto) debba pagare il pegno di essere oggetto di atti incivili non è una novità, ma la notizia più grave è che un servizio di così grande utilità se levato accentua il divario tra centro e periferie. Il senso di "abbandono" molto sentito nelle zone limitrofe della città (ricordiamo che la superficie della Capitale è di 1263,36 km quadri) oggi diventa ancora più concreto e grave, per alcuni versi.Per sopperire a questa mancanza, l’Agenzia per la mobilità di Roma vorrebbe creare nuove 36 postazioni nei 22 municipi non ancora serviti con il più tradizionale servizio di car sharing comunale a postazione fissa. 104 nuove auto elettriche dovrebbero arrivare in circolazione ento il prossimo anno e mezzo. Ma con un servizio che per caratteristiche proprie, è senza dubbio più complesso per l’utente.Arriveranno all’obiettivo finale di avere 2.500 auto elettriche totali sul territorio di cui 500 entro la fine dell’anno? Il punto è che le aziende di nuova generazione tendono a dare molta fiducia all’utente, cercando di diffondere l’idea che il rispetto, la civiltà e l’altruismo fa bene a se stessi e agli altri.Altrimenti rimaniamo fermi, come al solito, come un’auto senza ruote.


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Dalla Giulietta alla Giulia, la storia delle berline Alfa Romeo

