MotoGP 2018, Texas gli orari diretta TV di Sky e Tv8

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Messe da parte le polemiche e le frizioni (non quelle delle moto), i piloti della MotoGP 2018 tornano in pista in Texas per il terzo appuntamento della stagione. Marc Marquez e Valentino Rossi sembrano, almeno in parte, aver messo da parte l’ascia di guerra, per concentrarsi pienamente su una gara che si preannuncia combattutissima. Lo scorso anno ha trionfato Marc Marquez (detentore del record della pista e principale favorito), imponendosi su Valentino Rossi e Daniel Pedrosa. Come di consueto la seconda tappa della MotoGP 2018 sarà trasmessa in diretta tv su Sky Sport MotoGP e (questa volta) anche su TV8. Di seguito gli orari TV per seguire l’evento.

MotoGP 2018, Texas: gli orari TV su Sky Sport MotoGP e TV8

Sabato 21 aprile

16.00 Moto3 Fp3

16.55 MotoGP 14.55

17.55 Moto2 Fp3

19.35 Moto3 Qua

20.30 MotoGP FP4

21.10 MotoGP Qua

22.05 Moto2 Qua

Domenica 22 aprile

18.00 Moto3 Gara

19.20 Moto2 Gara

21.00 MotoGP Gara

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Fonte

Porsche 911 GT3 RS, nuovo record al Nurburgring

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Il record della nuova Porsche 911 GT3 RS al Nurburgring era nell’aria. E così è stato. L’ultima supersportiva di Stuttgart ha fermato il cronometro sul traguardo dell’Inferno verde in 6:56.4 minuti, 24 secondi più veloce rispetto alla vecchia generazione della GT3 RS.

E con questo tempo la 911 aspirata più completa di tutti it empi sale sul terzo gradino del podio dietro alla Porsche 918 Spyder e alla 911 GT2 RS 2018. Il pilota che ha volato sul tracciato tedesco è stato Kévin Estre, assistito da Lars Kern, che ha commentato:

Questo giro è stata un’esperienza sensazionale per me. Nelle curve veloci e nelle frenate in particolare, la GT3 RS è incredibilmente vicina alla nostra GT3 R da competizione. Questo è stato reso possibile anche grazie agli pneumatici di nuova generazione. Mi piace molto il motore della GT3 RS. Il sei cilindri è incredibile fino ai 9.000 giri. il suo sound è un sogno e il flusso della coppia enorme”.

La Porsche 911 GT3 RS monta un motore 4.0 da 520 CV con cui è in grado di accelerare da 0 a 100 km/h in 3,2 secondi e di raggiungere i 312 km/h di velocità massima.

Salone di Ginevra 2018

Porsche 911 GT3 RS 2018

Da Stuttgart arrivano le prime immagini e informazioni sulla nuova aspirata più potente della gamma 911. Debutterà al Salone di Ginevra

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Lamborghini Supertrofeo 2018: a Monza si festeggiano i dieci anni

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Cresce l’attesa per un weekend che si preannuncia ad alto tasso di adrenalina, durante il quale verrà festeggiato un traguardo importante per Lamborghini. Questo fine settimana (21 e 22 aprile) l’Autodromo Nazionale di Monza ospita infatti la tappa inaugurale della decima edizione del Lamborghini Super Trofeo Europa.

Una stagione che si preannuncia particolarmente ricca di novità, grazie al debutto continentale della nuovissima Lamborghini Huracán Super Trofeo Evo. Per tutti gli appassionati e non solo sarà quindi una grande occasione per vedere subito in azione l’ultima creazione della Casa di Sant’Agata Bolognese, tra l’altro su uno dei circuiti più affascinanti, veloci e conosciuti al mondo.

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A contendersi la vittoria sul tracciato brianzolo sono attese circa 50 vetture, suddivise nelle quattro classi PRO, PRO-AM, AM e Lamborghini Cup, che garantiscono un parterre internazionale e di alto livello.

