Category Archives: Auto Classiche
Quando la Skoda Octavia correva nel WRC
La Skoda Octavia non è solo l’auto più venduta della Casa ceca ma anche l’unica ad aver portato un podio nel Mondiale Rally WRC al marchio di Mladá Boleslav. Scopriamo insieme la storia sportiva della berlina esteuropea.Skoda Octavia WRC: la storiaLa Skoda Octavia WRC nasce ufficialmente nel 1999 ma è sviluppata sulla base della versione kit car, schierata nel 1997 e nel 1998 e in grado di ottenere come miglior risultato un 21° posto in Grecia nel suo secondo anno di carriera con il ceco Pavel Sibera.Debutto difficileLa berlina ceca debutta al Rally di Monte Carlo 1999 con due vetture dotate di un motore 2.0 turbo da 300 CV caratterizzato dalla presenza di cinque valvole per cilindro. Entrambe le auto si ritirano e bisogna aspettare il mese di giugno e l’Acropoli per vedere il primo arrivo al traguardo con il dodicesimo posto del tedesco Armin Schwarz.I primi puntiI primi punti per la Skoda Octavia WRC arrivano nell’ultima tappa del Mondiale – il RAC in Gran Bretagna – grazie al quarto posto del belga Bruno Thiry mentre nel 2000 l’unico risultato rilevante arriva dal quinto posto in Grecia di Schwarz.L’unico podioLa versione Evo2 della Octavia si presenta al via del Mondiale 2001 con alcune modifiche al design e alle sospensioni, con una migliore distribuzione dei pesi e con un motore contraddistinto da un nuovo turbocompressore e da una quantità maggiore di coppia: da 500 a 510 Nm.Questa variante della Skoda Octavia WRC regala le prime vere soddisfazioni al brand di Mladá Boleslav: Schwarz arriva quarto a Monte Carlo e quinto in Gran Bretagna e al Safari in Kenya (3°) ottiene quello che ancora oggi è l’unico podio iridato della Casa ceca nei rally.Gli ultimi anniIl Mondiale 2002 vede il finlandese Toni Gardemeister quinto in Argentina e sesto in Australia mentre lo svedese Kenneth Ericsson chiude al sesto posto in Argentina.Nella prima metà della stagione 2003 viene invece schierata la Skoda Octavia WRC Evo3: l’ultima evoluzione della berlina ceca è anche quella che porta i risultati migliori. Gardemeister va a punti per quattro rally consecutivi e il francese Didier Auriol riesce a terminare in “top 8” in due occasioni consentendo alla Casa esteuropea di terminare il Mondiale Costruttori in quinta posizione con 23 punti. Nella seconda parte del campionato viene rimpiazzata dalla piccola Fabia.
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Johnny Herbert: un pilota, non un signore
“Sono un pilota, non sono un signore”. Potrebbe essere riassunto così il comportamento tenuto da Johnny Herbert, attualmente opinionista di F1 per la TV britannica Sky Sports, nei confronti di Alonso.L’ex pilota inglese – vincitore di una 24 Ore di Le Mans e di tre GP nel Circus – ha dichiarato che Fernando non dovrebbe tornare in Formula 1 dopo l’incidente in Australia in quanto non è più al top da diverso tempo. Il pilota spagnolo della McLaren gli ha risposto in diretta con una frase lapidaria: «Io sono un campione del mondo. Tu sei finito a fare il commentatore perché non lo sei stato».Scopriamo insieme la storia e la carriera di Johnny Herbert per capire come mai il driver britannico non è stato in grado di ottenere risultati brillanti in F1 anche quando ha avuto l’opportunità di guidare monoposto competitive.Johnny Herbert: la storiaJohnny Herbert nasce il 25 giugno 1964 a Brentwood (Regno Unito). Dopo alcune esperienze con i kart inizia a farsi conoscere nel mondo del motorsport nel 1985 quando si aggiudica sul circuito di Brands Hatch il Formula Ford Festival in una gara che vede al terzo posto un certo Damon Hill.Grazie a questo risultato viene ingaggiato da Eddie Jordan per correre in F3 e nel 1987 con la scuderia irlandese conquista il prestigioso campionato britannico davanti al belga Bertrand Gachot e al nordirlandese