Da sessant’anni le berline Alfa Romeo accompagnano gli automobilisti (soprattutto italiani) che cercano un mezzo spazioso e non possono rinunciare alla sportività.L’ultima evoluzione della famiglia delle “segmento D” del Biscione – la seconda generazione della Giulia – sarà commercializzata fra pochi mesi inizialmente solo nella versione sportiva Quadrifoglio: trazione posteriore, distribuzione dei pesi 50:50 e un possente motore a sei cilindri da ben 510 CV che le consente di accelerare da 0 a 100 km/h in soli 3,9 secondi. Scopriamo insieme la storia delle antenate di questo modello.Alfa Romeo Giulietta prima generazione (1955)La prima generazione della Giulietta – svelata nel 1955 – rappresenta una svolta per l’Alfa Romeo: con questo modello, infatti, la Casa lombarda si trasforma in un marchio capace di produrre auto in grande serie. Il progetto – iniziato nel 1951 – coinvolge i più grandi tecnici dell’epoca: Giuseppe Busso lavora sul motore, Orazio Satta Puliga si occupa del telaio mentre Rudolf Hruska supervisiona l’ingegnerizzazione.Per recuperare i fondi necessari per lo sviluppo vengono avviate una sottoscrizione pubblica e una lotteria, nel 1953 il propulsore è già pronto ma a causa di problemi riguardanti l’insonorizzazione dell’abitacolo si decide di presentare prima la variante Coupé (di cui parleremo in un’altra occasione), in quanto i vertici del Portello ritengono che i clienti di una sportiva “sopportino meglio” il rumore.L’Alfa Romeo Giulietta prima generazione viene ufficialmente presentata al Salone di Torino del 1955 e conquista subito il pubblico grazie a numerosi pregi: prestazioni brillanti offerte dall’unico motore al lancio (un 1.3 da 53 CV), consumi relativamente contenuti, piacere di guida elevato e grande spazio interno.Nel 1957 è la volta della versione grintosa TI (65 CV) mentre due anni più tardi arriva un restyling, mostrato al Salone di Francoforte, che porta un muso rivisto e una strumentazione più completa. In occasione del secondo lifting del 1961 la potenza della versione “base” sale fino a 63 CV mentre quella della TI raggiunge quota 73 CV.Alfa Romeo Giulia prima generazione (1962)La prima generazione dell’Alfa Romeo Giulia nasce nel 1962 e si distingue dall’antenata Giulietta per un design molto aerodinamico che garantisce velocità massime particolarmente elevate. La prima versione a vedere la luce, la TI, ospita sotto il cofano un motore 1.6 da 92 CV (bialbero in alluminio con valvole di scarico raffreddate al sodio) abbinato ad un cambio manuale a cinque marce con leva al volante e può ospitare sei passeggeri grazie al divano anteriore in un pezzo unico.Rlsale al 1963 la TI Super: prodotta in soli 501 esemplari per ottenere l’omologazione per correre nelle gare Turismo e sparita dal listino già nel 1964, monta un propulsore 1.6 da 112 CV preso in prestito dalla SS Coupé, può vantare una leva del cambio tradizionale ed è più leggera grazie alla dotazione di serie più spartana e all’adozione di materiali come l’alluminio (per i cofani e le portiere) e il plexiglas (lunotto e finestrini posteriori).Il primo aggiornamento per la prima generazione dell’Alfa Romeo Giulia arriva nel 1964 quando la TI guadagna i quattro freni a disco, i cinque posti e il cambio tradizionale. Nello stesso anno debutta la 1.3 da 78 CV abbinata ad una trasmissione manuale a quattro marce. L’anno seguente è la volta della 1.3 TI da 82 CV con cinque marce e della Super (1.6 da 112 CV e finiture più curate).Nel 1967 la 1.6 TI viene rimpiazzata dalla S (95 CV e totale assenza di cromature), nel 1969 la potenza della Super sale fino a quota 116 CV mentre nel 1970 è la volta della 1.3 Super da 103 CV.Il restyling della prima generazione dell’Alfa Romeo Giulia del 1971 porta diverse modifiche estetiche (la più rilevante riguarda la mascherina nera) e una gamma profondamente rivista composta da due soli motori: un 1.3 da 103 CV e un 1.6 da 116 CV. Nel 1974 tocca ad un secondo lifting: la Nuova Super si distingue per la mascherina in plastica, per i sedili con poggiatesta e per la plancia ridisegnata. La prima auto a gasolio nella storia del Biscione – la Giulia Diesel (dotata di un propulsore 1.8 a gasolio realizzato dall’azienda britannica Perkins in grado di generare solo 55 CV di potenza) –  nasce nel 1976.Alfa Romeo Giulietta seconda generazione (1977)La seconda generazione dell’Alfa Romeo Giulietta nasce nel 1977 per sostituire la Giulia: realizzata sulla stessa base della sorella maggiore Alfetta, presenta al lancio motori (un 1.3 da 95 CV e un 1.6 da 109 CV) meno potenti.Nel 1979 debutta un 1.8 da 122 CV mentre due anni più tardi, in concomitanza con il primo restyling (paraurti in plastica, mascherina ridisegnata e plancia rivista), arriva un 2.0 da 130 CV. Il secondo lifting che coinvolge il frontale, la coda e l’abitacolo risale al 1983, anno in cui abbandonano le scene il 1.3 e il due litri e nel quale sbarca il listino un 2.0 turbodiesel da 82 CV.Nel 1984 debutta in commercio la turbodelta, versione sportiva della seconda generazione dell’Alfa Romeo Giulietta caratterizzata dalla presenza sotto il cofano di un propulsore 2.0 da 170 CV. Questa unità sparisce già l’anno seguente insieme al 1.8.Alfa Romeo 75 (1985)La 75 nasce nel 1985, in un periodo di crisi per l’Alfa Romeo: la Casa del Biscione non può permettersi di sviluppare una berlina completamente nuova e per questa ragione viene deciso di sfruttare ancora il pianale della Alfetta e addirittura la carrozzeria della Giulietta. I designer del marchio lombardo riescono a nascondere le somiglianze con l’antenata (il profilo delle portiere, ad esempio, è identico) grazie soprattutto all’introduzione di un fascione in plastica che corre