Category Archives: Auto Classiche
Il lato oscuro di Louis Renault
Louis Renault ha fondato la Casa automobilistica che ancora oggi porta il suo nome. L’imprenditore francese è stato molto legato alla sua azienda e pur di conservarla ha accettato compromessi – come la collaborazione con i nazisti – che altri uomini d’affari dell’epoca hanno rifiutato. Scopriamo insieme la sua storia.Louis Renault: la biografiaLouis Renault nasce il 12 febbraio 1877 a Parigi (Francia). Ultimo di cinque figli di un agiato commerciante di tessuti, si appassiona da bambino al mondo della meccanica ed è attratto in particolare dai treni.Dopo aver abbandonato la scuola nell’adolescenza per concentrarsi sulle invenzioni, viene assunto dal padre nell’azienda di famiglia come manutentore di macchinari per la produzione di bottoni ma dopo poco tempo lascia la società per lavorare come apprendista da Léon Serpollet, specializzato nella costruzione di veicoli alimentati da un motore a vapore.La prima automobileLouis Renault realizza la sua prima automobile nel 1898: la Voiturette, questo il nome del veicolo, non è altro che un triciclo De Dion-Bouton modificato in modo da accogliere una quarta ruota, un cambio con retromarcia e una trasmissione a cardano.La vettura ottiene un successo incredibile e questo porta, l’anno seguente, alla fondazione della Renault da parte di Louis e dei suoi fratelli maggiori Marcel e Fernand.Motori fatti in casaAll’inizio del XX secolo Louis Renault decide di realizzare anche motori (prima montava propulsori De Dion-Bouton). La sua azienda continua a crescere ma non mancano i problemi: nel 1903 durante una corsa perde la vita il fratello Marcel e nel 1904 – per concentrarsi esclusivamente sulla Renault – vende l’azienda tessile di famiglia.La solitudineNel 1909, in seguito alla morte del fratello Fernand, si ritrova da solo a gestire la società. L’anno seguente si reca negli USA per studiare il metodo produttivo di Henry Ford ma non riesce a concepire, a differenza di altri costruttori dell’epoca, l’idea di un’automobile per tutti. Per Louis i veicoli a quattro ruote devono rimanere oggetti elitari.La Prima Guerra MondialeDurante la Prima Guerra Mondiale Louis Renault – contrario al conflitto – si ritrova costretto dal governo francese a realizzare ambulanze, armi e carri armati. Per quanto riguarda quest’ultima categoria di mezzi è impossibile non citare l’innovativo FT-17, il primo veicolo corazzato dotato di torretta girevole di 360°.Il primo dopoguerraGli anni Venti per Louis sono caratterizzati da due buone notizie – la nascita dell’unico figlio Jean-Louis nel 1920 e la costruzione dello stabilimento sull’Île Seguin – ma anche da numerosi problemi in azienda dovuti alla scelta – tutt’altro che meritocratica – di “piazzare” parenti ai vertici dell’azienda unita al continuo rifiuto di produrre vetture senza preoccuparsi della riduzione dei costi.Gli anni Trenta e QuarantaNonostante i gravi problemi di salute Louis Renault continua a dedicarsi anima e corpo alla sua società e stringe legami un po’ troppo stretti con i regimi fascisti e nazisti. In occasione dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale Louis parte per gli USA con l’obiettivo di trovare soluzioni per velocizzare la produzione di mezzi da destinare all’esercito francese ma al suo ritorno scopre che la sua fabbrica è stata presidiata da truppe della Wehrmacht.Dopo una trattativa con i tedeschi per riprendersi l’azienda, ottiene di poter gestire la produzione e fornisce veicoli all’esercito nazista.Il secondo dopoguerraIn seguito alla liberazione della Francia Louis Renault viene arrestato il 23 settembre 1944 con l’accusa di collaborazionismo. Durante il periodo di carcerazione, trascorso in condizioni di salute precarie, subisce violenze. La sua morte avviene a Parigi il 24 ottobre 1944.

