Category Archives: Auto Classiche

Orazio Satta Puliga, una vita per l’Alfa Romeo

Orazio Satta Puliga è uno dei personaggi più importanti della storia dell’Alfa Romeo: in oltre 30 anni di carriera col Biscione (azienda che non ha mai tradito) l’ingegnere torinese ha progettato la 1900 e la Giulietta e ha reso grande la Casa lombarda.Orazio Satta Puliga ha amato l’Alfa Romeo con tutto il suo cuore: è sua la celebre citazione del 1969 che recita “L’Alfa Romeo non è una semplice fabbrica di automobili: le sue auto sono qualcosa di più che automobili costruite in maniera convenzionale. Ci sono molte marche di automobili, e tra esse l’Alfa occupa un posto a parte. È una specie di malattia, l’entusiasmo per un mezzo di trasporto. È un modo di vivere, un modo tutto particolare di concepire un veicolo a motore. Qualcosa che resiste alle definizioni. I suoi elementi sono come quei tratti irrazionali dello spirito umano che non possono essere spiegati con una terminologia logica. Si tratta di sensazioni, di passione, tutte cose che hanno a che fare più con il cuore che con il cervello”. Scopriamo insieme la sua storia.Orazio Satta Puliga, la biografiaOrazio Satta Puliga nasce a Torino il 6 ottobre 1910 e dopo aver conseguito nel 1933 una laurea in ingegneria meccanica presso il Politecnico del capoluogo piemontese ne prende un’altra – in ingegneria aeronautica – nel 1935.Tre anni più tardi, dopo aver svolto il servizio militare, viene assunto all’Alfa Romeo dall’allora responsabile tecnico Wifredo Ricart.I primi progettiNel 1946, al termine della Seconda Guerra Mondiale, Orazio Satta Puliga viene nominato direttore della progettazione Alfa Romeo e abbatte i costi di gestione dell’azienda esternalizzando la produzione dei componenti secondari.Il suo primo capolavoro – l’ammiraglia 1900, la prima Alfa con telaio monoscocca – vede la luce nel 1950 mentre risale all’anno seguente la promozione a direttore centrale del Biscione.La seconda perla progettata da Orazio Satta Puliga è l’Alfa Romeo Giulietta del 1955: il motore della berlina del Biscione è però opera di un altro personaggio fondamentale per la Casa lombarda (Giuseppe Busso).Gli anni ’60Le Alfa Romeo realizzate negli anni ’60 sono frutto del lavoro di squadra di numerosi tecnici ed è quindi difficile affidare la paternità di un progetto ad una sola persona: detto questo sotto la direzione tecnica di Satta Puliga vedono la luce numerosi modelli importanti per il Biscione come la Giulia (1962) e la 1750 (1968).Gli ultimi anniOrazio Satta Puliga viene nominato vice direttore generale Alfa Romeo nel 1969 ma nel 1973 è costretto a lasciare l’azienda a causa di un male incurabile. Scompare a Milano il 22 marzo 1974.
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Volkswagen Touareg 4.2 (2003): la SUV V8 del popolo

La Volkswagen Touareg 4.2 era – al momento del lancio nel 2003 – la versione a benzina più potente dell’elegante SUV di Wolfsburg “cugina” della Porsche Cayenne (il pianale è lo stesso). Le quotazioni di questa lussuosa Sport Utility V8 recitano 5.000 euro ma in realtà è impossibile trovare esemplari tenuti in buono stato a meno di 10.000 euro.Volkswagen Touareg 4.2 (2003): le caratteristiche principaliLa Volkswagen Touareg 4.2 nasce nel 2003 in un periodo nel quale la Casa di Wolfsburg – reduce dal debutto dell’ammiraglia Phaeton – cerca di scrollarsi di dosso l’etichetta di  costruttore di “auto del popolo” e resta in commercio fino al 2006 (in un’altra occasione analizzeremo le varianti FSI a iniezione diretta introdotte nel 2007 con il restyling).La prima generazione della SUV teutonica – realizzata sulla stessa base della Porsche Cayenne – presenta un design esterno meno originale di quello della cugina ma si riscatta con un abitacolo “premium”. Il bagagliaio è accessibile anche attraverso il pratico lunotto apribile ma con i sedili posteriori abbattuti il vano non è sfruttabile quanto quello di altre rivali.Volkswagen Touareg 4.2 (2003): la tecnicaLa Volkswagen Touareg 4.2 – a trazione integrale – è sviluppata sulla stesso pianale della Porsche Cayenne ma per quanto riguarda il motore V8 i tecnici di Wolfsburg hanno optato per una soluzione diversa adottando la stessa unità – depotenziata – già vista sulla Phaeton.Un propulsore aspirato – abbinato ad un cambio automatico Tiptronic a sei rapporti con ridotte – che predilige la zona rossa del contagiri ai bassi regimi. Altissimi i consumi di benzina: 6,8 km/l dichiarati.Volkswagen Touareg 4.2 (2003): le quotazioniNon fatevi ingannare dalle quotazioni “ufficiali” della Volkswagen Touareg 4.2 che recitano 5.000 euro. Esistono parecchi esemplari ben tenuti della SUV V8 tedesca ma è impossibile spendere meno di 10.000 euro per portarseli a casa.