In tema di piloti, diversi saranno i debutti che continueranno ad assicurare un vitale ricambio generazionale. Tra i vari nomi spicca quello di Fabian Vettel, fratello del quattro volte campione del mondo di Formula 1 Sebastian.

Motori accesi già nella giornata di venerdì, con i due turni di prove libere di un’ora ciascuno.

Sabato 21 aprile, alle 10:35 prenderà il via la sessione di qualifica, mentre nel pomeriggio, alle 15:10, scatterà la prima delle due gare da 50 minuti. Infine, la partenza di gara 2 è in programma Domenica 22 aprile alle 12:20.

Per chi non potesse godersi dal vivo lo spettacolo, le gare saranno comunque visibili in “live streaming” sulla pagina Facebook di Lamborghini Squadra Corse e all’indirizzo: http://squadracorse.lamborghini.com/live-streaming

Lamborghini Super Trofeo Europa – Calendario 2018

  • 21/22 Aprile Monza (IT)
  • 19/20 Maggio Silverstone (GB)
  • 23/24 Giugno Misano (IT)
  • 26/27 Luglio Spa Francorchamps (BE)
  • 15/16 Settembre Nürburgring (DE)
  • 15/16 Novembre Vallelunga (IT)
  • 17/18 Novembre Vallelunga (IT) – Finali Mondiali
Anteprime

Lamborghini Huracan Super Trofeo EVO

La versione da pista per i trofei monomarca si aggiorna. Più aerodinamica, più potente e più veloce

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Suzuki Swift Sport: puro divertimento

Suzuki Swift SportSuzuki Swift Sport

Suzuki Swift Sport tre quarti posterioreSuzuki Swift Sport tre quarti posteriore

Suzuki Swift Sport cerchi in legaSuzuki Swift Sport cerchi in lega

Suzuki Swift Sport dettaglio posterioreSuzuki Swift Sport dettaglio posteriore

Suzuki Swift Sport faro anterioreSuzuki Swift Sport faro anteriore

Suzuki Swift Sport fendinebbiaSuzuki Swift Sport fendinebbia

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Suzuki Swift Sport mascherinaSuzuki Swift Sport mascherina

Suzuki Swift Sport spoilerSuzuki Swift Sport spoiler

Suzuki Swift Sport scaricoSuzuki Swift Sport scarico

Suzuki Swift Sport cruscottoSuzuki Swift Sport cruscotto

Suzuki Swift Sport interniSuzuki Swift Sport interni

 

Comfort
Rigida il giusto (mai fastidiosa, quindi) e con un sound garbato.
Costi
Prezzo (21.190 euro) e consumi reali (tra i 10 e i 15 km/l a seconda dello stile di guida) in linea con la concorrenza.
Piacere di guida
Divertentissima: pesa poco, pennella le curve e va come una scheggia.
Ambiente
La nuova Suzuki Swift Sport emette 125 g/km di CO2.

Se dovessimo giudicare la nuova Suzuki Swift Sport solo per il piacere di guida che sa offrire potremmo tranquillamente considerarla una delle migliori auto in commercio tra quelle che costano meno di 25.000 euro. Probabilmente dovremmo valutarla solo su questo aspetto, tralasciando tutte le considerazioni sul ridotto spazio per i bagagli e le gambe dei passeggeri posteriori: d’altronde stiamo parlando di una piccola progettata per offrire il massimo divertimento ai giovani. Per mettere su famiglia c’è tempo…

Nel nostro primo contatto abbiamo avuto modo di guidare la terza generazione della “baby” sportiva giapponese: cattiva fuori (griglia e paraurti esclusivi, minigonne, spoiler sul tetto, cerchi in lega da 17” in alluminio lucidato e doppio terminale di scarico), dentro (nuovi indicatori del turbo e della temperatura dell’olio, sedili anteriori integrali, pedaliera sportiva, etc…) e nei contenuti (motore 1.4 turbo da 140 CV, lo stesso già visto sulle SUV Vitara e S-Cross, abbinato ad un peso piuma). Scopriamo insieme i pregi e i difetti della “segmento B” pepata nipponica.