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Vincenzo Lancia, creatore di un mito
L’automobilismo italiano deve molto a Vincenzo Lancia: senza il fondatore della Casa che ancora oggi porta il suo nome molte cose, nel mondo delle quattro ruote del Bel Paese, sarebbero diverse. Forse peggiori. Scopriamo insieme la storia di quest’uomo, amante della vita e dei motori.Vincenzo Lancia: la biografiaVincenzo Lancia nasce il 24 agosto 1881 a Fobello (Vercelli). Ultimo di quattro figli di una famiglia facoltosa attiva nel settore dei cibi in scatola, inizia fin da giovane ad appassionarsi al mondo delle automobili.I primi lavoriAlla fine del XIX secolo trova lavoro come ragioniere e meccanico presso Giovanni Battista Ceirano: dopo che l’officina dell’imprenditore cuneese viene acquisita dalla Fiat Vincenzo trova un posto come collaudatore – a soli 18 anni – per la neonata Casa torinese.Da collaudatore a pilotaLe doti di guida di Vincenzo Lancia emergono immediatamente: nel 1902 – con la vittoria alla Sassi-Superga – porta alla Fiat il primo successo in gara ma col passare del tempo si rivela un guidatore tanto veloce quanto soggetto ad errori.La fondazione della LanciaNel 1906, a soli 25 anni, Vincenzo fonda – insieme all’amico Claudio Fogolin – la Lancia. La prima vettura costruita da questo marchio – la Alfa del 1907 – mostra già numerose innovazioni tecniche come l’assale anteriore realizzato in acciaio scatolato per risparmiare peso.Gli anni Venti e TrentaNel periodo a cavallo tra le due guerre le vetture realizzate da Vincenzo Lancia seducono i clienti facoltosi, attratti dall’elevata tecnologia presente a bordo. I due esempi più noti sono la Lambda del 1922 (la prima di sempre dotata di scocca portante) e la Aprilia del 1937, una delle auto più aerodinamiche di quel periodo. Vincenzo muore il 15 febbraio 1937 a Torino, pochi giorni prima del lancio di quest’ultimo veicolo.

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Dalla Juvaquatre alla Fluence: storia delle compatte Renault sorelle della Mégane
La storia delle compatte Renault non si limita alla Mégane (la cui evoluzione è stata raccontata due anni fa). Dagli anni Trenta la Casa francese ha saputo conquistare i clienti europei con una serie di proposte interessanti. Nel listino attuale troviamo la Fluence Z.E. elettrica, presentata al Salone di Francoforte 2009: nel nostro Paese la variante con la coda della “segmento C” della Régie è disponibile esclusivamente con un motore ad emissioni zero da 95 CV. Scopriamo insieme le sue antenate.Renault Juvaquatre (1937)La Renault Juvaquatre, prima compatta moderna del marchio transalpino, viene presentata al Salone di Parigi del 1937. Disponibile inizialmente solo nella variante a due porte, viene affiancata in seguito da una versione furgonata, da una a quattro porte, da una coupé e da una station wagon.Il motore al lancio è un 1.0 quattro cilindri a benzina da 23 CV mentre la familiare adotta la stessa unità 750 della 4CV. Nel 1956 è invece la volta del propulsore 850 da 26 CV della Dauphine.Renault 4CV (1947)La 4CV del 1947 – svelata a Parigi nel 1946 – è una delle auto più rilevanti della storia Renault, la prima vettura francese ad essere venduta in oltre un milione di esemplari. Disponibile solo a quattro porte (quelle anteriori con apertura controvento), monta un motore (montato posteriormente) da 760 cc e 17 CV.Nel 1948 debuttano le versioni