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Alfa Romeo Giulia TZ: splendida cinquantenne

L’Alfa Romeo Giulia TZ (Tubolare Zagato) compie 50 anni. La sportiva del Biscione ha ottenuto diversi successi in pista negli anni Sessanta ma è stata in grado di sedurre anche per il suo stile. Scopriamo insieme la sua storia.Alfa Romeo Giulia TZ: la storiaLa storia dell’Alfa Romeo Giulia TZ inizia alla fine degli anni Cinquanta quando dalla collaborazione tra la Casa del Biscione e l’Abarth nasce una sportiva dotata di telaio tubolare. Questa struttura viene usata come base da Orazio Satta Puliga e Giuseppe Busso per costruire nel 1963 un’auto in grado di gareggiare nella categoria Sport 1600.L’Autodelta si occupa del propulsore e dell’assemblaggio, la SAI Ambrosini del telaio tubolare in acciaio al nickel-cromo mentre la Zagato progetta una carrozzeria estremamente sexy, un’evoluzione di quella della Giulietta SZ realizzata – sempre dall’atelier lombardo – tre anni prima.Il design è caratterizzato dalla coda tronca (soluzione ideale per migliorare l’aerodinamica) mentre per quanto riguarda la tecnica spiccano i quattro freni a disco, i cerchi in lega di magnesio e le sospensioni indipendenti.Le prestazioniIl motore 1.6 – derivato da quello della Giulia TI – genera una potenza di 160 CV (162 le ultime evoluzioni) e permette alla coupé milanese di raggiungere una velocità massima di 240 km/h.Il palmarèsL’Alfa Romeo Giulia TZ debutta in gara nel 1963 al Tour de Corse con due ritiri mentre il primo successo arriva pochi giorni dopo alla Coppa Fisa di Monza con Lorenzo Bandini nella categoria prototipi.Tra gli altri successi di categoria segnaliamo le numerose vittorie del 1964: 12 ore di Sebring, Targa Florio, 1.000 km del Nürburgring e 24 Ore di Le Mans.
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Alfa Romeo Giulia GTA: la regina del Turismo

Per chi è stato giovane tra gli anni Sessanta e Settanta l’Alfa Romeo Giulia GTA è una vettura mitica quanto la Lancia Fulvia Coupé che correva nei rally. Tra il 1966 e il 1972 la sportiva del Biscione ha infatti conquistato nove campionati europei Turismo (quattro Piloti e cinque Costruttori). Scopriamo insieme la storia agonistica di questa vettura.Alfa Romeo Giulia GTA: la storiaL’Alfa Romeo Giulia GTA – realizzata dall’Autodelta (reparto corse della Casa lombarda) – viene presentata ufficialmente al Salone di Amsterdam del 1965. La versione da gara monta un motore 1.600 a benzina da 170 CV e pesa 245 kg in meno della Giulia GT da cui deriva: merito della carrozzeria in Peraluman (lega di alluminio e magnesio), dei vetri in plexiglas e dell’eliminazione del paraurti, dei sedili di serie e dei finestrini discendenti.1965La GTA debutta ufficialmente alla Trento-Bondone del 1965 mentre l’esordio nel Campionato Europeo Turismo avviene in Austria con Andrea de Adamich. Il primo podio arriva pochi giorni più tardi, con il secondo posto di Roberto Bussinello a Snetterton (Regno Unito).1966Nel 1966 arrivano i primi titoli nella serie Division 2 (cilindrate comprese tra 1.001 e 2.000 cc): de Adamich – primo a Monza (in una gara caratterizzata da sette Alfa Romeo Giulia GTA nelle prime sette posizioni), al Nürburgring (Germania), a Snetterton e a Zandvoort (Olanda) – si aggiudica il campionato Piloti e anche la vittoria di Enrico Pinto a Budapest (Ungheria) permette al Biscione di conquistare l’Europeo Costruttori.1967Nel 1967 la Casa lombarda bissa entrambi i titoli: de Adamich sale sul gradino più alto del podio a Zolder (Belgio), Oulton Park (Regno Unito) e Budapest mentre altri successi arrivano da “Nanni” Galli ad Aspern (Austria) e dal francese Lucien Bianchi al Nürburgring.In quell’anno vengono realizzati alcuni esemplari dell’Alfa Romeo Giulia GTA denominati SA (SovrAlimentata). La potenza aumenta – 220 CV – ma diminuisce l’affidabilità: la vettura tende spesso a prendere fuoco per via delle perdite d’olio della pompa ad alta pressione.1968Per incrementare le vendite viene realizzata la variante GTA della 1300 Junior, dotata di un propulsore 1.3 da 165 CV, ma dal punto di vista sportivo non arriva nessun risultato rilevante.1969Nonostante i quattro anni di età l’Alfa Romeo Giulia GTA 1600 continua a dominare: Spartaco Dini supera tutti ad Aspern e diventa campione continentale e anche il Biscione porta a casa un altro titolo in Division 2.1970Sulla base della 1750 GTV nasce la GTAm (dove “m” sta per “maggiorata”): monta un motore 2.0 da 220 CV a iniezione e si presenta con una carrozzeria più larga, con un assetto più rigido e con pneumatici più grandi.Al volante dell’Alfa Romeo Giulia GTA l’olandese Toine Hezemans – primo a Monza, Budapest, Brno (Cecoslovacchia) e Jarama (Spagna) – si aggiudica il titolo Piloti assoluto e non vanno sottovalutati i successi di de Adamich al Nürburgring e di Gianluigi Picchi a Zandvoort.1971Nasce una nuova GTAm – questa volta basata sulla 2000 GTV – più pesante della 1750 ma anche più potente (240 CV). Il titolo Costruttori per l’Alfa arriva però grazie alla piccola 1300: Picchi prevale a Salisburgo (Austria), Brno e Zandvoort mentre Hezemans domina a Monza.1972L’ultima annata vincente per l’Alfa Romeo Giulia GTA è contraddistinta da un altro campionato europeo Costruttori ottenuto grazie alla 1300 resa più potente (180 CV, merito dell’iniezione meccanica e delle 16 valvole) e portata al successo da Carlo Facetti a Salisburgo e da Picchi a Brno.