Martin Donnelly, arriva terzo nel campionato europeo e terzo nel GP di Monaco subito dietro al francese Jean Alesi.Nel 1988 Johnny Herbert fa il salto di categoria e passa in F3000, conquista la gara d’esordio ma a metà stagione si frattura le gambe a Brands Hatch in un incidente che rischia di mettere fine anticipatamente alla sua carriera.L’esordio in F1Herbert debutta in F1 con la Benetton nel 1989: va a punti all’esordio in Brasile (4°) ma è più lento del compagno di scuderia, il nostro Alessandro Nannini. Dopo sei GP viene appiedato in seguito alla mancata qualificazione in Canada.Dopo un breve periodo in Giappone Johnny Herbert viene richiamato nel Circus dalla Tyrrell: due gare – ritiro in Belgio e non qualificato in Portogallo – con risultati peggiori del coéquipier britannico Jonathan Palmer.Impegnato su più fronti: la vittoria a Le MansAll’inizio degli anni Novanta Johnny si alterna tra il Circus, l’endurance e la F3000 giapponese. Nel 1990 disputa la prima 24 Ore di Le Mans della sua carriera con la Mazda e viene chiamato dalla Lotus per correre gli ultimi due GP stagionali: due ritiri in Giappone e in Australia, come il compagno di squadra inglese Derek Warwick.Johnny Herbert vince la 24 Ore di Le Mans 1991 con la Mazda 787B dotata di motore rotativo Wankel insieme a Gachot e al tedesco Volker Weidler. Si tratta della prima – e per il momento unica – vittoria di un’auto asiatica nella più famosa corsa di durata al mondo e dell’unico (per ora) trionfo di un’auto priva di pistoni “normali”. In F1 il driver britannico disputa alcuni GP con la Lotus, ottiene come miglior piazzamento stagionale un 7° posto in Belgio e sconfigge il compagno di scuderia – un giovane finlandese di nome Mika Häkkinen – negli “scontri diretti”.F1 a tempo pienoRisale al 1992 la prima stagione completa di Herbert in F1: corre con la Lotus, ottiene due sesti posti in Sudafrica e in Francia ma complessivamente se la cava peggio di Häkkinen. L’anno seguente arrivano tre quarti posti (Brasile, Europa e Gran Bretagna) e risultati più convincenti di quelli raggiunti dai compagni di squadra: il nostro Alessandro Zanardi e il portoghese Pedro Lamy.Nel 1994, sempre con il team inglese, Johnny Herbert porta a casa tre settimi posti (Brasile, Pacifico e Francia) facendo meglio di Zanardi, di Lamy e del belga Philippe Adams. Disputa il GP d’Europa con la Ligier arrivando 8° (davanti al coéquipier francese Olivier Panis) e corre gli ultimi due GP della stagione con la Benetton (due ritiri in Giappone e in Australia) avendo come compagno il più talentuoso Michael Schumacher.La migliore stagione in F1Il 1995 è il migliore anno di Johnny Herbert in F1: guida la Benetton – la monoposto più veloce di quella stagione – e grazie alla vettura inglese ottiene il primo podio in carriera in Spagna (2°), la prima vittoria (Gran Bretagna), un secondo successo in Italia e una terza piazza in Giappone. Termina il campionato in quarta posizione mentre il coéquipier Schumy si laurea per la seconda volta campione del mondo.Gli anni in SauberHerbert si trasferisce alla Sauber nel 1996: nella prima stagione conquista un podio (3°) a Monte Carlo ma risulta meno rapido del compagno di scuderia, il tedesco Heinz-Harald Frentzen.Nel 1997 Johnny Herbert sale ancora una volta sul podio (3° in Ungheria) e se la cava meglio dei propri coéquipier – gli italiani Nicola Larini e Gianni Morbidelli e l’argentino Norberto Fontana – mentre l’anno successivo va a punti nella prima gara dell’anno (6° in Australia) ma viene surclassato da Alesi.Gli ultimi anni e l’ultima vittoriaJohnny passa alla Stewart nel 1999 e regala alla scuderia britannica l’unico successo della sua storia trionfando nel GP d’Europa. Nonostante il trionfo, però, ottiene risultati meno convincenti di quelli raggiunti dal compagno brasiliano Rubens Barrichello.L’anno