lungo tutta la linea di cintura.La gamma motori al lancio comprende cinque unità: quattro a benzina (1.6 da 110 CV, 1.8 da 120 CV, 2.0 da 128 CV e 2.5 Quadrifoglio Verde da 156 CV) e un 2.0 turbodiesel da 95 CV. Nel 1986 debutta un 1.8 turbo da 155 CV, affiancato l’anno seguente – in concomitanza con la presentazione delle versioni America (paraurti ad assorbimento di energia e serbatoio più capiente) e Turbo Evoluzione (500 esemplari della 1.8 turbo creati per correre nel Gruppo A con cilindrata di 1.762 cc anziché 1.779) – da un 2.0 Twin Spark da 148 CV e da un 3.0 V6 da 185 CV.In occasione del restyling del 1988 l’Alfa Romeo 75 si presenta con la calandra rivista, con i gruppi ottici posteriori rossi e con la strumentazione ridisegnata: Il 2.0 da 128 CV e il 2.5 abbandonano le scene e arriva un 2.4 turbodiesel da 110 CV. Nel 1989 la potenza del 1.6 scende a 105 CV e sbarcano in listino un 2.0 TS da 141 CV e un 3.0 V6 da 178 CV.Il 1990 è l’anno in cui debuttano in listino il 1.6 da 103 CV e il 1.8 da 118 CV, la potenza del 1.8 turbo sale a quota 165 CV e il 3.0 V6 diventa disponibile in una sola variante di potenza (189 CV). Nel 1992 la gamma propulsori si riduce drasticamente (1.6 a benzina da 103 e 105 CV e 2.0 TD da 95 CV) e dal 1993 diventa disponibile solo l’unità a ciclo Otto meno spinta.Alfa Romeo 155 (1992)La 155 del 1992 delude gli appassionati Alfa Romeo: sparisce la trazione posteriore e arriva un pianale a trazione anteriore condiviso con le Fiat Tipo e Tempra e con la Lancia Dedra. La gamma motori al lancio comprende quattro unità a benzina (1.8 da 126 CV, 2.0 da 141 e 186 CV – quest’ultimo turbo e abbinato alla trazione integrale – e 2.5 V6 da 165 CV).Altri propulsori (1.7 da 116 CV e due turbodiesel: 1.9 da 90 CV e 2.5 da 125 CV) arrivano nel 1993 (anno nel quale la potenza del V6 scende a 163 CV) mentre il restyling (paraurti verniciati e strumentazione riprogettata) arriva nel 1995, quando la potenza del 2.0 a benzina viene portata fino a quota 150 CV.Nel 1996 il 1.7 e il 1.8 dell’Alfa Romeo 155 cedono il posto ad un 1.6 da 120 CV e ad un 1.8 da 140 CV e nel 1997 abbandonano il listino tutti i motori con potenze di oltre 150 CV.Alfa Romeo 156 (1997)L’Alfa Romeo 156, una delle auto più belle del XX secolo (disegnata da Walter de Silva), è il simbolo della rinascita delle berline del Biscione dopo il flop della 155: stile affascinante (impreziosito dalle maniglie posteriori “nascoste”) e pianale inedito (una profonda evoluzione di quello dell’antenata che verrà adottato anche dalla sorella minore 147). Debutta al Salone di Francoforte del 1997 e l’anno seguente è la prima vettura della Casa lombarda ad aggiudicarsi il prestigioso riconoscimento di Auto dell’Anno.La gamma motori al lancio, molto ricca, comprende sei unità: quattro a benzina (1.6 da 120 CV, 1.8 da 144 CV, 2.0 da 155 CV e 2.5 V6 da 190 CV) e due turbodiesel JTD (1.9 da 105 CV e 2.4 da 136 CV). La “segmento D” del Biscione è, insieme alla Mercedes classe C, la prima auto della storia dotata della tecnologia common rail, ora presente su tutti i propulsori a gasolio in commercio.La famiglia dell’Alfa Romeo 156 si allarga nel 2000 con l’arrivo della variante station wagon Sportwagon: nello stesso anno si assiste ad un calo di potenza di due unità a benzina (1.8 da 140 CV e 2.0 da 150 CV) e ad un incremento della cavalleria dei due JTD (1.9 da 110 CV e 2.4 da 140 CV). L’anno seguente aumenta ancora – fino a 116 CV – la potenza del propulsore quattro cilindri a gasolio.Il 2002 è l’anno in cui la plancia beneficia di alcuni leggeri cambiamenti ma la novità più rilevante è senza dubbio il debutto della sportivissima versione GTA, dotata di un motore 3.2 V6 da 250 CV. Nello stesso anno (caratterizzato dallo sbarco nel listino di un 1.6 a benzina da 110 CV) il 2.0 da 150 CV viene sostituito da un due litri JTS (iniezione diretta di benzina) da 165 CV, il propulsore a gasolio da 140 CV diventa un 1.9 e la potenza del 2.4 JTD raggiunge quota 150 CV.L’Alfa Romeo 156 beneficia di un profondo restyling (opera di Giorgetto Giugiaro) nel 2003: anno nel quale abbandona le scene il 1.6 da 110 CV in concomitanza con il leggerissimo calo di potenza del 2.0 JTS (165 CV) e con l’incremento di cavalli (175) del 2.4 a gasolio. L’anno successivo è la volta di un 1.9 JTD da 150 CV (disponibile anche in abbinamento alla trazione integrale) e della Crosswagon, una Sportwagon 4×4 con assetto rialzato.Nel 2005 spariscono il 2.5 V6 e il 1.9 JTD da 140 CV mentre nel 2006 rimangono in commercio esclusivamente la Sportwagon e la Crosswagon 1.9 JTD 150 CV.Alfa Romeo 159 (2005)L’Alfa Romeo 159, disegnata da Giorgetto Giugiaro, ha un nome che omaggia la monopospo capace di far vincere il Mondiale F1 Piloti all’argentino Juan Manuel Fangio. Dotata di un pianale inedito, ha una gamma motori al lancio composta da quattro unità ad iniezione diretta: due JTS a benzina (1.9 da 160 CV e 2.2 da 185 CV) e due 1.9 turbodiesel JTDm da 120 e 150 CV.In occasione del lancio della station wagon Sportwagon nel 2006 arrivano altri tre propulsori – due a benzina (1.8 da 140 CV e 3.2 V6 da 260 CV) e un 2.4 JTDm da 200 CV – affiancati nel 2007 da un 2.4 a gasolio da 209 CV.Nel 2008 – anno in cui il JTDm da 200 CV abbandona il listino – l’Alfa Romeo 159 beneficia di una riduzione di peso e guadagna il sistema Q2, che simula il comportamento di un differenziale autobloccante, mentre l’anno successivo arrivano un 1.750 TBi turbo a benzina da 200 CV e un due litri a gasolio da 170 CV. Questi due propulsori, insieme ad un 2.0 JTDm da 136 CV, restano gli unici della gamma nel 2010 mentre dal 2011 è possibile acquistare la berlina del Biscione esclusivamente con un propulsore diesel.