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Jaguar Daimler Double Six (1986): l’eleganza del V12

La Jaguar Daimler Double Six – variante più prestigiosa, nonché dotata di un motore V12, della terza serie della XJ – vede la luce nel 1979 e beneficia di alcune modifiche tecniche nel 1981 ma arriva in Italia solo nel 1986. La lussuosissima ammiraglia britannica si trova facilmente a meno di 15.000 euro ed è una vettura che non può mancare in una collezione di mezzi “british”.Jaguar Daimler Double Six (1986): le caratteristiche principaliLa terza serie della Jaguar Daimler Double Six – allestimento più esclusivo della mitica ammiraglia XJ – nasce ufficialmente nel 1979, viene sottoposta ad un leggero “lifting” tecnico nel 1981 e sbarca nelle nostre concessionarie alla fine del 1986.La lussuosa berlinona inglese – in commercio fino al 1992 – non è altro che un profondo restyling realizzato egregiamente da Pininfarina della prima XJ del 1968, una delle migliori auto britanniche mai costruite.Design sexy, interni raffinati, dotazione di serie completissima, freni potenti, sterzo sensibile, sospensioni soffici e comportamento stradale rassicurante: sono questi i numerosi pregi della Jaguar Daimler Double Six, un’auto molto valida ma anche poco affidabile.Jaguar Daimler Double Six (1986): la tecnicaIl motore della Jaguar Daimler Double Six è un gioiello della tecnica: un 5.3 V12 a iniezione in grado di generare una potenza di 300 CV e una coppia di 433 Nm abbinato ad un cambio automatico a tre rapporti di origine GM. Un propulsore silenzioso, scattante e pronto ai bassi regimi ma anche caratterizzato da consumi altissimi (per stare sopra i 5 km/l bisogna impegnarsi) nonostante la tecnologia H.E. (High Efficiency) introdotta nel 1981 per “bere” meno.Le versioni catalizzate meno potenti introdotte nel 1990 (275 CV a marzo e 266 a settembre) sono indubbiamente più ecologiche ma anche meno interessanti dal punto di vista storico.Jaguar Daimler Double Six (1986): le quotazioniLe quotazioni della Jaguar Daimler Double Six – commercializzata in Italia dal 1986 al 1992 – recitano 9.000 euro ma a nostro avviso vale la pena spendere, per esemplari tenuti in maniera maniacale, anche 15.000 euro per questo pezzo di storia dell’automobilismo britannico.
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F1 – I più grandi piloti finlandesi

La Finlandia non ha regalato al mondo solo piloti di rally fenomenali ma anche talentuosi driver di F1: su otto finlandesi che hanno preso parte ad un GP ben tre sono stati in grado di conquistare il Mondiale e quattro sono saliti sul gradino più alto del podio. Una cifra che potrebbe presto salire a quota cinque, considerando il recente passaggio di Valtteri Bottas alla Mercedes.Di seguito troverete la classifica dei cinque piloti finlandesi di F1 più forti di sempre: una graduatoria corredata da brevi biografie e palmarès dei driver più vincenti provenienti dalla Finlandia.1° Mika HäkkinenNato il 28 settembre 1968 a Vantaa (Finlandia).
11 stagioni (1991-2001)
161 GP disputati2 costruttori (Lotus, McLaren)
PALMARÈS: 2 Mondiali F1 (1998, 1999), 20 vittorie, 26 pole position, 25 giri veloci, 51 podiPALMARÈS EXTRA-F1: campione finlandese Formula Ford (1987) campione scandinavo Formula Ford 1600 (1987), Formula GM Lotus Euroseries (1988), campione britannico F3 (1990)2° Kimi RäikkönenNato il 17 settembre 1979 a Espoo (Finlandia).
14 stagioni (2001-2009, 2012-)
252 GP disputati4 costruttori (Sauber, McLaren, Ferrari, Lotus)
PALMARÈS: Mondiale F1 (2007), 20 vittorie, 16 pole position, 43 giri veloci, 84 podiPALMARÈS EXTRA-F1: campione invernale britannico Formula Renault 2000 (1999), campione britannico Formula Renault 2000 (2000), 10° nel Mondiale rally WRC (2010, 2011)3° Keke RosbergNato il 6 dicembre 1948 a Solna (Svezia).