successivo la Stewart cambia nome in Jaguar e Johnny Herbert affronta la sua ultima stagione in F1 senza mai riuscire ad andare a punti e facendo peggio del compagno nordirlandese Eddie Irvine. Due settimi posti come migliori piazzamenti stagionali: uno in Austria (meglio del coéquipier brasiliano Luciano Burti) e uno in Giappone.L’enduranceTra il 2001 e il 2004 Herbert corre nelle gare endurance: nel 2002 conquista la 12 Ore di Sebring con un’Audi R8 guidata insieme ai nostri “Dindo” Capello e Christian Pescatori, arriva secondo a Le Mans e tenta – senza successo – strade alternative fallendo la qualificazione alla 500 Miglia di Indianapolis.Nel 2003 Johnny Herbert arriva secondo a Le Mans con la Bentley Speed 8 e si ripete l’anno successivo – quando però si aggiudica la prima edizione della European Le Mans Series – con la Casa dei quattro anelli. L’ultima partecipazione alla 24 Ore francese risale al 2007 con l’Aston Martin DBR9.Fine carrieraHerbert diventa campione Speedcar Series nel 2008, nel 2009 affronta le ultime tappe del campionato turismo britannico BTCC con la Honda Civic e dal 2010 al 2012 si cimenta nella serie Superstars.Dal 2012 Johnny Herbert lavora come opinionista di F1 per la TV britannica Sky Sports.
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Ferrari 500 TRC, solo per privati
La Ferrari 500 TRC è un’auto da corsa costruita nel 1957 in 19 esemplari e mai schierata ufficialmente dalla Casa di Maranello. I piloti privati l’hanno fatta diventare una protagonista delle gare nella classe “due litri”, scopriamo insieme la sua storia.Ferrari 500 TRC: la storiaLa Ferrari 500 TRC – nata nel 1957 – non è altro che una 500 TR evoluta per rispondere ai nuovi regolamenti della Federazione. Tra le modifiche segnaliamo l’introduzione di una portiera per il passeggero e di un parabrezza completo e la possibilità di montare una copertura dell’abitacolo (reso oltretutto più spazioso).La sportiva emiliana – destinata esclusivamente ai clienti privati – ha una carrozzeria spider realizzata da Scaglietti e monta un motore 2.0 aspirato a quattro cilindri da 180 CV con due carburatori Weber abbinato ad un cambio manuale a quattro marce in grado di spingere la vettura fino ad una velocità massima di 245 km/h.1957La Ferrari 500 TRC debutta ufficialmente in gara nel marzo 1957 a Boca Raton (Florida) in un evento locale: lo statunitense George Arents termina in terza posizione. La prima corsa importante risale invece a due settimane più tardi quando il duo “yankee” composto da Howard Hively e Richie Ginther chiude al decimo posto la 12 Ore di Sebring.La prima vittoria arriva il giorno dopo alla 3 Ore di Sebring con lo statunitense David Cunningham mentre a maggio il nostro Gino Munaron arriva ottavo assoluto alla Targa Florio. L’unica partecipazione alla 24 Ore di Le Mans si conclude invece con un 7° posto assoluto (primo tra le 2.0) del binomio belga formato da Lucien Bianchi e da Georges Harris.1958Nel 1958 la Ferrari 500 TRC conquista tre vittorie in gare minori: due grazie al transalpino Fernand Tavano sul circuito francese di Montlhéry (nella Coupes de Vitesse e nella Coupe d’Automne) e una negli States a Lime Rock con lo svizzero Gaston Andrey.Per quanto riguarda le corse italiane segnaliamo il settimo posto alla Targa Florio dei nostri Gaetano Starrabba e Franco Cortese.1959I piloti provati regalano alla Ferrari 500 TRC altre quattro vittorie nel 1959: Andrey trionfa nuovamente a Lime Rock, lo statunitense Frank Becker domina a Deer Park e a Westwood e Tavano sale sul gradino più alto del podio a Staoueli in Algeria.Gli anni ’60L’ultima vittoria per la spider di Maranello risale al 1962 (Lime Rock con lo “yankee” Tom O’Brien) mentre l’ultima apparizione risale alla Targa Florio del 1966 con la coppia formata da Franco Tagliavia e Pietro Termini, trentaseiesimi al traguardo.
