Category Archives: Auto Classiche
Land Rover: la storia della Casa britannica
La Land Rover è uno dei marchi più coerenti del mondo: nel corso dei suoi 65 anni di attività il marchio inglese ha infatti realizzato esclusivamente fuoristrada. Scopriamo insieme la storia della Casa britannica, la più importante in Europa tra quelle dedicate ai veicoli 4×4 e la seconda più antica del mondo tra quelle produttrici di mezzi a trazione integrale, dopo la Jeep.Land Rover: la storiaLa Land Rover nasce ufficialmente il 30 aprile 1948 quando al Salone di Amsterdam la Rover svela la Series I, un mezzo destinato ai percorsi off-road creato per contrastare il successo delle Jeep.La vettura impiega poco tempo a conquistare i clienti privati e i militari e viene aggiornata nel 1958 in occasione del lancio della Series II, rimpiazzata tre anni più tardi dalla Series IIA.La Range RoverNel 1967 la Rover entra a far parte della Leyland, che un anno più tardi si fonde con la British Motor Holdings per creare la British Leyland. Nel 1970 viene presentata la Range Rover: la prima SUV "premium" della storia ha un comportamento eccezionale in off-road ma – a differenza delle Series – se la cava egregiamente anche su asfalto.La nascita del brandGli anni Settanta si aprono con il lancio – nel 1971 – della Series III. Nel 1975 la British Leyland fallisce e viene nazionalizzata e tre anni più tardi la Land Rover – sigla utilizzata fino a quel momento solo per battezzare le fuoristrada Rover – diventa un brand a tutti gli effetti.Gli anni OttantaNel 1980 debutta la Range Rover a cinque porte mentre nel 1983 è la volta delle Ninety e delle One-Ten, evoluzioni delle Series e “mamme” della Defender. Tre anni dopo la British Leyland cambia nome in Gruppo Rover, che viene privatizzato nel 1988 ed entra a far parte – con il semplice nome Rover – della British Aerospace. Il 1989 è l’anno in cui nasce la Discovery.Il passaggio a BMWLa Land Rover entra a far parte di BMW – insieme all’intero gruppo Rover – nel 1994, in concomitanza con il debutto della seconda generazione della Range Rover. Nel 1997 viene svelata la Freelander e un anno dopo è la volta della seconda serie della Discovery.Il trasferimento a FordNel 2000 BMW vende la Casa britannica alla Ford e per il marchio inglese inizia un profondo ampliamento della gamma. Nel 2002 debutta la terza generazione della Range Rover, nel 2004 tocca alla terza evoluzione della Discovery mentre nel 2005 è la volta della Range Rover Sport che, nonostante il nome, è basata sulla piattaforma del modello presentato l’anno prima.Nel 2006 arriva la seconda serie della Land Rover Freelander mentre l’iconica Defender guadagna un motore più evoluto – un 2.4 turbodiesel – e sedili posteriori rivolti verso il senso di marcia.Il presenteIl marchio “british” viene venduto nel 2008 alla Tata e in questo decennio la gamma viene quasi completamente rivista: tra le novità più rilevanti segnaliamo la quarta serie della Discovery nel 2010, la Range Rover Evoque del 2011 e la quarta generazione della Range Rover nel 2012.

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Ferrari Pinin: in vendita l’unica Rossa a quattro porte
La Pinin – unica Ferrari a quattro porte della storia (se si escludono alcuni modelli realizzati appositamente per il Sultano del Brunei) – è una delle concept più significative della Casa di Maranello. Ora è ufficialmente in vendita ad un prezzo alla portata di ben poche tasche: 1.100.000 euro.Fino al 1992 questo prototipo statico, creato per celebrare i 50 anni di Pininfarina e svelato ufficialmente al Salone di Torino del 1980, apparteneva alla collezione del carrozziere torinese e successivamente fu venduto all’ex-pilota belga Jacques Swaters (miglior risultato in F1 un 7° posto nel GP di Germania 1953).Nel 2008 la Ferrari Pinin fu acquistata all’asta di RM Ferrari – Leggenda e Passione dal suo attuale proprietario – Gabriele Candrini (proprietario della concessionaria Autospeak di Modena) – e resa marciante grazie all’intervento dell’ingegner Mauro Forghieri (direttore tecnico del Reparto Corse del Cavallino negli anni Settanta e Ottanta) sul motore 5.0 boxer 12 cilindri da 360 CV (lo stesso della 512 BB).