9 stagioni (1978-1986)
114 GP disputati6 costruttori (Theodore, ATS, Wolf, Fittipaldi, Williams, McLaren)
PALMARÈS: 1 Mondiale F1 (1982), 5 vittorie, 5 pole position, 3 giri veloci, 17 podi.PALMARÈS EXTRA-F1: campione finlandese Formula Vee (1973), Formula Super Vee (1975)4° Valtteri BottasNato il 28 agosto 1989 a Nastola (Finlandia)
4 stagioni (2013-)
77 GP disputati1 costruttore (Williams)
PALMARÈS: 4° nel Mondiale F1 (2014), 1 giro veloce, 9 podiPALMARÈS EXTRA-F1: campione europeo Formula Renault 2.0 (2008), campione nordeuropeo Formula Renault 2.0 (2008), 2 Masters F3 (2009, 2010), campione GP3 (2011)5° Heikki KovalainenNato il 19 ottobre 1981 a Suomussalmi (Finlandia).
7 stagioni (2007-2013)
111 GP disputati4 costruttori (Renault, McLaren, Lotus, Caterham)
PALMARÈS: 7° nel Mondiale F1 (2007, 2008), 1 vittoria, 1 pole position, 2 giri veloci, 4 podiPALMARÈS EXTRA-F1: World Series by Nissan (2004), Super GT (2016)
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Dakar 2010: la più bella di sempre

Secondo i nostalgici le uniche “vere” Dakar sono quelle disputate in Africa dal 1979 al 2007, secondo noi la più bella edizione – almeno per quanto riguarda le auto – del rally raid più famoso del mondo è stata invece quella del 2010 corsa in Argentina e Cile. Scopriamo insieme la storia di questa gara.Dakar 2010: la storiaLa Dakar 2010 (in programma in Argentina e in Cile dall’1 al 16 gennaio) è la seconda edizione disputata in Sud America del più duro rally raid del mondo: oltre 9.000 km da percorrere (9.030, per la precisione) di cui 4.810 di prove speciali.I favoriti della gara sono senza dubbio i campioni in carica della Volkswagen: al volante della Touareg (dotata di un motore 2.5 turbodiesel TDI da 300 CV) troviamo il vincitore del 2009 (il sudafricano Giniel de Villiers), lo spagnolo Carlos Sainz (campione del mondo rally nel 1990 e nel 1992), il qatariota Nasser Al-Attiyah e lo statunitense Mark Miller.Dopo 12 vittorie in 24 edizioni disputate (dal 1983 al 2009) la Mitsubishi dice addio alla Dakar 2010 per via della crisi economica. BMW ne approfitta e chiama a guidare la X3 il francese Stéphane Peterhansel (già reduce da sei vittorie con le moto e da tre successi con le auto) e lo spagnolo Nani Roma (già trionfatore con le due ruote nel 2004).1° TAPPA – Colón (Argentina)-Córdoba (Argentina) – 684 kmLa prima tappa della Dakar 2010 – caratterizzata dal maltempo – viene vinta da Roma su BMW mentre il compagno transalpino Guerlain Chicherit va subito in crisi. Il primo giorno di gara si registra purtroppo il primo decesso: quello di una giovane spettatrice investita dal driver tedesco Mirco Schultis.Classifica Dakar 2010 dopo la prima tappa
1 Nani Roma (Spagna) (BMW)    02:11:15
2 Carlos Sainz (Spagna) (Volkswagen)    + 00:02:073 Stéphane Peterhansel (BMW)      + 00:02:502° TAPPA – Córdoba (Argentina) – La Rioja (Argentina) – 687 kmAnche la seconda tappa della Dakar 2010 è contraddistinta dalle cattive condizioni climatiche. Roma perde molto tempo a causa di un incidente e Al-Attiyah balza in testa alla classifica generale.Classifica Dakar 2010 dopo la seconda tappa
1 Nasser Al-Attiyah (Qatar) (Volkswagen) 06:16:39
2 Carlos Sainz (Spagna) (Volkswagen)    + 00:01:193 Stéphane Peterhansel (Francia) (BMW)   + 00:02:303° TAPPA – La Rioja (Argentina) – Fiambalá (Argentina) – 441 kmPeterhansel vince la terza tappa e comanda la classifica della Dakar 2010. Due piloti importanti dicono addio alle possibilità di vittoria finale: De Villiers (per noie al motore) e Roma, ancora protagonista di un incidente.Classifica Dakar 2010 dopo la terza tappa
1 Stéphane Peterhansel (Francia) (BMW)   09:14:28
2 Carlos Sainz (Spagna) (Volkswagen)    + 00:04:333 Nasser Al-Attiyah (Qatar) (Volkswagen)   + 00:07:314° TAPPA –  Fiambalá (Argentina) – Copiapó (Cile) – 629 kmLa carovana della Dakar 2010 arriva in Cile e inizia ad affrontare l’insidioso deserto di Atacama. A vincere la tappa è l’Hummer dello statunitense Robby Gordon: Peterhansel ne approfitta per allungare su Sainz.Classifica Dakar 2010 dopo la quarta tappa
1 Stéphane Peterhansel (Francia) (BMW)   10:54:50
2 Carlos Sainz (Spagna) (Volkswagen)    + 00:07:363 Nasser Al-Attiyah (Qatar) (Volkswagen)   + 00:09:565° TAPPA –  Copiapó (Cile) – Antofagasta (Cile) – 670 kmLa quinta tappa della Dakar 2010 è quella decisiva: ad aggiudicarsela è Miller (che balza al terzo posto nella generale) mentre Peterhansel è costretto a dire addio alla vittoria a causa di una rottura della trasmissione della sua BMW. Sainz conquista la vetta della graduatoria.Classifica Dakar 2010 dopo la quinta tappa
1 Carlos Sainz (Spagna) (Volkswagen)    16:10:51