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Alvis TC 21 Drophead (1953): eleganza british

La Alvis TC 21 Drophead è una cabriolet sconosciuta in Italia: nel suo Paese d’origine (il Regno Unito), invece, è molto usata nei matrimoni, si trova senza problemi e ha quotazioni comprese tra 30.000 e 40.000 euro.Alvis TC 21 Drophead (1953): le caratteristiche principaliLa Alvis TC 21 Drophead, prodotta dal 1953 al 1955, è una scoperta a quattro posti contraddistinta da uno stile tipicamente britannico: una vera rarità per l’epoca visto che nel secondo dopoguerra le Case inglesi tendevano a scimmiottare nello stile le auto statunitensi.Evoluzione della TA Drophead (costruita dal 1950 al 1953) e realizzata dal noto carrozziere Tickford è un’auto elegante, veloce e con finiture di buon livello (legno e pelle a profusione). I freni, invece, non sono molto potenti e la strumentazione centrale è un po’ troppo piccola.Alvis TC 21 Drophead (1953): la tecnicaIl motore della Alvis TC 21 Drophead del 1953 è un 3.0 a sei cilindri in linea da 95 CV abbinato ad un cambio manuale a quattro marce: questa unità permette alla cabriolet “british” di raggiungere una velocità massima di 90 miglia orarie (145 km/h). La versione più sportiva Grey Lady – nota anche con la denominazione TC 21/100 – tocca invece le 100 miglia orarie (161 km/h): merito del propulsore potenziato (102 CV) e di una rapportatura della trasmissione ottimizzata.Alvis TC 21 Drophead (1953): le quotazioniLa Alvis TC 21 Drophead più interessante dal punto di vista storico è la Grey Lady, semplice da rintracciare a circa 40.000 euro. Per le versioni meno potenti bastano invece 30.000 euro.