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Jaguar XJ13: entrò nel mito senza mai correre
Le auto da corsa diventano mitiche quando vincono, alcune ci riescono senza mai salire sul gradino più alto del podio mentre solo una è stata capace di ottenere questa impresa senza mai gareggiare: la Jaguar XJ13.A causa di alcuni ritardi nella progettazione e ad un cambio di regolamento la sportiva britannica non potè prendere parte alla 24 Ore di Le Mans: rimase un esemplare unico, ora ammirabile presso l’Heritage Motor Centre Museum di Gaydon, nel Regno Unito. Scopriamo insieme la sua storia.Jaguar XJ13: la storiaIl progetto della Jaguar XJ13 vede la luce all’inizio degli anni Sessanta quando gli ingegneri della Casa britannica, reduce da cinque successi alla 24 Ore di Le Mans nel decennio precedente (1951, 1953, 1955, 1956 e 1957), decidono di creare un’erede della D-Type all’insaputa del fondatore dell’azienda William Lyons, contrario all’idea.La vettura – ricca di alluminio (utlizzato per il telaio e la carrozzeria) – monta un motore 5.0 V12 da 502 CV. Questa unità – la prima a dodici cilindri del marchio inglese – verrà successivamente adottata (dopo opportune modifiche per l’utilizzo sui modelli di serie) sulla coupé E-Type e sull’ammiraglia XJ.La mancata partecipazione alle gareLa costruzione della Jaguar XJ13 inizia nel 1966 ma numerosi ritardi nella progettazione impediscono alla vettura di prendere parte alla 24 Ore di Le Mans dell’anno successivo. Molti appassionati di motorsport dubitano, però, del livello di competitività di questo modello visto che in gara era presente la mostruosa Ford GT40, dotata di un possente propulsore 7.0 V8.Il cambio di regolamento del 1968, che vieta la partecipazione a vetture con motori di cilindrata superiore a 3 litri a meno che non siano state prodotte in almeno 50 esemplari, rende la sportiva “british” inutilizzabile nelle gare.Dopo le corseLa Jaguar XJ13 viene utilizzata negli anni Settanta come protagonista di spot pubblicitari per il lancio della E-Type ma durante una ripresa viene quasi distrutta in un incidente dovuto al distacco di una ruota. La vettura viene ricostruita nel 1973 con un nuovo motore, che subisce gravi danni poco dopo per via di un fuorigiri prolungato.Il propulsore originale viene quindi rimontato ma non mancano altri danni: nel 2004 durante un’operazione di scarico da un camion la XJ13 urta contro un marciapiede danneggiando il basamento del motore e il modello attualmente presente nel museo di Gaydon è frutto di un profondo restauro da parte della Casa britannica.

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Paolo Martin, il "ragazzo prodigio" del design
Paolo Martin può essere considerato uno dei maestri del design automobilistico italiano. Negli anni ’60 e ’70 ha realizzato capolavori assoluti su quattro ruote e nel corso della sua carriera si è cimentato anche con altri mezzi di trasporto (e non solo). Scopriamo insieme la sua storia.Paolo Martin: la biografiaPaolo Martin nasce il 7 maggio 1943 a Torino e a soli 17 anni inizia a lavorare presso lo studio di Giovanni Michelotti (autore, tra le altre cose, della Triumph Spitfire). Nel 1967 collabora per un anno con Bertone: realizza il frontale della Simca 1000 Coupé e la strumentazione dell’Alfa Romeo Montreal.L’esperienza alla PininfarinaNel 1967 – a soli 24 anni – viene nominato responsabile del Centro Stile Pininfarina e sotto la sua direzione nascono modelli innovativi come le concept Ferrari Sigma (1969) e Modulo (1970), le sportive Fiat 130 Coupé (1971), Lancia Beta Montecarlo (1975) e Rolls-Royce Camargue (1975) e la piccola Peugeot 104 (1972).Il passaggio alla GhiaPaolo Martin si trasferisce alla Ghia nel 1973, dove ricopre il ruolo di responsabile del Centro Stile per il Gruppo De Tomaso. In tre anni realizza molti ciclomotori della gamma Benelli e alcuni modelli Moto Guzzi.Il presenteMartin si mette in proprio nel 1976 e ancora oggi lavora come consulente per diverse Case automobilistiche, motociclistiche e nautiche.