2 Nasser Al-Attiyah (Qatar) (Volkswagen)   + 00:04:373 Mark Miller (USA) (Volkswagen)     + 00:09:396° TAPPA – Antofagasta (Cile) – Iquique (Cile) – 598 kmPeterhansel vince la sesta tappa della Dakar 2010 ma è ormai troppo distante dalla vetta. Il motociclista Luca Manca è vittima di un grave incidente nel quale si procura un trauma cranico e un conseguente stato comatoso.Classifica Dakar 2010 dopo la sesta tappa
1 Carlos Sainz (Spagna) (Volkswagen)    20:35.33
2 Nasser Al-Attiyah (Qatar) (Volkswagen)   + 00:15:243 Mark Miller (USA) (Volkswagen)     + 00:17:477° TAPPA – Iquique (Cile) – Antofagasta (Cile) – 621 kmLa settima tappa della Dakar 2010 è la più dura del rally raid sudamericano: 621 km di cui 600 di prova speciale. Al-Attiyah realizza il miglior tempo e riduce lo svantaggio nei confronti di Sainz.Classifica Dakar 2010 dopo la settima tappa
1 Carlos Sainz (Spagna) (Volkswagen)    26:21:23
2 Nasser Al-Attiyah (Qatar) (Volkswagen)   + 00:11:033 Mark Miller (USA) (Volkswagen)     + 00:22:068° TAPPA – Antofagasta (Cile) – Copiapó (Cile) – 568 kmPeterhansel vince l’ottava tappa della Dakar 2010, Sainz fora per ben due volte ma Al-Attiyah non riesce ad approfittarne perché anche al pilota qatariota capita lo stesso imprevisto.Classifica Dakar 2010 dopo l’ottava tappa
1 Carlos Sainz (Spagna) (Volkswagen)    31:28:13
2 Nasser Al-Attiyah (Qatar) (Volkswagen)   + 00:14:353 Mark Miller (USA) (Volkswagen)     + 00:22:289° TAPPA – Copiapó (Cile) – La Serena (Cile) – 547 kmChi pensa che in Volkswagen abbiano congelato le posizioni della Dakar 2010 non ha fatto i conti con Al-Attiyah, che vince la tappa rosicchiando parecchi minuti a Sainz.Classifica Dakar 2010 dopo la nona tappa
1 Carlos Sainz (Spagna) (Volkswagen)    33:33:40
2 Nasser Al-Attiyah (Qatar) (Volkswagen)   + 00:08:363 Mark Miller (USA) (Volkswagen)     + 00:27:1710° TAPPA – La Serena (Cile) – Santiago (Cile) – 586 kmSainz reagisce alla grande con la prima vittoria di tappa e riporta a oltre dieci minuti il vantaggio su Al-Attiyah.Classifica Dakar 2010 dopo la decima tappa
1 Carlos Sainz (Spagna) (Volkswagen)    36:34:45
2 Nasser Al-Attiyah (Qatar) (Volkswagen)   + 00:10:063 Mark Miller (USA) (Volkswagen)     + 00:28:1911° TAPPA – Santiago (Cile) – San Juan (Argentina) – 434 kmIn occasione del ritorno in Argentina la Dakar 2010 si riapre clamorosamente dopo che Sainz fora due volte. Chicherit vince l’undicesima tappa e Al-Attiyah si ritrova con meno di cinque minuti di ritardo dalla vetta.Classifica Dakar 2010 dopo l’undicesima tappa
1 Carlos Sainz (Spagna) (Volkswagen)    39:16:55
2 Nasser Al-Attiyah (Qatar) (Volkswagen)   + 00:04:283 Mark Miller (USA) (Volkswagen)     + 00:23:5012° TAPPA – San Juan (Argentina) – San Rafael (Argentina) – 796 kmSainz si riscatta aggiudicandosi la dodicesima tappa ma Al-Attiyah non si arrende e perde poco.Classifica Dakar 2010 dopo la dodicesima tappa
1 Carlos Sainz (Spagna) (Volkswagen)    16:10:51
2 Nasser Al-Attiyah (Qatar) (Volkswagen)   + 00:05:203 Mark Miller (USA) (Volkswagen)     + 00:28:1213° TAPPA – San Rafael (Argentina) – Santa Rosa (Argentina) – 725 kmLa tappa più lunga della Dakar 2010 viene vinta da Peterhansel ma è Al-Attiyah il vero protagonista: il pilota qatariota rosicchia tempo prezioso a Sainz e si ritrova con meno di tre minuti di ritardo dallo spagnolo con una sola tappa ancora da disputare. Al termine della giornata il driver asiatico dice di essere stato rallentato da Sainz, che a sua volta accusa Nasser di averlo toccato.Classifica Dakar 2010 dopo la tredicesima tappa
1 Carlos Sainz (Spagna) (Volkswagen)    16:10:51
2 Nasser Al-Attiyah (Qatar) (Volkswagen)   + 00:02:483 Mark Miller (USA) (Volkswagen)     + 00:31:4814° TAPPA – Santa Rosa (Argentina) – Buenos Aires (Argentina) – 707 kmLa Dakar 2010, a nostro avviso la migliore di sempre tra le auto, si chiude con un finale memorabile: Sainz vince l’ultima tappa difendendosi dagli attacchi di Al-Attiyah e termina la gara con il minor distacco di sempre tra i primi due della classifica generale..CLASSIFICA FINALE DAKAR 2010
1 CARLOS SAINZ (SPAGNA) (VOLKSWAGEN)      47:10:00
2 NASSER AL-ATTIYAH (QATAR) (VOLKSWAGEN) + 00:02:12
3 MARK MILLER (USA) (VOLKSWAGEN)       + 00:32:51
4 STÉPHANE PETERHANSEL (FRANCIA) (BMW)     + 02:17:215 GUERLAIN CHICHERIT (FRANCIA) (BMW)      + 04:02:49
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Mauro Forghieri: una vita per la Ferrari