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Eberhard & Co., un orologio per la Targa Florio
Per celebrare la 100° edizione della Targa Florio – in programma dal 5 all’8 maggio 2016 – la casa di orologi svizzera Eberhard & Co. ha lanciato una versione speciale del Champion V. Il prezzo? 2.700 euro.Questo cronografo meccanico a carica automatica con due contatori (uno per i minuti e uno per le ore) presenta un quadrante personalizzato con il logo della centesima edizione della Targa Florio che richiama nello stile e nei colori i dettagli delle gare automobilistiche. Impermeabile a 50 metri, ha una cassa in acciaio di 42,80 mm, con vetro zaffiro convesso, un fondo serrato da 6 viti arricchito da finiture lucide e satinate, una lunetta in acciaio con inserto circolare in alluminio sottoposto a trattamento “eloxage” e un cinturino in cuoio con fibbia personalizzata “E&Co.”.L’Eberhard & Co. Champion V Targa Florio verrà assegnato a tutti i partecipanti all’evento (uno per equipaggio) e a personaggi selezionati che hanno raccolto l’invito ad essere presenti in occasione dell’anniversario della mitica corsa siciliana e agli iscritti verrà offerta la possibilità di acquistarne un secondo ad un prezzo speciale.
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Eberhard & Co., un orologio “solo tempo” per Nuvolari
Si chiama Solo Tempo l’ultimo orologio Eberhard & Co. della collezione dedicata a Tazio Nuvolari: presentato lo scorso settembre durante il GP Nuvolari, ha un prezzo di 1.790 euro.Il modello “entry-level” della gamma che omaggia il “Mantovano volante” è un automatico con cassa in acciaio (42,50 mm) con quadrante nero con zona “perlée” sulla quale spiccano 12 numeri arabi dal profilo rosso, il datario, la firma del pilota e le iniziali “TN” nel carapace bianco poste sulla zona centrale nera opaca. La lunetta in acciaio è contraddistinta da un inserto circolare in acciaio rivestito in PVD con indici in rilievo.L’Eberhard & Co. Tazio Nuvolari Solo Tempo è impermeabile fino a 100 metri e presenta un fondo serrato da 8 viti con lavorazione “perlée” sulla parte esterna e personalizzato con l’incisione della firma del pilota lombardo. Disponibile con un cinturino in alligatore nero ed impunture rosse o con un bracciale in acciaio, è l’ultimo frutto del legame – nato nel 1992 – della Casa svizzera con “Nivola”.Tazio Nuvolari ha dominato le corse automobilistiche negli anni Trenta: nel suo palmarès può vantare due Mille Miglia (1930 e 1933), due Targa Florio (1931 e 1932), due GP d’Italia (1932 e 1938), un campionato europeo (1932), un GP di Monte Carlo (1932), un GP di Francia (1932), una 24 Ore di Le Mans (1933) e un GP di Germania (1935).