Décapotable (con tetto apribile in tela) e Commerciale (destinata al trasporto merci) e i vetri posteriori scorrevoli e nel 1950 – in concomitanza con l’arrivo del nuovo motore 750 da 18 CV – è la volta dei gruppi ottici posteriori più ampi.Renault Dauphine (1956)L’erede della 4CV, la Renault Dauphine (presentata al Salone di Ginevra del 1956), si differenzia dall’antenata per l’abitabilità migliorata e per il motore – 850 a quattro cilindri da 27 CV (36 per la versione sportiva Gordini, introdotta due anni più tardi) – più vivace.Poco affidabile e piena di problemi riguardanti la ruggine, conquista svariati successi sportivi tra cui il Rally di Monte Carlo del 1958 con Guy Monraisse. Nel 1961 viene svelata la versione lussuosa Ondine e l’anno successivo tocca all’allestimento 1093.Renault 8 (1962)La Renault 8 del 1962 rappresenta un grosso passo in avanti rispetto alla Dauphine: monta un pianale più evoluto impreziosito dalla presenza di ben quattro freni a disco e un motore (sempre posteriore, come la trazione) 1.0 da 44 CV con testata in alluminio.Comoda nei lunghi viaggi ma penalizzata da un bagagliaio anteriore non troppo capiente, ha una gamma che viene ampliata nel 1964 con l’arrivo della Major, dotata di un propulsore 1.1 da 50 CV. Nello stesso anno tocca alla “cattiva” Gordini da 90 CV (capace di vincere per tre volte consecutive, tra il 1964 e il 1966, il Tour de Corse), rimpiazzata nel 1967 da un 1.250 da ben 101 CV. Nel 1968 è la volta della S, con un 1.1 da 60 CV e simile nello stile alla Gordini.Renault 10 (1965)La Renault 10 non è altro che una versione ingrandita della 8, contraddistinta da finiture più curate, da un bagagliaio più ampio e da un motore – 1.1 da 50 CV – più brioso di quello montato dalla 8 “entry-level”. Il restyling del 1967 porta un frontale meno originale mentre la versione Major – introdotta due anni più tardi – ospita sotto il cofano lo stesso 1.3 da 52 CV della sorella maggiore 12.Renault 6 (1968)La 6, nel 1968, rivoluziona il segmento delle compatte Renault: dotata di trazione (e motore) anteriore e costruita sullo stesso pianale della sorella minore 4, offre un elevato livello di versatilità. Il propulsore è un 850 da 38 CV, che viene affiancato nel 1970 dal 1.1 della 8. Il restyling del 1974 porta un frontale più moderno.Renault 14 (1976)Pur essendo nata nel 1976 la Renault 14 sembra un’auto degli anni ’80: merito di un design moderno non molto capito all’epoca. Il motore al lancio è un 1.2 da 58 CV.Nel 1978 debutta la versione TS da 69 CV e nello stesso anno – in concomitanza con un restyling che porta qualche leggera modifica al frontale – arriva un 1.4 da 70 CV, affiancato nel 1982 da un’unità di pari cilindrata da 60 CV.Renault 9 (1981)Con la Renault 9 – compatta a tre volumi svelata al Salone di Francoforte del 1981 e nominata Auto dell’Anno nel 1982 – la Casa francese punta a conquistare il mondo con un modello venduto anche negli USA. Contraddistinta da un design poco originale ma anche da una buona abitabilità e da un bagagliaio ampio, è la prima auto nella storia della Régie a montare il motore in posizione trasversale.La gamma motori al lancio comprende tre unità a benzina: un 1.1 da 48 CV e un 1.4 da 60 e 72 CV. Poco dopo debutta un 1.6 diesel da 55 CV mentre nel 1984 è la volta di un 1.7 a benzina da 82 CV. Il restyling del 1985 porta un frontale rinnovato (con gruppi ottici sdoppiati), la versione