In una classifica dei personaggi più importanti della storia Ferrari Mauro Forghieri meriterebbe di occupare una delle prime dieci posizioni della graduatoria. Per quasi 30 anni l’ingegnere modenese è stato responsabile tecnico del reparto corse di Maranello e le auto da lui progettate hanno portato a casa ben sedici titoli Mondiali: 11 in F1 e 5 nell’endurance. Scopriamo insieme la storia del tecnico emiliano.Mauro Forghieri: la storiaMauro Forghieri nasce il 13 gennaio 1935 a Modena. Figlio di un meccanico del reparto corse Ferrari, si laurea in ingegneria meccanica nel 1959 all’Università di Bologna e poco dopo viene assunto nell’ufficio tecnico del Cavallino, all’epoca diretto da Carlo Chiti.La svolta nella carriera di Forghieri arriva nel 1961 quando Chiti lascia la Ferrari insieme a Romolo Tavoni e ad altri tecnici e progettisti per fondare la ATS. Mauro, a soli 26 anni, viene nominato responsabile tecnico del reparto corse del Cavallino (che in quegli anni è focalizzato sulla F1 e sui prototipi).Inizialmente Mauro Forghieri si occupa di motori ma col passare del tempo interviene anche su altri aspetti meccanici: è lui, ad esempio, che migliora la stabilità nei curvoni veloci della mitica 250 GTO intervenendo sul ponte posteriore.Le prime vittorieIl 1963 è l’anno in cui arrivano i primi successi per la Ferrari sotto la direzione Forghieri: il britannico John Surtees si aggiudica il GP di Germania di F1, i nostri Ludovico Scarfiotti e Lorenzo Bandini portano a casa la 24 Ore di Le Mans al volante della 250P e arriva anche il titolo Mondiale Sportprototipi.L’anno seguente Mauro Forghieri festeggia il suo primo Mondiale F1 (doppietta: Costruttori e Surtees tra i Piloti) e il secondo campionato del mondo sportprototipi. Senza dimenticare il gradino più alto del podio di Le Mans conquistato dalla 275P guidata dal francese Jean Guichet e dal nostro Nino Vaccarella.Dominio nell’enduranceLa supremazia Ferrari nella categoria endurance continua nel 1965 con il terzo campionato del mondo: la 275 P2 vince la 1000 km di Monza (con l’inglese Mike Parkes affiancato da Guichet) e la Targa Florio (Vaccarella/Bandini) mentre la 330 P2 si aggiudica la 1000 km del Nürburgring con Surtees/Scarfiotti.Il quarto Mondiale Sportprototipi per Mauro Forghieri arriva nel 1967 grazie soprattutto a Bandini e al neozelandese Chris Amon, vincitori alla 24 Ore di Daytona (gara contraddistinta da una memorabile tripletta del Cavallino) e alla 1000 km di Monza. L’anno successivo le idee dell’ingegnere modenese iniziano a dare i loro frutti anche in F1: in occasione del GP di Spagna viene montato per la prima volta su una monoposto l’alettone posteriore, una rivoluzione tecnica destinata a rivoluzionare il mondo del motorsport.Gli anni ’70Nel 1972 la Ferrari conquista il suo ultimo Mondiale Sportprototipi di sempre dominando la stagione: lo svedese Ronnie Peterson e l’australiano Tim Schenken primi alla 1000 km di Buenos Aires e alla 1000 km del  Nürburgring, lo statunitense Mario Andretti e il belga Jacky Ickx davanti a tutti alla 6 Ore di Daytona, alla 12 Ore di Sebring, alla 1000 km di Brands Hatch e alla 6 Ore di Watkins Glen, il trionfo tutto italiano di Arturo Merzario e Sandro Munari alla Targa Florio e il britannico Brian Redman insieme a Ickx sul gradino più alto del podio all’Österreichring.La crisi e la rinascitaLa crisi della Ferrari in F1 porta all’estromissione temporanea di Mauro Forghieri al termine della stagione 1972. Dopo pochi mesi – però – in seguito al fallimento della monoposto 312B3 del 1973 il tecnico emiliano ritorna al comando del reparto corse e inizia una lunga striscia di vittorie nel Circus.Nel 1975 doppio titolo (Piloti con l’austriaco Niki Lauda e Costruttori), nel 1976 Mondiale Costruttori e doppietta nel 1977 (con Lauda) e nel 1979 (con il sudafricano Jody Scheckter).Gli ultimi Mondiali e l’addio alla FerrariGli anni ’80 di Mauro Forghieri si aprono con lo sviluppo della Ferrari 126CK, una monoposto di F1 dotata di un motore 1.5 V6 turbo da 570 CV. Le evoluzioni di questo modello conquistano due Mondiali Costruttori consecutivi nel 1982 e nel 1983.Nel 1984, per via di alcuni dissidi con la dirigenza Fiat, Forghieri lascia il reparto corse Ferrari e si sposta all’ufficio ricerche per diventare nel 1986 direttore generale di Ferrari Engineering. Il suo progetto più importante è senza dubbio la 408 4RM, un prototipo realizzato in due esemplari dotato di trazione integrale.Nuove avventureNel 1987, dopo quasi di 30 anni di carriera in Ferrari, Mauro Forghieri lascia Maranello e diventa direttore tecnico di Lamborghini Engineering. Per la Casa di Sant’Agata Bolognese progetta un motore 3.5 V12 aspirato da F1 che viene adottato nel 1989 dalla Lola e l’anno successivo anche dalla Lotus.Il 1991 è l’anno in cui la Lamborghini debutta come costruttore in F1 (solo sei GP disputati senza conquistare punti) ma già nel 1992 Mauro viene chiamato dalla Bugatti per ricoprire il ruolo di direttore tecnico.Mauro Forghieri fonda nel 1995 la Oral Engineering, azienda ancora oggi attiva nella progettazione, nell’assemblaggio e nei servizi di collaudo di motori a due e a quattro tempi per i settori racing e produzione.