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KIA e BlaBlaCar: con la Soul una web serie per parlare di sharing culture

Cosa potrebbe succedere se personaggi famosi e persone comuni si incontrassero nella stessa auto?È quello che racconteranno (insieme) KIA e BlaBlaCar a partire da ottobre, in una web series che verrà girata fra luglio e agosto in varie location italiane.Il tema è – ovviamente – la cultura della condivisione, data anche la presenza del servizio (BlaBlaCar) che permette di condividere i lunghi viaggi in autostrada per risparmiare e ridurre i costi di viaggio.Le quindici puntate della serie web saranno pubblicate proprio sulla pagina Facebook di BlaBlaCar, con cadenza settimanale, e racconteranno oltre 30.000Km di viaggio divise in 40 tappe, fra autostrade ed eventi estivi.A far da protagonista a quattro ruote sarà invece la KIA Soul, l’originale auto che abbiamo potuto provare (anche in versione ECO-electric) e che ci ha tenuto compagnia un mese fa in uno speciale show assieme a Joe Bastianich e alla sua musica.KIA si conferma insomma molto attenta alla cultura laterale, con iniziative di comunicazione che vedono protagonista la sua Soul – una macchina dal carattere distintivo – in iniziative che spaziano oltre al semplice mondo automotive.Un modo per ricordare che la passione per le auto è traversale, e può abbracciare numerosissimi altri settori.


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Centro stile di Londra: ecco come nasce un’Infiniti

Dove nasce il design dei modelli Infiniti? Nel nuovo Centro stile Nissan-Infiniti di Londra situato a Paddington Basin, nel palazzo di Battleship, dove hanno visto la luce due successi come la Nissan Qashqai e la Nissan Juke. Il sistema è quello di mettere in competizione i diversi centri stile del Gruppo (oltre a quello di Londra ce ne sono anche uno in Giappone e uno negli Stati Uniti) e “premiare” il risultato migliore.Dal 2008 alla conquista del Vecchio ContinenteNato nel 1989 per soddisfare il mercato statunitense, il brand di lusso di Nissan è arrivato in Europa nel 2008 con alcuni prestigiosi modelli. Tra le ultime creazioni del marchio Infiniti troviamo la Q50, una berlina del segmento D che si pone come alternativa alle solite (note) tedesche.Punto forte del marchio, oltre alla cura per le finiture e la tecnologia – è l’unica sul mercato a proporre uno sterzo by wire – è l’attenzione per il design. Francois Goupil de Bouillé, Vice Presidente di Infiniti per l’Europa, il Medio Oriente e l’ Africa, ha dichiarato: “Nell’opera di affinamento del marchio Infiniti, il design gioca un ruolo fondamentale. La nostra passione per lo stile farà nascere un’ampia gamma di prodotti di lusso che si distingueranno e l’ampliamento del nostro portafoglio di offerte è alla base dei nostri piani di crescita.”L’importanza dello Studio Design di LondraRuolo chiave nello sviluppo dei futuri modelli Infiniti è lo Studio Design di Londra guidato dal direttore Simon Cox, designer con più di 30 anni d’esperienza nel settore automobilistico che ha collaborato con Peugeot, Ford, Isuzu, General Motors e Ford. Noi ci siamo stati e abbiamo visto alcuni modelli in scala 1:1 realizzati in creta, alcuni dei quali ancora in fase di “modellamento”. E quando i designer sono all’opera è uno spettacolo per gli occhi.La prossima auto di Infinti, che sarà svelata al Salone di Francoforte, si chiama Q30 ed è la prima vettura compatta del marchio giapponese. Quella che, nel nostro mercato, potrebbe rappresentare la svolta in termini di successo commerciale. Questa compatta premium è stata disegnata e sviluppata in Europa e verrà prodotta nello stabilimento di Sunderland. La sua commercializzazione partirà prima nei mercati europei e successivamente sarà esportata nel resto del mondo.“Il design è un pilastro fondamentale per Infiniti e la nuova compatta Q30 “Active” riflette alla perfezione il nostro approccio,”ha dichiarato il Presidente di Infiniti Roland Krueger. “La Q30 Active trasmette quel design distintivo, quella dinamica di guida e quell’ individualismo che i nostri clienti si aspettano da una vettura di Infiniti…”Le concept car del marchioLe ultime concept presentate da Infiniti sono la Q60 Concept, che anticipa un’elegante coupé sportiva 2+2, la Q80 Inspiration, che anticipa la visione futura del brand di una quattro porte fastback di lusso, e la QX30 Concept, una urban crossover che arriverà dopo il lancio della Q30.“Il design è alla base di ogni opera di Infiniti e le nostre Concepts sono famose per la loro audacia e per l’aspetto seducente,” ha commentato François Goupil De Bouillè, Vice Presidente EMEA.