Turbo (1.4 da 105 CV) e l’aumento di potenza – da 60 a 68 CV – del 1.4 aspirato “base”.La Renault 9 beneficia di un ulteriore lifting nel 1986 (macherina liscia, paraurti rivisti e plancia ridisegnata): il propulsore 1.2 da 55 CV rimpiazza il 1.1, il 1.7 passa da 82 a 90 CV e la potenza della Turbo sale fino a 115 CV.Renault 11 (1983)La versione con portellone della 9, disponibile a tre e a cinque porte, debutta due anni più tardi rispetto alla sorella con la coda e presenta già i gruppi ottici anteriori sdoppiati. Il design è più originale (nella zona posteriore spicca un ampio lunotto) e la plancia ha uno stile più moderno.I motori della Renault 11 al lancio sono gli stessi della 9: 1.1 da 48 CV e 1.4 da 60 e 72 CV mentre pochi mesi dopo il debutto arriva un 1.7 da 82 CV. Nel 1984 è la volta della 1.6 diesel da 55 CV e della Turbo (1.4 da 105 CV) e risale al 1985 il restyling (mascherina piatta e interni rivisti): motore 1.4 da 68 CV che rimpiazza le precedenti unità da 60 e 72 CV, 1.7 salito a 90 CV e 1.4 Turbo portato a 115 CV.Renault 19 (1988)L’ultima compatta realizzata dalla Régie prima del lancio della Mégane punta tutto sulla qualità e ci riesce talmente bene da risultare alla fine degli anni Ottanta la straniera più venduta in Germania. La gamma motori al lancio di questa vettura, disponibile inizialmente a tre e a cinque porte, comprende tre unità a benzina (1.2 da 55 CV, 1.4 da 80 CV e 1.7 da 90 CV) e un 1.9 diesel da 64 CV.Nel 1989 debutta la versione a tre volumi della Renault 19 – denominata Chamade – e nello stesso anno arriva il 1.7 catalizzato da 93 CV. La sportiva 16V – dotata di un 1.8 da 140 CV – risale al 1990 mentre nel 1991 tocca alla scoperta Cabriolet.Il restyling del 1992 porta un frontale più aggressivo, una coda impreziosita dai gruppi ottici collegati tra loro da un elemento in plastica e parecchie novità ai motori. Entra in listino un 1.9 turbodiesel da 90 CV, i 1.7 vengono rimpiazzati da un 1.8 da 93 e 110 CV e si registrano un paio di cali di potenza dovuti alla presenza della marmitta catalitica: il 1.2 da 60 a 58 CV e la 16V da 140 a 137 CV.

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Fiat Punto, la storia della piccola torinese
La Fiat Punto, la piccola più venduta in Italia, è diventata maggiorenne. La nuova generazione è stata infatti presentata in occasione dei 18 anni di carriera e arriverà sul mercato nel 2012. Ha uno stile più riuscito della Evo e più legato alla Grande Punto e ha una gamma motori che comprende cinque unità a benzina (1.2 da 69 CV, 1.4 da 77, 105 e 135 CV e l’inedito 0.9 da 85 CV), un 1.4 da 77 CV a GPL e a metano e quattro turbodiesel Mjt (1.3 da 75, 85 e 95 CV e un 1.6 da 120 CV).La "segmento B" torinese ha attraversato quasi vent’anni di storia ottenendo numerosi successi di critica e pubblico: scopriamo insieme la sua evoluzione.Prima Generazione (1993)La sostituta della mitica Uno viene presentata al Salone di Francoforte del 1993 e diventa Auto dell’Anno nel 1995. Ha un design firmato Giugiaro e possiede contenuti tecnici di buon livello. Ha una gamma motori da 1,1 a 1,7 litri da 54 a 136 CV e tante versioni interessanti: la Sporting (prima con un 1.6 da 88 CV, poi con un 1.2 da 85 CV), la GT (1.4 turbo da 136 CV), la 6Speed con cambio a sei marce e la Selecta, con una trasmissione automatica CVT.Nel 1994 arriva la Cabriolet, realizzata da Bertone e dotata di una capote elettrica