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Alfa Romeo 156 Sportwagon GTA (2002): emozioni familiari

L’Alfa Romeo 156 Sportwagon GTA – variante station wagon, commercializzata dal 2002 al 2006, della berlina sportiva del Biscione – è un’auto che si acquista con il cuore: solo mettendo da parte la ragione è infatti possibile apprezzare completamente una familiare (non priva di difetti) in grado di offrire prestazioni paragonabili a quelle di una supercar. Oggi analizzeremo solo la versione dotata del cambio manuale (quella che esalta maggiormente le doti di questa vettura): si trova facilmente a meno di 15.000 euro.Alfa Romeo 156 Sportwagon GTA (2002): le caratteristiche principaliL’Alfa Romeo 156 Sportwagon GTA al momento del lancio nel 2002 era una delle station wagon più cattive in commercio ma anche una delle meno versatili a causa del poco spazio a disposizione per i passeggeri posteriori e i bagagli.Incollata all’asfalto (ma meno agile nel misto stretto di quanto ci si potrebbe aspettare nonostante dimensioni esterne contenute: solo 4,43 metri di lunghezza) e caratterizzata da un consumo elevato di olio, presenta finiture abbastanza curate (meglio dentro che fuori). La dotazione di serie ha alcune lacune: niente ESP e sensori di parcheggio e fari allo xeno optional.Alfa Romeo 156 Sportwagon GTA (2002): la tecnicaL’Alfa Romeo 156 Sportwagon GTA – a trazione anteriore – ospita sotto il cofano un motore 3.2 V6 aspirato abbinato ad un cambio manuale a sei marce che regala prestazioni pazzesche: 250 km/h di velocità massima e 6,3 secondi per scattare da 0 a 100 chilometri orari. Controllate prima dell’acquisto che il propulsore – purtroppo solo Euro 3 e con una cilindrata elevata che non aiuta a risparmiare sull’assicurazione – sia stato sottoposto a regolare manutenzione.Chi è abituato alle moderne unità sovralimentate potrebbe però rimanere deluso dall’erogazione (buona ai bassi regimi ma davvero entusiasmante solo sopra i 4.000 giri). Occhio ai consumi alti: 8,1 km/l dichiarati.Alfa Romeo 156 Sportwagon GTA (2002): le quotazioniL’Alfa Romeo 156 Sportwagon GTA ha un futuro come auto d’epoca: oggi si trova facilmente e le sue quotazioni recitano 10.000 euro ma per gli esemplari ben tenuti (specialmente gli ultimi, quelli immatricolati nel 2005) vale la pena salire a quota 15.000.