Suzuki Swift Sport cerchi in legaSuzuki Swift Sport cerchi in lega

Come si guida

La nuova Suzuki Swift Sport è una piccola coinvolgente come poche altre: più efficace nei tornanti di montagna (dove può vantare un’agilità impressionante, merito del peso ridottissimo: 975 kg a vuoto) che nei curvoni veloci (dove avremmo gradito una maggiore stabilità), reagisce molto bene alle sconnessioni. Le sospensioni sono rigide al punto giusto, mai fastidiose sulle buche.

Il motore – un 1.4 turbo da 140 CV e 230 Nm di coppia – è un piccolo gioiellino che ha già dimostrato il proprio valore su vetture ben più pesanti come le SUV Vitara e S-Cross. Un’unità dal sound garbato (pure troppo) e dall’erogazione lineare che regala uno 0-100 notevole – 8,1 secondi dichiarati – e una spinta corposa quando si superano i 2.000 giri.

A tutto questo si aggiungono un cambio a sei marce caratterizzato da una leva maneggevole e da una sesta piuttosto lunga che consente di mantenere basso il numero di giri a velocità autostradali (meno di 3.000 a 120 km/h), freni potenti (come quelli delle Swift “normali”) e uno sterzo sensibile quanto basta.

Suzuki Swift Sport mascherinaSuzuki Swift Sport mascherina

Prezzo e costi

La Suzuki Swift Sport ha un prezzo in linea con quello delle rivali – 21.190 euro (18.150 euro in offerta lancio fino a fine maggio) – abbinato ad una dotazione di serie decisamente ricca. Qualche esempio? Apertura porte e avviamento senza chiave, climatizzatore automatico, cruise control adattivo, fari full LED con abbaglianti automatici e sensore luci, navigatore, radio Android Auto Apple CarPlay AUX Bluetooth DAB+ Mirrorlink USB, sedili riscaldabili e telecamera posteriore.

Ottima anche la dotazione di sicurezza che comprende, tra le altre cose, la frenata automatica con riconoscimento pedone, il mantenimento della corsia supportato – per la prima volta nella gamma Suzuki – dalla gestione attiva dello sterzo e il monitoraggio dell’attenzione del guidatore.

I consumi sono nella norma – 17,9 km/l dichiarati, tra i 10 e i 15 ottenibili a seconda dello stile di guida (ci saremmo aspettati qualcosina di meglio considerando il peso ridotto della vettura e gli eccellenti risultati delle varianti meno potenti della piccola giapponese) – e la garanzia di 3 anni o 100.000 km convince.

Suzuki Swift Sport interniSuzuki Swift Sport interni

Tanto divertimento, poca praticità

Per quanto riguarda il resto la Suzuki Swift Sport è identica alle versioni “standard”: una “segmento B” piccola fuori (nonché facilissima da parcheggiare: solo 3,89 metri di lunghezza, ampie superfici vetrate e retrocamera di serie) e non molto spaziosa dentro. Il bagagliaio – 265 litri – potrebbe essere più capiente e i passeggeri posteriori più alti hanno pochi centimetri a disposizione delle gambe (sorprendente, invece, l’aria sopra la testa). Capitolo “finiture”: plastiche rigide ma ben assemblate.

Scheda tecnica

Motore turbo benzina
N. cilindri/cilindrata 4/1.373 cc
Potenza 103 kW (140 CV) a 5.500 giri
Coppia 230 Nm a 2.500 giri
Trazione anteriore
Velocità max 210 km/h
Acc. 0-100 km/h 8,1 s
Consumo urb./extra/medio 14,7/20,8/17,9 km/l
Dimensioni 3,89/1,74/1,50 m
Passo 2,45 m
21.190 euro

Il mondo Suzuki

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Suzuki Swift Sport

La Suzuki Swift Sport è la versione sportiva della piccola giapponese. Con 140 cv di potenza e 975 kg di peso, la Swift Sport scatta da 0 a 100 km/h in 8,1 secondi e raggiunge una velocità massima di 210 km/h. I prezzi partono da 21.190 euro.