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Cadillac Escalade (2005): eleganza americana
La Cadillac Escalade è uno dei migliori esempi di lusso ed eleganza all’americana: la grande SUV statunitense è nata ufficialmente nel 1999 però oggi analizzeremo la seconda generazione, svelata nel 2002 ma arrivata ufficialmente in Italia solo nel 2005. Da noi è introvabile mentre nel resto d’Europa si trovano esemplari iperchilometrati a meno di 10.000 euro.Cadillac Escalade (2005): le caratteristiche principaliLa Cadillac Escalade del 2005 è una Sport Utility a trazione integrale rivolta a chi ama apparire: lunga oltre cinque metri (5,05 metri, per la precisione) e con sette posti, è tanto ingombrante quanto raffinata.Cadillac Escalade (2005): la tecnicaIl motore della Cadillac Escalade del 2005 è un possente 6.0 V8 da 349 CV e 515 Nm abbinato ad un cambio automatico a quattro marce tipicamente “yankee” che predilige le andature tranquille. Anche perché stiamo parlando di un mezzo che pesa quasi 2.500 kg…Cadillac Escalade (2005): le quotazioniLa Cadillac Escalade del 2005 è introvabile in Italia (più semplice rintracciare gli esemplari più recenti della terza serie): le quotazioni recitano 6.000 euro ma in realtà nel resto d’Europa gli unici modelli disponibili a meno di 10.000 euro hanno troppi chilometri sul groppone.
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La storia della Renault in F1
La Renault – tornata quest’anno in F1 dopo cinque anni di assenza – sta disputando la sua 20° stagione nel Circus ma già da tempo è entrata nella storia di questo sport. Merito dei numerosi successi (quattro Mondiali e 35 vittorie) e di alcune innovazioni tecniche introdotte. Scopriamo insieme l’evoluzione della Casa francese nella massima categoria del motorsport.Renault F1: la storiaLa Renault debutta in F1 nella seconda parte del Mondiale 1977 con un’auto rivoluzionaria: la RS01. La prima monoposto turbo di sempre (motore 1.5 V6), è anche la prima a montare pneumatici radiali (forniti da Michelin).La vettura da corsa transalpina – affidata al francese Jean-Pierre Jabouille – si rivela poco affidabile e bisogna aspettare il GP di Monaco dell’anno successivo per vederla tagliare per la prima volta al traguardo. I primi punti arrivano invece nel GP degli USA Est del 1979 grazie ad un quarto posto.La prima vittoriaLa Renault inizia a diventare competitiva in F1 nel 1979: Jabouille ottiene la prima pole position per la scuderia francese in Sudafrica e il primo successo nel GP di Casa (una gara diventata famosa anche per lo storico duello tra Gilles Villeneuve e René Arnoux) mentre il più continuo compagno di squadra Arnoux porta a casa tre podi (secondo in Gran Bretagna e negli USA Est e terzo in Francia).Gli anni ’80Nella prima metà degli anni ’80 il team transalpino diventa sempre più protagonista del Mondiale F1: nel 1980 arrivano tre vittorie (Arnoux primo in Brasile e in Sudafrica e Jabouille davanti a tutti in Austria) e la situazione migliora ulteriormente l’anno seguente con l’arrivo del giovane talento d’oltralpe Alain Prost.Il pilota francese ottiene tre successi nel 1981 (Francia, Olanda e Italia) e altri due nel 1982 (Sudafrica e Brasile), anno in cui Arnoux riesce a salire sul gradino più alto del podio in Francia e in Italia. L’anno migliore per la scuderia transalpina è però il 1983: secondo posto assoluto tra i Costruttori e Prost (quattro trionfi: Francia, Belgio, Gran Bretagna e Austria) che perde il titolo Piloti all’ultima gara e viene licenziato due giorni dopo per aver criticato pubblicamente