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La storia del logo Renault

Il logo Renault – la losanga – non è tra gli stemmi più affascinanti del mondo automotive ma ha una storia che merita di essere raccontata. Scopriamo insieme l’evoluzione della brand identity della Casa francese fondata nel lontano 1899.La storia del logo RenaultLa storia della Renault inizia a Parigi la sera della vigilia di Natale del 1898. Louis Renault arriva nel 19° arrondissement della capitale francese alla guida della prima auto da lui creata (la “voiturette Type A”, la prima vettura di sempre equipaggiata con una trasmissione a presa diretta) e per dimostrare la validità del suo progetto si inerpica lungo la Rue Lepic, in vetta alla collina di Montmartre, e raccoglie i primi 12 ordini.Il 25 febbraio 1899 viene fondata la società Renault-Frères e compaiono i primi stemmi: il nome “Renault-Frères” sui predellini e le iniziali LR (Louis Renault) sul mozzo delle ruote.Il primo logotipoIl primo logotipo Renault arriva nel 1900 ed è un medaglione in puro stile Art Nouveau ornato da nastri con due lettere R stilizzate che compongono a loro volta una L e una M (Louis e Marcel, i fratelli Renault). Marcel scompare nel 1903 e nel 1906 – per rafforzare il simbolismo industriale – il medaglione viene rimpiazzato da un ingranaggio al cui interno è inciso il frontale della Renault vincitrice del GP di Francia di quell’anno con il pilota austro-ungarico Ferenc Szisz.Nel 1909, dopo la morte di Fernand Renault, Louis resta da solo alla guida dell’azienda e la ribattezza Societé des Automobiles Renault.La Prima Guerra Mondiale e il carro armatoIl logo più curioso della storia Renault nasce nel 1919 e adotta la sagoma di un carro armato (per ricordare il contributo decisivo del mezzo FT17, creato proprio dall’azienda francese, nella Prima Guerra Mondiale). Lo stemma non viene usato sulle auto ma in tutti i documenti di quel periodo. Tre anni più tardi la Casa transalpina cambia nome: Societé Anonyme des Usines Renault.Arriva la losangaIl 1923 è l’anno in cui arriva un nuovo logo sulle auto Renault: una griglia rotonda posizionata frontalmente con il nome Renault inscritto al centro che ha anche il compito di nascondere il clacson (come previsto dalle leggi dell’epoca). Già l’anno successivo, per adattarsi alle linee dei cofani motore a forma di diedro, lo stemma rotondo inizia ad adottare degli angoli e sulla berlina alto di gamma 40 CV Type NM appare la famosa losanga.Nel 1925 la losanga viene ufficialmente adottata dalle Renault sportive e lussuose (che nel 1929 guadagnano il suffisso Stella e un secondo logo nella parte superiore del cofano, una stella filante a cinque punte). Sei anni più tardi la stella filante rimpiazza la losanga sulle Renault Stella e Grand Sport e ci rimane fino alla Seconda Guerra Mondiale. Nel frattempo appare uno slogan celebre: “Renault, l’Automobile de France”.Dopo la guerraIl 16 gennaio 1945 la Renault viene nazionalizzata e diventa Régie Nationale des Usines Renault. Lo slogan cambia in “Plus que jamais, Renault, l’Automobile de France” (più che mai, Renault, l’automobile di Francia). L’anno successivo lo stemma diventa per la prima volta a colori (giallo su fondo nero) e presenta la dicitura “Régie Nationale”.Gli esperimenti degli anni ’50Gli anni ’50 vedono una serie di esperimenti da parte di Renault sul tema “logo”: nel 1951 compare una cartina della Francia etichettata RNUR, sulla Frégate c’è un tre alberi con le vele spiegate mentre sulla Dauphine del 1956 troviamo uno stemma “Renault – Régie Nationale” con una corona con sopra tre delfini. Le sperimentazioni finiscono nel 1959: anno in cui la losanga diventa l’unico logo Renault.I loghi spostatiCon l’arrivo della Renault 4 nel 1961 la losanga diventa più stretta (Pointe de Diamant, punta di diamante), il nome Renault è inciso in lettere più sottili e sparisce la dicitura “Régie Nationale”.Sulla Renault 8 del 1962 lo stemma viene installato sul lato destro della calandra in posizione asimmetrica (una soluzione che verrà adottata anche in altre occasioni) mentre sulla 16 del 1965 la losanga viene usata anche come decorazione laterale sui parafanghi posteriori.Il logo VasarelyNel 1972 i vertici Renault decidono di dare più forza alla losanga semplificandola al massimo, allargandola e facendo sparire il nome della Casa transalpina. Il nuovo logo viene usato sulla 15, sulla 177 e sulle prime 5 ma viene rapidamente modificato dall’artista franco-ungherese Victor Vasarely (che realizza un logo dotato di striature parallele) in quanto troppo simile ad uno stemma già registrato da un componentista.Gli anni ’90Il 1992 è l’anno in cui il “logo Vasarely” viene modificato da Jacques Paumier (JPG Design): il nuovo stemma suggerisce la qualità e la robustezza dei prodotto Renault e la nuova identità di marca è accompagnata da una nuova tipografia disegnata da Wolff Olins. Il nome Renault riappare sotto la losanga in tutta la documentazione e sulle auto lo stemma si piazza stabilmente al centro della calandra.Nel 1995 Renault entra in Borsa e nel 1999 nasce l’alleanza Renault-Nissan con l’acquisizione di Dacia e Nissan. Risale al 2000, invece, l’acquisto di Samsung Motors, diventata poi RSM.Il quadrato gialloNel 2004 la losanga viene posta in un quadrato giallo per farne spiccare il rilievo e il materiale e la nuova tipografia delle lettere del nome Renault ideata da Eric de Berranger è disposta a destra del blocco di marca. Tre anni più tardi il monogramma Renault entra nella cornice gialla collocandosi sotto la losanga, lo slogan internazionale diventa “Renault – Drive the change” mentre quello francese “Changeons de vie, changeons l’automobile”.Il presenteNel 2012 arriva un nuovo design più sensuale in casa Renault: la losanga, più grande e in posizione verticale, occupa sulla calandra uno spazio preponderante e fondamentale, contribuendo a rendere i modelli immediatamente identificabili come Renault. Il logo subisce alcuni adattamenti in funzione delle gamme: sui veicoli elettrici, ad esempio, è azzurrato.Il nuovo universo di marca introdotto nel 2015 riguarda tutti i documenti prodotti dall’azienda e le pubblicità, accompagnate da una nuova firma sonora. Logo rinnovato con un emblema dai contorni più arrotondati e calorosi, una nuova tipografia più leggera ed un nuovo slogan: “Renault – Passion for life”.
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