in tela, mentre nel 1997 è la volta di un leggero restyling (nuove tinte e interni più eleganti).Seconda generazione (1999)Viene presentata nel 1999, in occasione del centenario della Casa torinese: è la prima piccola a conquistare quattro stelle nei crash test Euro NCAP e la prima a montare un propulsore turbodiesel common rail. Sul cofano ha un inedito logo Fiat circolare blu mentre sotto accoglie motori da 1,2 a 1,9 litri.Seconda generazione: il restyling (2003)Nel 2003 la Punto si presenta con una nuovo frontale, caratterizzato dalla mascherina inedita e dai fendinebbia separati dai gruppi ottici anteriori. La gamma motori si arricchisce di due unità – un 1.4 a benzina da 95 CV e un 1.3 turbodiesel da 69 CV – e debuttano le versioni Natural Power a metano e il sistema Multijet per i propulsori a gasolio.Nonostante l’arrivo della Grande Punto nel 2005 rimane in commercio per altri cinque anni: nel 2007 cambia nome in Punto Classic e si presenta con una nuova mascherina argentata e il logo Fiat rosso, nel 2009 tocca alla versione a GPL.Grande Punto (2005)Una delle piccole più belle della storia (non a caso l’ha disegnata Giugiaro), la prima a superare i quattro metri di lunghezza: presentata al Salone di Francoforte del 2005 ha un frontale ispirato nientepopodimeno che alle Maserati e un pianale condiviso con la Opel Corsa.Motori da 1,2 a 1,9 litri da 65 CV a 180 CV, varianti a GPL e a metano e una sportivissima Abarth con un 1.4 da 155 CV e diversi kit di elaborazione che possono portare la potenza fino a 180 CV. È ancora oggi in listino, nonostante la presenza della Punto Evo.Punto Evo (2009)Anche lei, come la maggior parte delle sue antenate, viene presentata al Salone di Francoforte, quello del 2009. Si tratta di un profondo restyling, poco apprezzato, della Grande Punto: ha un frontale molto elaborato e gruppi ottici posteriori a LED.La gamma motori – che accoglie versioni a GPL e a metano – comprende unità da 1,2 a 1,6 litri da 65 a 165 CV. La più potente, la Abarth, viene mostrata al Salone di Ginevra del 2010.

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Come eravamo: le auto più guidate trent’anni fa
Trent’anni fa – nel 1984 – non eravamo molto diversi da oggi: ridevamo con le commedie nostrane e ascoltavamo prevalentemente rock italiano. Anche le auto più guidate provenivano dalla nostra penisola, anche se all’epoca le vetture straniere erano decisamente meno.Di seguito troverete la classifica delle dieci automobili più vendute del 1984 nel nostro Paese: modelli soprattutto italiani appartenenti principalmente ai segmenti delle piccole (categoria che ai giorni nostri ha assunto un ruolo ancora più importante nelle immatricolazioni) e delle compatte. Scopriamo insieme le loro caratteristiche.1° Fiat Uno 331.050Ha rivoluzionato il segmento delle piccole offrendo – grazie alla carrozzeria maggiormente sviluppata in altezza – più versatilità rispetto alle rivali. Nominata Auto dell’Anno proprio nel 1984, era disponibile a tre e a cinque porte con tre motori a benzina (0.9 da 45 CV, 1.1 da 55 CV e 1.3 da 70 CV) e un 1.3 diesel da 45 CV.2° Fiat Panda 126.650All’epoca era la citycar più pratica in circolazione grazie alle forme esterne razionali e ad un abitacolo addirittura sfruttabile come letto che sfruttava le numerose possibilità di configurazione dei sedili. Tre i motori disponibili trent’anni fa, tutti a benzina: 650 da 30 CV, 0.9 da 