il team.Dopo ProstL’addio di Prost coincide con un biennio di crisi per la Renault in F1: nel 1984 arrivano cinque podi grazie al britannico Derek Warwick (2° in Belgio e in Gran Bretagna e 3° in Sudafrica e in Germania) e al francese Patrick Tambay (2° in Francia) mentre nel 1985 solo Tambay riesce – in due occasioni (3° in Portogallo e a San Marino) – a terminare una gara in “top 3”.Al termine della stagione 1985 la Régie, in seguito a problemi finanziari, decide di ritirarsi dalla F1 come costruttore e si limita a fornire motori ad altre scuderie.Il primo ritorno in F1Nel 2000 la Renault acquista il team Benetton ma è solo nel 2002 – quando il team cambia nome – che si può parlare del ritorno ufficiale come scuderia della Casa transalpina.Nonostante l’assenza di podi nella prima stagione del rientro arrivano tanti piazzamenti interessanti grazie al britannico Jenson Button (4° in Malesia e Brasile) e al nostro Jarno Trulli (4° a Monaco e in Italia).L’era AlonsoIl periodo migliore della Renault in F1 coincide con l’arrivo nella scuderia transalpina di un giovane e talentuoso pilota spagnolo: Fernando Alonso. Il driver iberico sorprende tutti con una vittoria in Ungheria condita da altri tre podi (2° in Spagna e 3° in Malesia e in Brasile) mentre il coéquipier Trulli si deve accontentare di una terza piazza in Germania.Nel 2004 Alonso ottiene altri piazzamenti interessanti (2° in Francia e 3° in Australia, in Germania e in Ungheria) ma Jarno trionfa a sorpresa a Monte Carlo e arriva terzo in Spagna.I due MondialiLa Renault conquista i primi due Mondiali F1 della sua storia nel 2005: Fernando Alonso diventa iridato grazie a sette vittorie (Malesia, Bahrein, San Marino, Europa, Francia, Germania e Cina) e il titolo Costruttori arriva anche per merito del nostro Giancarlo Fisichella (primo in Australia).Nel 2006 la Régie bissa il doppio trionfo grazie ai sei successi del due volte campione del mondo Alonso (Australia, Spagna, Monaco, Gran Bretagna, Canada e Giappone) e al successo di Fisichella in Malesia.Alonso: andata e ritornoIl passaggio di Alonso alla McLaren nel 2007 coincide con una stagione povera di soddisfazioni per la Renault in F1: l’unico podio dell’anno arriva in Giappone con il finlandese Heikki Kovalainen.Fernando torna nella scuderia francese l’anno successivo ma gli ultimi due campionati del decennio vedono una monoposto decisamente meno competitiva: i successi del pilota spagnolo a Singapore (in una corsa molto controversa) e in Giappone sono – per il momento – gli ultimi per il team transalpino mentre nel 2009 arriva un misero terzo posto, sempre a Singapore.Gli anni ’10Nel 2010 la maggioranza della scuderia Renault viene venduta al fondo di investimento lussemburghese Genii Capital e le uniche soddisfazioni per il team arrivano grazie al terzo posto del polacco Robert Kubica, capace di ottenere tre podi (2° in Australia e 3° a Monte Carlo e in Belgio).L’anno seguente si assiste ad una vera e propria rivoluzione: la livrea diventa nera-oro e in seguito alla partnership con Lotus la licenza diventa britannica. Prima dell’inizio del Mondiale il team deve oltretutto rinunciare a Kubica (vittima di un incidente pauroso durante un rally) e nel corso della stagione riesce a portare a casa solo due terzi posti: in Australia con il russo Vitaly Petrov e in Malesia con il tedesco Nick Heidfeld).Per vedere una vera Renault nuovamente in F1 bisogna attendere il 2016 quando la Régie acquista il team Lotus e si affida a due giovani piloti: il britannico Jolyon Palmer e il danese Kevin Magnussen.