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Winter Marathon 2014: largo alle auto degli anni ’70
Grandi novità in arrivo per la Winter Marathon: la prossima edizione della gara di regolarità di Madonna di Campiglio – in programma dal 23 al 26 gennaio 2014 – vedrà infatti ai nastri di partenza anche auto degli anni ’70.Dal prossimo anno, oltre ai veicoli a trazione anteriore e posteriore costruiti entro il 1968, l’organizzazione accetterà un massimo di 15 vetture di interesse storico prodotte entro il 1976: potremo quindi vedere sfrecciare sulle nevi delle Dolomiti vere icone dei rally come ad esempio le Fiat 124 Abarth e 131 e le Lancia Fulvia e Stratos.La Winter Marathon 2014 assegnerà anche il Trofeo APT, destinato al vincitore della prova del giovedì sera sul lago ghiacciato di Madonna di Campiglio alla quale saranno ammessi i primi 32 concorrenti iscritti. Per maggiori informazioni vi invitiamo a consultare il sito ufficiale.

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Automotoretrò 2014, le storiche in scena a Torino
Automotoretrò 2014, tradizionale appuntamento per gli appassionati del veicoli storici, si terrà dal 7 al 9 febbraio presso il Lingotto Fiere di Torino. Scopriamo insieme tutte le informazioni utili per seguire l’evento.La prossima edizione di questa manifestazione, che occuperà oltre 90.000 mq del centro fieristico piemontese, cercherà di battere i record del 2013 – 44.000 visitatori (22% in più rispetto al 2012) e 700 espositori (+ 8%) – e strizzerà per la prima volta l’occhio anche al mondo dei fuoristradisti. Da non dimenticare la rassegna Automotoracing, riservata alle corse, affiancata da Expo Tuning Torino e Piemonte Custom.In occasione di Automotoretrò 2014 la Mercedes festeggerà i 60 anni della 300 SL “Ali di gabbiano”, sarà presente una mostra dei modelli più rappresentativi Harley-Davidson e verrà inoltre esposto il modello unico di Hirsch, marchio berlinese attivo dal 1923 al 1924, caratterizzato dal telaio in frassino e dal motore ruotato di 90 gradi.Non mancheranno poi le tradizionali aree riservate al modellismo curate da Funtoys, ai settori ricambi e accessori e all’editoria specializzata. Per maggiori informazioni cliccate sul sito ufficiale.Automotoretrò 2014: informazioni utiliIndirizzo: Lingotto Fiere – Via Nizza 294 – TorinoDate: da venerdì 7 a domenica 9 febbraio 2014Orari: venerdì dalle 10 alle 19; sabato e domenica dalle 9 alle 19Biglietti: intero 10 euro, ridotto 8 euro, gratis per i ragazzi sotto i 12 anni. L’abbonamento per due giorni costa 16 euro, quello per tre giorni 24 euro.

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OM 665 "Superba": la prima vincitrice della Mille Miglia
Per la maggioranza degli italiani – almeno per quelli nati entro la prima metà degli anni Ottanta – il marchio OM, scomparso ufficialmente nel 1975, è associato ai veicoli commerciali. Non tutti sanno, però, che prima della Seconda Guerra Mondiale e prima del passaggio nel Gruppo Fiat la Casa lombarda realizzava automobili. La più nota è la 665 “Superba”, la prima vincitrice della Mille Miglia.OM 665 “Superba”: la storia sportivaLa OM 665 “Superba”, svelata nel 1923, deve il suo nome ai sei cilindri del motore (un 2.0 a valvole laterali da 40 CV) e ai 65 mm dell’alesaggio. Dopo pochi mesi debutta una più cattiva variante con due carburatori da 60 CV che raggiunge una velocità massima di 120 km/h.Le prime vittorieIl primo successo della 665 arriva nel 1924 alla Coppa Montenero con Renato Balestrero. Il pilota toscano si aggiudica l’anno seguente il GP di Tripoli.La Mille MigliaLa OM 665 “Superba” ottiene il successo più importante il 27 marzo 1927 quando monopolizza il podio della prima edizione della Mille Miglia: sul gradino più alto salgono Ferdinando Minoia e Giuseppe Morandi. Nello stesso anno arriva anche la vittoria nella Coppa della Sila con Archimede Rosa.L’evoluzioneIn occasione della Mille Miglia del 1928 viene realizzata la variante SMM dotata di più cavalli e di un passo più corto di un centimetro. Arriva il successo nella classe 2 litri ma non quello assoluto. L’anno successivo la vettura si aggiudica quattro corse minori con Rosa (Giro di Sicilia e Coppa di Crollalanza) e Morandi (Coppa Messina e Circuito Tre Province).Gli anni TrentaNegli anni Trenta la OM 665 “Superba” guadagna un propulsore dalla cubatura maggiorata (da 2.0 a 2.2) con 65 CV e conquista con Rosa altri due Giri di Sicilia (1930 e 1931) e il Giro di Sorrento con Vincenzo Azzone. La versione SSMM dotata di un compressore (80 CV e 150 km/h di velocità massima) prende parte a numerose gare in Europa senza però brillare.

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