45 CV e – solo per la 4×4 a trazione integrale – 1.0 da 48 CV.3° Fiat Regata 110.700Oggi chi ha bisogno di spazio si rivolge alle monovolume, negli anni ’80 si puntava invece sulle berline medie. Contraddistinta da un design poco originale ma anche da un abitacolo particolarmente ampio, era disponibile in due varianti di carrozzeria: quattro porte e station wagon Weekend. La gamma motori nel 1984, decisamente ricca, comprendeva quattro unità a benzina (1.3 da 65 e 68 CV, 1.5 da 82 CV e 1.6 da 100 CV) e due a gasolio (1.7 da 58 CV e 1.9 da 65 CV).4° Fiat Ritmo 110.550La seconda generazione della compatta torinese rappresentava un netto passo in avanti rispetto all’antenata, più originale nelle forme ma meno curata sotto certi aspetti. La maggior parte dei clienti optava per le unità a benzina 1.1 da 55 CV e 1.3 da 68 CV e per il 1.7 diesel da 58 CV mentre gli amanti della sportività avevano ben due possibilità di scelta: la 105 TC (1.6 da 105 CV) e la Abarth 130 TC (2.0 da 130 CV).5° Autobianchi A112 67.500La mamma di tutte le citycar chic, pur essendo vicina alla pensione, conquistava ancora il pubblico: merito delle dimensioni esterne contenute unite ad un abitacolo elegante che strizzava l’occhio al pubblico femminile. Le donne generalmente erano indecise tra due motori – lo 0.9 da 42 CV e il 1.0 da 48 CV – mentre i maschietti si orientavano verso la Abarth, dotata di un 1.050 da 70 CV.6° Volkswagen Golf 59.600Nel 1984 era la straniera più amata dagli italiani e anche oggi mantiene il primato in classifica. La seconda generazione della compatta tedesca – acquistata all’epoca dagli automobilisti delusi dalle vetture del Bel Paese – era disponibile con una gamma motori ricchissima: quattro unità a benzina (1.050 da 45 CV, 1.3 da 55 CV, 1.6 da 75 CV e 1.8 da 90 CV) e due 1.6 a gasolio (aspirato da 54 CV e turbo – GTD – da 70 CV). La sportiva GTI montava un 1.8 da 112 CV e chi voleva viaggiare con il vento tra i capelli poteva optare per la Cabrio, basata però sulla prima serie.7° Alfa Romeo 33 50.700La compatta del Biscione, ambita dagli amanti delle prestazioni e disponibile nelle varianti berlina e station wagon (Giardinetta) a trazione anteriore o integrale, offriva un piacere di guida impossibile da trovare nelle rivali. Merito di motori boxer a benzina estremamente potenti – 1.3 da 79 e 86 CV e 1.5 da 85, 95 e 105 CV – e di soluzioni tecniche ricercate come il parallelogramma di Watt, che garantisce una maggiore stabilità del retrotreno.8° Lancia Prisma 46.900La versione a tre volumi della Delta era acquistata soprattutto dai padri di famiglia che cercavano qualcosa in più della Fiat Regata. Caratterizzata da un design elegante e da interni curati, aveva una gamma motori composta da tre propulsori a benzina (1.3 da 78 CV, 1.5 da 85 CV e 1.6 da 105 CV) e da un 1.9 diesel da 65 CV.9° Renault 5 44.050Nel 1984 erano presenti in listino entrambe le generazioni: la vecchia – denominata Le Car e dotata di un 950 da 44 CV e di un 1.1 da 45 CV – e la nuova, chiamata Supercinque. Quest’ultima montava tre propulsori: 950 da 41 CV, 1.1 da 47 CV e 1.4 da 71 CV.10° Ford Fiesta 37.100Più aerodinamica rispetto alla prima generazione ma tecnicamente simile, aveva motori in grado di soddisfare qualsiasi esigenza: tre unità a benzina “normali” (1.0 da 45 CV, 1.1 da 50 CV e 1.3 da 68 CV), un 1.6 diesel da 54 CV per risparmiare e la cattivissima XR2, con un 1.6 da 94 CV.