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Leon Camier, l’intervista: “Il mio piano futuro? Aiutare i giovani piloti”

Red Bull Honda - Leon CamierRed Bull Honda - Leon Camier

Credits: Red Bull Honda World Superbike Team

A pochi giorni dallo scontro con Lorenzo Savadori e Jordi Torres nel round di Aragón, dove ha rimediato la frattura di tre costole posteriori, una lesione al torace e una contusione ai polmoni, Leon Camier è costretto al riposo, ma pensa a rientrare in pista al più presto.

“La CBR1000RR Fireblade SP2 è in continuo miglioramento e sarà sempre più competitiva” spiega il pilota inglese, classe 1986, alla prima stagione nel Red Bull Honda Super Bike Team.

Il rider, vincitore della British Supersport nel 2005 e dela British Superbike nel 2009, è convinto “di avere a disposizione la moto con cui fare il salto di qualità per festeggiare il suo decimo Mondiale delle derivate“. Noi lo abbiamo intervistato.

 

Qual è il tuo obiettivo, quest’anno?

“Vincere almeno una gara. È un sogno che può diventare realtà: al podio credo che manchi pochissimo, ormai”.

Quanto?

“Questione di dettagli. La moto non è molto diversa da quella del 2017, eppure il progresso è notevole”.

A cosa ti riferisci in particolare?

“Adesso l’anteriore è eccellente, come l’entrata in curva e la frenata. L’intero pacchetto è buono, insomma, anche se dobbiamo mettere a punto la gestione delle gomme, perché a fine gara sono conciate davvero male, la potenza e l’elettronica. Abbiamo appena installato centralina Magneti Marelli, che diventerà obbligatoria per tutte le scuderie dal 2019, e serve macinare chilometri per sfruttarne le potenzialità”.

Quando arriverà il podio?

“Presto, mi auguro. Quando avremo un briciolo di fortuna in più. Bisogna avere pazienza e continuare a lavorare duro, passo dopo passo”.

In WorldSBK non hai ancora ottenuto grandi risultati: se dovessi scegliere tra il titolo e unesperienza nella MotoGP?

“Diventare campione qui, senza dubbio. La classe regina è la massima aspirazione per qualsiasi pilota, ma senza un prototipo in grado di lottare con i migliori non ha senso trasferirmi. In più, il campionato delle derivate ha raggiunto un livello mai visto visto pirima: la lotta in pista è sempre aperta, con dieci piloti che hanno l’opportunità di salire sul podio a ogni gara”.

Merito del nuovo regolamento?

“Sì, approvo la scelta di modificarlo: le novità contribuiscono a regalare grande spettacolo agli appassionati”.

Scommetteresti su Rea che vince il quarto Mondiale consecutivo?

“Adesso no. La Kawasaki è fortissima, ma con la limitazione dei giri motore fatica a dominare. Comunque resta il fatto che Johnny sia un fuoriclasse, la Ninja ZX-10R vada come un fulmine o e insieme formino una coppia stellare”.

Su chi punteresti, allora?

“La moto da battere è la Ducati: Chaz Davies ha talento da vendere, Marco Melandri ha iniziato la stagione alla grande ed entrambi sfrutteranno al meglio la Panigale”.

Il tuo avversario principale?

“Se escludo le due scuderie sopra, la Yamaha di Alex Lowes e Michael van der Mark: la R1 èsolida e  tiene benissimo il ritmo fino alla bandiera a scacchi”.

MotoGP

L’altro Aleix Espargaró (il titolo l’ha scelto lui)

È stato il rider catalano dell’Aprilia Racing Team Gresini a scegliere il titolo della sua intervista. Perché non parla solo di moto, tra una splendida novità (che lo aspetta a giugno), gli italiani (con cui lavora da sempre) e il fratello (rivale in pista)

Di infortuni te ne sono capitati diversi, in tanti anni di carriera: non è difficile tornare in sella?

“No: senza moto non potrei vivere e l’istinto mi spinge a riprovarci appena le condizioni fisiche me lo consentono. Io non mollo anche perché so di meritare di più di quanto abbia conquistato e avere cambiato scuderia è stato come prendere una boccata d’aria fresca”.