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Stig Blomqvist: il re della neve
Stig Blomqvist è probabilmente il pilota di rally più forte di sempre sulla neve: il campione del mondo WRC 1984 ha conquistato infatti ben sette edizioni del Rally di Svezia e se l’è sempre cavata egregiamente sui fondi a scarsa aderenza. Scopriamo insieme la storia del driver svedese: un mito del motorsport che, nonostante il nome di battesimo, non ha niente in comune con Top Gear.Stig Blomqvist: la storiaStig Blomqvist nasce il 29 luglio 1946 a Örebro (Svezia) e appena ottiene la patente – a 18 anni – inizia subito a farsi notare nei rally locali. Debutta in una corsa all’estero nel 1965 – il 1000 Laghi in Finlandia (valido per il campionato europeo) – al volante di una Saab 96 terminando la gara in 48° posizione.Nel 1968 ottiene il primo podio nel campionato svedese grazie al secondo posto allo Smålandsrallyt mentre per il primo successo a livello nazionale – all’Östgötarallyt – bisogna attendere il 1969.Successi internazionaliStig Blomqvist sorprende il mondo nel 1970 quando a soli 24 anni arriva secondo nel Rally di Svezia (valido per il Campionato internazionale costruttori) mentre l’anno seguente riesce a migliorarsi salendo sul gradino più alto del podio e vincendo anche il RAC nel Regno Unito e il 1000 Laghi valido per l’europeo.La seconda vittoria al Rally di Svezia per Stig arriva già nel 1972 e la terza nel 1973 (primo anno del Mondiale WRC). Nello stesso periodo riesce a trionfare anche a Cipro nel campionato continentale.Il mago della neveNella seconda metà degli anni ’70 Stig Blomqvist è il pilota da battere sulla neve ma si dimostra valido anche su altre superfici a scarsa aderenza: nel 1975 porta a casa la corsa locale Polar Bergslagsrally valida per l’europeo, nel 1976 sale sul gradino più alto del podio della Boucles de Spa in Belgio con la Saab 99 EMS e con la stessa vettura si aggiudica per la quarta volta il Rally di Svezia iridato nel 1977 (anno in cui trionfa all’Hankiralli in Finlandia con una Saab 96).Non solo SaabBlomqvist nel 1978 corre per la prima volta al volante di un’auto non Saab e termina al quarto posto in Svezia con la Lancia Stratos. Dopo aver affrontato lo Jänner Rallye 1979 in Austria con una Lancia Beta Montecarlo torna all’ovile con la Saab 99 Turbo: conquista il quinto Rally di Svezia e il South Swedish Rally europeo (successo bissato nel 1980, anno in cui arriva un’altra Boucles de Spa).La parentesi TalbotNel 1981 la Saab abbandona ufficialmente il motorsport e Stig Blomqvist si ritrova a correre con la Talbot Sunbeam Lotus: con questa vettura arriva terzo al RAC iridato e secondo al South Swedish Rally continentale.L’Audi quattroStig viene chiamato dall’Audi nel 1982. Al volante della Quattro vince due rally iridati (Svezia e Sanremo) e due continentali (Hankiralli e South Swedish) mentre l’anno seguente si concentra nel Regno Unito: trionfa nel RAC iridato e diventa campione britannico grazie a quattro successi (Mintex, Galles, Scozia – valido anche per il campionato europeo – e Ulster).Il primo (e unico Mondiale)Nel 1984 Stig Blomqvist dimostra al mondo di essere un pilota di rally completo conquistando il Mondiale WRC grazie a cinque vittorie (Svezia, Acropoli, Nuova Zelanda, Argentina e Costa d’Avorio) e ad un secondo posto a Monte Carlo.L’anno successivo chiude il campionato in seconda posizione ma non riesce mai a salire sul gradino più alto del podio (tre secondi posti: Svezia, Acropoli e 1000 Laghi).Cambiare autoLa seconda metà degli anni ’80 vede Stig Blomqvist prendersi tante soddisfazioni alla guida di vetture diverse: nel 1986 vince il South Swedish europeo con la Ford RS200 e arriva terzo in Argentina con la Peugeot 205 Turbo 16, nel 1987 arriva secondo al RAC e terzo al 1000 Laghi con una Ford Sierra e al volante della berlina dell’Ovale Blu porta a casa una seconda piazza in Svezia nel 1988.Nel 1989 conquista la Race of Champions, arriva quinto in Svezia con un’Audi 200 Quattro, secondo con la Lancia Delta nella Boucles de Spa valida per l’europeo e terzo nel Safari alla guida di una Volkswagen Golf.Gli anni ’90Gli anni ’90 di Stig Blomqvist si aprono, nel 1990, con il secondo trionfo alla Race of Champions. Nel 1991 termina in quinta posizione al Safari con una Nissan Sunny e con la compatta giapponese ottiene l’ultimo podio iridato in carriera arrivando 3° nel Rally di Svezia 1992.Il resto del decennio vede il pilota scandinavo alternarsi tra rally “normali” e rally storici al volante di numerose vetture (Ford Escort e Puma, Opel Calibra, Porsche 911, Skoda Favorit e Felicia: tra i risultati più rilevanti segnaliamo il 7° posto al Safari con la Escort (ultimi punti iridati).Gli anni ’00Stig Blomqvist continua a correre i rally “veri” anche negli anni ’00 con vetture come la Mitsubishi Lancer, la Skoda Octavia e la Subaru Impreza ma ottiene le più grandi soddisfazioni con le “storiche”, come l’Audi Quattro, la Ford Falcon e la Vauxhall Firenza: vince la Londra-Sydney del 2000 con la Ford Capri e nel 2004 (anno di conquista della Pikes Peak con una Ford RS200) si aggiudica il Roger Albert Clark con una Ford Escort.Con la Escort riesce a vincere nel 2009 il Midnattssolsrallyt nel suo Paese natale e il Colin McRae Historic del 2011 mentre l’ultimo successo rilevante nelle gare d’epoca risale al 2015 con il trionfo nel Safari con la Porsche 911.