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LC2: l’ultima Lancia da pista
La LC2 è l’ultima Lancia ad aver gareggiato in pista: negli anni ’80 questo prototipo tentò senza successo di contrastare il dominio Porsche nel Mondiale Sportprototipi e non ci riuscì soprattutto per problemi di affidabilità. Scopriamo insieme la sua storia.Lancia LC2: la storiaIl progetto della Lancia LC2 – erede della LC1 – nasce nel 1982 per rispettare il nuovo regolamento tecnico Gruppo C. Si tratta di una berlinetta chiusa biposto con carrozzeria in materiali compositi (fibra di carbonio e Kevlar) montata su un telaio monoscocca – realizzato da Dallara – in avional con centine di rinforzo in magnesio. Da non sottovalutare, inoltre, il roll-bar in titanio con pannelli in honeycomb.Il motore – realizzato completamente dalla Ferrari – è un 2.6 V8 con due turbocompressori KKK in grado di generare potenze comprese tra 520 e 650 CV, il parabrezza avvolgente presenta resistenze elettriche incorporate nel vetro per ridurre il rischio di appannamento mentre la pedaliera è posizionata dietro l’asse delle ruote anteriori per garantire maggiore protezione alle gambe del pilota.1983La prima stagione iridata della Lancia LC2 non è delle migliori: la Porsche è imbattibile e la Casa torinese – che deve fare i conti con un propulsore meno potente di quello adottato dai rivali di Zuffenhausen e, soprattutto, con un’affidabilità precaria – deve accontentarsi del secondo posto tra i Costruttori. Il miglior piazzamento è il secondo posto ottenuto da Riccardo Patrese e Alessandro Nannini a Kyalami.1984Tante le modifiche apportate alla vettura: la potenza sale fino a 670 CV e debuttano un nuovo cambio Abarth che rimpiazza la trasmissione Hewland troppo soggetta a rotture, un cofano anteriore che migliora la deportanza e pneumatici più larghi. I cambiamenti al regolamento portano inoltre ad una riduzione dei materiali leggeri: numerose componenti precedentemente realizzate in titanio e magnesio vengono costruite in alluminio e acciaio.Nel corso della stagione – nella quale viene anche utilizzato un nuovo motore 3.0 V8 da 720 CV – i guasti sulla Lancia LC2 continuano a verificarsi. La sfortuna sparisce solo nell’ultima gara – sempre a Kyalami – quando arriva una doppietta: primi Patrese e Nannini, secondi il francese Bob Wollek e Paolo Barilla.1985Dopo due anni di delusioni la Casa torinese punta al titolo iridato con un motore rivisto meno assetato di quello Porsche, una carrozzeria più larga e nuovi pneumatici Michelin.La situazione, però, non migliora: l’unica (nonché ultima) vittoria della Lancia LC2 arriva a Spa con Mauro Baldi, Wollek e Patrese.1986Nell’ultima stagione Mondiale la LC2 partecipa solo ad un paio di gare, affrontate con un propulsore più potente (760 CV) e in grado di consumare meno grazie al sistema di iniezione enettronica rivisto.L’ultima apparizione di una Lancia “ufficiale” in pista risale al 20 luglio 1986 a Brands Hatch.

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GP del Valentino: quattro giorni di passione per le auto a Torino
Dall’11 al 14 giugno 2015 Torino sarà nuovamente protagonista del panorama italiano delle quattro ruote con il Gran Premio dell’Automobile Parco del Valentino. L’evento – patrocinato dalla Regione Piemonte, dalla provincia di Torino e dalle città di Torino e di Venaria Reale – non sarà un Salone “tradizionale” ma un omaggio al passato, al presente e al futuro dei motori.Il nome Gran Premio non è legato al mondo delle corse (anche se nel parco del capoluogo piemontese si tenne una gara molto importante tra il 1935 e il 1955) ma al significato di corsa all’evoluzione dell’auto. Un festival all’aperto che sarà tutto fuorché statico.Il Gran Premio dell’Automobile Parco del Valentino coinvolgerà infatti tutta Torino: nelle location più importanti della città sabauda (Piazza San Carlo, Piazza Vittorio, Piazza Castello, Via Roma, Via Po, Giardini Reali e Basilica di Superga) e di Venaria Reale (la Reggia) sarà possibile ammirare modelli di serie, concept e – soprattutto – auto d’epoca.Le “storiche” saranno presumibilmente le protagoniste assolute di questo evento, nato per celebrare la tradizione automobilistica di una città come Torino che vuole tornare ad essere la capitale italiana del motorismo.