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Bugatti, una boutique a Porto Cervo

Fino a fine agosto 2015, nella prestigiosa cornice dell’Harrods Prestige Village di Porto Cervo (Olbia-Tempio), sarà aperta una boutique dedicata all’abbigliamento e agli accessori Bugatti.Un pop-up store posizionato in uno dei più esclusivi shopping resorts della Costa Smeralda nel quale sarà possibile acquistare numerosi oggetti firmati dalla Casa automobilistica francese tra cui i rinomati orologi realizzati in collaborazione con Parmigiani Fleurier.Nella boutique Bugatti di Porto Cervo saranno inoltre presenti due Veyron 16.4 Grand Sport Vitesse (la scoperta di serie più veloce del mondo): una delle due è una World Record Edition, versione prodotta in soli otto esemplari per celebrare il primato ottenuto nel 2013 (408,08 km/h di velocità massima raggiunti senza tetto).


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Toyota Yaris Hybrid: la prova della piccola ibrida giapponese

La Toyota Yaris Hybrid è, molto probabilmente, l’auto più adatta alla città tra quelle attualmente presenti in listino: grazie all’unione tra un propulsore 1.5 a benzina e uno elettrico la piccola ibrida giapponese può infatti circolare nelle zone a traffico limitato e non è un caso che questa vettura sia la “segmento B” più venduta a Milano e a Roma.In occasione del restyling sono arrivate alcune modifiche estetiche (frontale profondamente rivisto, coda leggermente ridisegnata), finiture più curate, sospensioni più morbide e uno sterzo più diretto. La novità più rilevante – però – riguarda i consumi, ancora più bassi rispetto a prima (30,3 km/l dichiarati contro 28,6 ed emissioni di CO2 pari a 75 g/km anziché 79). Nella nostra prova su strada della versione Active scopriremo se questi cambiamenti hanno portato effettivi miglioramenti.

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I fari del futuro secondo Ford

La Ford sta progettando i fari del futuro: il nuovo sistema di illuminazione adattiva Camera-Based Advanced Front Lighting System, che vedremo presto sulle auto della Casa statunitense, punta ad incrementare la sicurezza.Il dispositivo è composto da una telecamera a raggi infrarossi inserita all’interno della griglia anteriore che consente di riconoscere nelle zone d’ombra la presenza di pedoni, ciclisti, animali e oggetti fino a 120 metri di distanza e da speciali LED direzionali installati in prossimità dei fendinebbia che vengono attivati per illuminare direttamente i potenziali ostacoli nella carreggiata.I fari Camera-Based Advanced Front Lightning System della Ford riconoscono fino a otto elementi e sono inoltre in grado di distinguere quelli che presentano i rischi più immediati per la sicurezza. Ma non è tutto: il sistema adatta anche il fascio luminoso in base alla segnaletica stradale e – grazie alla cartografia GPS – in base all’ampiezza e al raggio delle curve e alle caratteristiche della strada.“Gli automobilisti che guidano di notte devono essere molto attenti a reagire in tempo quando qualcosa o qualcuno emerge dal buio e appare di fronte all’auto”, ha dichiarato Ken Washington, Vice Presidente Ricerca e Ingegneria Avanzata Ford. “Questa nuova tecnologia di illuminazione adattiva li aiuta a prevenire le situazioni di rischio evidenziando la presenza di persone o animali anche ai lati della carreggiata e a distanza”.


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