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Isuzu Trooper (1987): dura e pura ma anche comoda
La Isuzu Trooper prima generazione restyling – svelata nel 1987 – è una fuoristrada giapponese dura e pura (non chiamatela SUV, potrebbe offendersi) che a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 rappresentò un’alternativa più comoda (ma meno dotata nell’off-road estremo) alle connazionali Mitsubishi, Nissan, Suzuki e Toyota. Oggi si trova abbastanza facilmente a meno di 4.000 euro.Isuzu Trooper (1987): le caratteristiche principaliLa Isuzu Trooper viene presentata ufficialmente nel 1981 e i primi esemplari (pochissimi) vengono commercializzati in Italia tre anni più tardi grazie alla filiale nostrana della General Motors ma è solo nel 1987 – in occasione del restyling – che grazie a dazi doganali meno severi sbarca ufficialmente nei nostri listini.I punti di forza di questa 4×4 sono parecchi: il cambio a cinque marce (che contribuisce a mantenere i consumi di carburante ad un livello accettabile) e il comfort di marcia, superiore a quello delle rivali dell’epoca. Tra le note negative segnaliamo invece le prestazioni deludenti, il comportamento stradale (poco rassicurante) e quello in fuoristrada (va in crisi sui percorsi più duri) e le finiture non molto curate.Isuzu Trooper (1987): la tecnicaLa Isuzu Trooper del 1987 – commercializzata fino al 1991 – è disponibile a tre (4,28 metri di lunghezza) o a cinque porte (4,63 metri) e monta un motore turbodiesel piuttosto fiacco: un 2.2 turbodiesel da 72 CV che permette alla fuoristrada giapponese di raggiungere una velocità massima di soli 130 km/h.Isuzu Trooper (1987): le quotazioniLa prima generazione restyling della Isuzu Trooper – venduta dal 1987 al 1991 – è un mezzo interessante per gli appassionati di fuoristrada d’epoca e si trova abbastanza facilmente. Le quotazioni recitano 2.000 euro ma in realtà è impossibile trovarla a meno di 3.000.
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Mercedes a Milano AutoClassica 2016
Lo stand Mercedes a Milano AutoClassica 2016 celebra il passato della Stella ma non dimentica il presente. Nella rassegna lombarda dedicata alle auto d’epoca, giunta alla quinta edizione e in programma da oggi fino al 20 marzo, la Casa tedesca ha festeggiato i 130 anni dal brevetto della Patent Motorwagen (il primo veicolo stradale a propulsione autonoma) di Karl Benz, ha mostrato la nuova Smart fortwo cabrio e ha fatto conoscere al pubblico il mondo dell’usato garantito FirstHand.A Milano AutoClassica 2016 è inoltre possibile ammirare altre icone del marchio di Stoccarda come la 300 SL “Ali di gabbiano”, la scocca bianca di una W113 e una W113 blu. Ultimo, ma non meno importante, il progetto Classic Car Travel (un tour con vetture d’epoca lungo 1.200 km) realizzato da Daimler Lab in collaborazione con Nostalgic, società teutonica che dal 2003 organizza viaggi in Provenza e in Toscana al volante di SL da collezione.
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