Hai progetti a lungo termine?

“Se la motivazione e il ‘manico’ ci sono, sarebbe sbagliato ritirarmi presto: basta guardare Valentino Rossi, 39 anni, e Shane Byrne, 41, che duella ancora come un leone nella British Superbike”.

E ancora più in là nel tempo?

“Mi piacerebbe aiutare i giovani piloti oppure chi arriva nella WorldSBK. Al mio debutto non avevo riferimenti nell’ambiente, ho dovuto imparare tutto da solo: il ruolo di guida mi stimolerebbe molto ed essere utile ai giovani, trasferire le competenze che ho acquisito, mi gratificherebbe tantissimo”.

A proposito di esordio: ti viene in mente un episodio particolare?

“Il coraggio dei miei genitori: nel 2003 non trovavo sponsor per correre nella 125 del Motomondiale. Servivano 100 mila sterline e papà e mamma hanno venduto la nostra casa nel Kent per permettermi di gareggiare”.

Un ricordo recente, invece?

“Nicky. Hayden, naturalmente. Quando sono in sella sono focalizzato sulla prestazione, ma nel box spesso e anche in questi giorni di sosta forzata penso a lui: l’anno scorso guidava la mia moto e tra un mese sarà passato un anno dalla sua scomparsa”.

Che tipo era il “Kentucky Kid”?

“Un ragazzo meraviglioso: in gamba, umile, sempre pronto a congratularsi o a scusarsi. Considero Nicky un eroe dello sport ed è una fonte di ispirazione: si è impegnato anima e corpo in questo team e io faccio altrettanto anche per ringraziarlo e portare avanti il suo lavoro. È stato un onore, oltre che un piacere, dividere con lui la griglia di partenza”.

Superbike

Intervista a Nicky Hayden: “Campione del mondo in MotoGP e WorldSBK? Sarò il primo”

Il campione del mondo della MotoGP rivela il sogno di conquistare il titolo anche nelle derivate (e di mettere su famiglia)

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McLaren 570S, i pacchetti Design Edition per la Spider

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McLaren amplia la gamma delle Sport Series e propone i nuovi pacchetti Design Editions, creati esclusivamente per la 570S Spider.

5 versioni

Le Design Editions che entreranno in listino saranno 5, ognuna con caratteristiche personalizziate, dettagli che contraddistinguono l’abitacolo e livree di colori differenti in Silica White, Storm Grey, Vermillion Red, Onyx Black e Vega Blue, abbinati a uno schema di colore per gli interni ripreso dalla gamma By McLaren Designer. Le combinazioni cromatiche riguarderanno anche i cerchi, le pinze dei freni e il tetto rigido elettrico.

Il prezzo dei pacchetti delle Design Editions variano tra i €10,460 and €13,830 che si aggiungono al prezzo di base di €214,450 della 570S Spider per il mercato italiano.

La Design Edition 4

Nella Gallery in apertura è esposta la Design Edition 4 con carrozzeria in Onyx Black, le pinze dei freni in McLaren Orange con i loghi McLaren stampati in nero. Gli interni sfoggiano Carbon Black Alcantara, pelle in nappa McLaren Orange, sedili perforati in pelle nappa in McLaren Orange con le cuciture a contrasto con il volante in tinta e le rifiniture in pelle delle prensiline marchiate McLaren.

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McLaren 570S Spider: la supercar britannica si spoglia

La McLaren 570S Spider – variante scoperta della supercar britannica – pesa solo 46 kg più della Coupé e va forte uguale.

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Nissan GT-R, la belva nipponica compie 10 anni, e ora si trova a prezzi allettanti

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Mi sembra ieri quando ho provato la Nissan GT-R sul circuito di Monza. Purtroppo era il 2008, io ero poco più di un ragazzino, e la Nissan GT-R sembrava l’invenzione più grande del secolo dopo l’i-Pod.
E lo era davvero. Le riviste specializzate la decantavano come la migliore auto sportiva del momento, se non del decennio: era (lo è ancora) in grado di mettere in ombra supercar molto più costose di lei, con la metà della fatica e nonostante il 40% del peso in più.
Curvava, accelerava e frenava come nessun’altra auto dotata di quattro posti e un bagagliaio.

La prima versione, quella del 2008, dichiarava 485 CV, erogati dal suo 3,7 V6 biturbo. Guarda caso, la stessa potenza della Porsche 911 Turbo dell’epoca, rivale diretta. Infatti Nissan, con la GT-R, annientò la rivale sul tempo sul giro al Nürburgring, millantando (ovviamente) la propria superiorità su tutti i giornali, siti, media e social media. I CV della Nissan, in realtà, erano molti di più: diversi tester, stupiti dalle incredibili prestazioni della GT-R, testarono l’auto al banco e scoprirono che coppia e potenza erano ben superiori rispetto a quanto dichiarato dalla Casa. Poco male: è sempre un piacere scoprire di avere della potenza extra da non pagare nel bollo.

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“il 3,7 V6 Nissan è un uragano. Spinge sempre, per tutto l’arco dei giri, con tale furia e costanza che verrebbe da pensare che, anche con 20 rapporti del cambio, la GT-R continuerebbe ad incollare il vostro collo al sedile all’infinito”

CAVALCANDO GODZILLA

Ma veniamo al sodo. Come fa la Nissan GT-R, dall’alto dei suoi 1700 kg, a piegare le leggi della fisica? La trazione integrale è la principale artefice di questa magia. I differenziali sono così stretti e legati che in manovra l’auto risulta rognosa quanto una machina da corsa. Il doppio albero di trasmissione fa si che l’auto si comporti come una trazione posteriore finché non perde grip, a quel punto il secondo albero trasferisce la coppia alle ruote anteriori. Poi c’è il cambio doppia frizione a 6 rapporti: fulmineo, puntuale, in perfetta sintonia con la trazione integrale e con il motore.
Ed eccoci al cuore: se il 3,8 boxer della Porsche Turbo è una temporale, il 3,7 V6 Nissan è un uragano. Spinge sempre, per tutto l’arco dei giri, con tale furia e costanza che verrebbe da pensare che, anche con 20 rapporti del cambio, la GT-R continuerebbe ad incollare il vostro collo al sedile all’infinito. Sembra molto più potente di quello che è, ma soprattutto non viene sprecato nemmeno un CV o Nm. Trasmissione, motore e trazione collaborano alla perfezione sotto la supervisione di abilissimi cervelli digitali, e il risultato è fenomenale.
Lanciata su una qualsiasi strada, la GT-R è imbattibile. Non sembra un’auto pesante, in quasi nessuna circostanza. Solo quando cercate di fare la staccata della vita, allora vi accorgerete che non state cercando di fermare un peso piuma. Ma per il resto del tempo la GT-R vi sembrerà una Golf R steroidata. È pazzesca, oggi come ieri.

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“il 3,7 V6 Nissan è un uragano. Spinge sempre, per tutto l’arco dei giri, con tale furia e costanza che verrebbe da pensare che, anche con 20 rapporti del cambio, la GT-R continuerebbe ad incollare il vostro collo al sedile all’infinito”

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PREZZI

La Nissan GT-R nel 2008 costava quanto una BMW M3, poco meno di 80.000 euro. Tra gli annunci dell’usato ci sono esemplari che partono da 45.000 euro e che arrivano fino a 60-65.000 euro. Prezzi davvero bassi per l’auto che è (e per le prestazioni di cui è capace); naturalmente bisogna tener conto dei costi di gestione alti, che includono: tagliandi, benzina, superbollo e consumo di gomme. Detto questo, non c’è niente a questo prezzo in grado di regalarvi emozioni simili, e se siete alla ricerca della vostra prima supercar, sapete dove cercare.

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Michele Alboreto, mito italiano

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Credits: 20010425-BOLOGNA-SPR:MORTO MICHELE ALBORETO.
GIORGIO BENVENUTI/ANSA

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Credits: 20010425-BOLOGNA-SPR:MORTO MICHELE ALBORETO.
GIORGIO BENVENUTI/ANSA

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MORTO MICHELE ALBORETOMORTO MICHELE ALBORETO

Credits: 20010425-BOLOGNA-SPR:MORTO MICHELE ALBORETO. Ottobre 1983 il giorno del suo arrivo alla Ferrari a Maranello.
GIORGIO BENVENUTI/ANSA

 

Michele Alboreto non ha mai vinto un Mondiale di F1 ma è stato uno dei più grandi piloti italiani di sempre. Scopriamo insieme la storia del driver lombardo, vincitore – tra le altre cose – della 24 Ore di Le Mans e scomparso prematuramente nel 2001.

Michele Alboreto: la storia

Michele Alboreto nasce il 23 dicembre 1956 a Milano (Italia) e inizia a correre piuttosto tardi visto che il suo debutto nel motorsport – in Formula Monza – risale al 1976.

Nel 1978 sale di categoria (Formula Italia e F3) e inizia a farsi conoscere nell’ambiente l’anno successivo quando diventa vicecampione italiano F3 dietro a Piercarlo Ghinzani e davanti a Mauro Baldi.

Salto di qualità

Nello stesso anno Michele Alboreto si cimenta nel campionato europeo F3 e si aggiudica il prestigioso titolo continentale nel 1980 davanti al belga Thierry Boutsen e al nostro Corrado Fabi. In quell’anno ottiene anche un terzo posto nel campionato italiano F3 e viene chiamato dalla Lancia per correre il Mondiale Sportprototipi con la Beta Montecarlo.

Il debutto in F1

Alboreto debutta in F1 nel 1981 con la Tyrrell: zero punti, un nono posto in Olanda come miglior piazzamento e risultati complessivamente peggiori di quelli del compagno statunitense Eddie Cheever. Decisamente migliore la stagione endurance, culminata con la vittoria – in coppia con il nostro Riccardo Patrese – della 6 Ore di Watkins Glen.

Le prime soddisfazioni

Le prime soddisfazioni in F1 per Michele Alboreto arrivano nel Mondiale 1982: più rapido dello svedese Slim Borgudd e del britannico Brian Henton, ottiene i primi punti in carriera (Brasile, 4°), il primo podio (San Marino, 3°) e la prima vittoria (a Las Vegas).

Sono ben tre, invece, i successi ottenuti da Alboreto nel Mondiale Sportprototipi con la Lancia LC1: la 6 Ore di Silverstone con Patrese, la 1000 km del Nürburgring con Patrese e Teo Fabi e la 1000 km del Mugello con Ghinzani.

Nel 1983 Michele Alboreto – all’ultima stagione con la Tyrrell – risulta più rapido del compagno statunitense Danny Sullivan e regala al team inglese l’ultimo successo di sempre (a Detroit).

Gli anni in Ferrari

Alboreto passa alla Ferrari nel 1984 e si fa subito notare: più rapido del coéquipier francese René Arnoux, porta a casa una vittoria (Belgio) e quattro podi.

La migliore annata di sempre di Michele Alboreto – il 1985 – vede il pilota lombardo iniziare la stagione alla grande con due vittorie (Canada e Germania, le ultime in carriera) e otto podi nei primi 10 GP stagionali. Più rapido di Arnoux e dello svedese Stefan Johansson perde il Mondiale a causa di problemi di affidabilità nelle ultime gare.

La stella di Alboreto inizia a spegnersi negli ultimi tre anni in Ferrari: nel 1986 è più lento di Johansson (e ottiene un solo podio: 2° in Austria), nel 1987 è meno performante (tre podi e un secondo posto in Australia come miglior piazzamento) rispetto al nuovo compagno (l’austriaco Gerhard Berger) e nel 1988 si ripete con tre podi e una seconda piazza in Italia.

Tyrrell e Lola

Michele Alboreto torna alla Tyrrell nel 1989, disputa i primi sei GP del Mondiale facendo meglio del compagno britannico Jonathan Palmer e porta a casa addirittura un terzo posto in Messico (ultimo podio in carriera).

In seguito a screzi con il fondatore del team – Ken Tyrrell – Alboreto cambia scuderia e passa alla Lola con cui corre gli ultimi otto Gran Premi stagionali: zero punti e prestazioni peggiori di quelle del francese Philippe Alliot.

Arrows e Footwork

Il 1990 è l’anno in cui Michele Alboreto trova un sedile alla Arrows: meglio del tedesco Bernd Schneider ma più lento del nostro Alex Caffi. L’anno seguente la Arrows cambia nome in Footwork e Alboreto – penalizzato da numerose noie meccaniche – si ritrova ancora una volta dietro Caffi ma facendo meglio di Johansson.

Nel 1992 la situazione migliora: più rapido del nuovo compagno giapponese Aguri Suzuki, riesce a portare a casa due quinti posti in Spagna e a San Marino.

Lola e Minardi

Michele Alboreto passa alla Lola nel 1993 ma delude (il compagno Luca Badoer è più convincente) e il trasferimento alla Minardi l’anno successivo non migliora le cose: conquista un sesto posto a Monte Carlo (ultima gara a punti) ma complessivamente è più lento di Pierluigi Martini.

Dopo la F1

Alboreto, una volta lasciata la F1, passa alla categoria turismo nel 1995 con l’Alfa Romeo e al volante della 155 corre nel campionato ITC e nella serie tedesca DTM.

Le Mans e Sebring

Nel 1996 Michele Alboreto torna nel mondo dell’endurance e nel 1997 si aggiudica la 24 Ore di Le Mans – alla guida di una TWR Porsche – con un equipaggio composto da Johansson e dal danese Tom Kristensen.

Alboreto si trasferisce all’Audi nel 1998 e due anni più tardi arriva terzo a Le Mans insieme al tedesco Christian Abt e al nostro Dindo Capello. Il duo italiano si aggiudica – con il prototipo R8 – nel 2001 la 12 Ore di Sebring con il francese Laurent Aïello.

La morte

Michele Alboreto perde la vita il 25 aprile 2001 a Klettwitz (Germania) sul circuito del Lausitzring a causa della foratura di uno pneumatico durante il test dell’auto da corsa Audi R8. La stessa pista protagonista – meno di cinque mesi più tardi – dell’incidente di Alex Zanardi nel quale il pilota emiliano perderà le gambe.

Motorsport d’epoca italiano

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Design Week 2018: al Fuorisalone Hyundai porta Kite e Kona Electric

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Cosa c’è di più in tema con la Milano Design Week di un concept costruito in collaborazione con lo IED di Milano?

È quello che deve aver pensato – correttamente – Hyundai, che al Fuorisalone 2018 ha presentato la Hyundai KITE, concept di dune buggy realizzato dagli studenti del master in Trasportation Design dell’Istituto Europeo di Design, su supervisione del Centro Stile Europeo del marchio.

Nessuna portiera, nessun tetto e neppure i finestrini: il KITE è un esercizio di stile che parte da dune buggy a due posti si trasforma in moto d’acqua monoposto. Una sfida – ci ha raccontato il designer Hyundai Nicola Danza – che i ragazzi dello IED hanno affrontato con entusiasmo, velocità e preparazione, stupendo per professionalità.

La Hyundai KITE è elettrica, andando così ad abbracciare il tema che il marchio coreano ha presentato alla Design Week 2018, in uno spazio/installazione chiamato “Energy Zone by Hyundai”.

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Insieme alla KITE, Hyundai ha portato a Milano – in anteprima nazionale – anche la Kona. In versione Electric, ovviamente.

Già vista al Salone di Ginevra, la Hyundai Kona Electric fa il suo debutto italiano confermando il suo posizionamento come primo B-SUV 100% elettrico a esordire in Europa.

Con un motore in grado di sviluppare 204CV, e raggiungere uno 0-100 in 7,6 secondi, la Kona Electric promette una autonomia di 482 Km.

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