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Mazda, la storia della Casa giapponese
Nel corso dei suoi oltre 90 anni di storia la Mazda ha saputo ritagliarsi un ruolo importante nel panorama automobilistico mondiale. Merito di vetture dal design seducente e, soprattutto, di soluzioni tecnologiche raramente riscontrabili in prodotti della concorrenza. Scopriamo insieme la storia della Casa giapponese, l’unico marchio asiatico ad aver vinto la prestigiosa 24 Ore di Le Mans.Mazda, la storiaLa storia della Mazda inizia nel 1920, quando Jujiro Matsuda crea la Toyo Cork Kogyo Co., azienda specializzata nella lavorazione del sughero. Il nome Mazda – simile al cognome del fondatore e ispirato anche ad Ahura Mazda, divinità zoroastriana – vede la luce nel 1931 ma viene utilizzato fino al 1984 solo per battezzare i modelli e non l’intero brand.Il debutto con le autoLa società nipponica, in crisi economica, decide all’inizio degli anni Trenta di puntare su altro e realizza la Mazda-Go, una specie di moto a tre ruote dotata di un motore monocilindrico.Durante la Seconda Guerra Mondiale la Mazda produce armi per l’esercito giapponese: la bomba atomica su Hiroshima (ancora oggi sede della Casa nipponica) non causa gravi danni all’impianto.Il motore rotativoAlla fine degli anni Cinquanta il marchio di Hiroshima decide di puntare sul motore Wankel, un propulsore rotativo (niente pistoni, rimpiazzati da un rotore) più compatto di quelli tradizionali e in grado di girare a regimi più elevati.La dirigenza Mazda acquista i diritti di realizzazione di questa particolare unità e la monta su numerose vetture: la prima è la coupé Cosmo Sport del 1967.La crisi petroliferaCon la crisi petrolifera del 1973 gli automobilisti iniziano a snobbare il motore Wankel, troppo assetato di carburante. La Casa nipponica decide quindi di utilizzare esclusivamente propulsori tradizionali sulle vetture “normali” e di mantenere l’unità rotativa solo sulle sportive, come ad esempio la RX-7 del 1978.La partnership con FordNel 1979 la Ford acquista il 7% delle azioni Mazda e nel decennio successivo questa partnership si intensifica ancora di più. Vengono realizzati numerosi modelli in comune, destinati soprattutto al mercato nordamericano.La MX-5La spider MX-5 – presentata nel 1989 – è la vettura più famosa del marchio giapponese, nonché la roadster più venduta di tutti i tempi. Nata in un periodo di “magra” per le scoperte a trazione posteriore, conquista immediatamente gli automobilisti di tutto il mondo: merito dello stile moderno e dell’elevato piacere di guida che è in grado di offrire.Gli anni NovantaGli anni Novanta si aprono alla grande per Mazda, che grazie alla 787B dotata di motore Wankel – e guidata da un equipaggio composto dal tedesco Volker Weidler, dal britannico Johnny Herbert e dal belga Bertrand Gachot – diventa nel 1991 la prima (e per il momento unica) Casa asiatica ad aggiudicarsi la prestigiosa 24 Ore di Le Mans.Nonostante la crisi economica, che porta la Ford – nel 1996 – a controllare il 33,4% delle azioni del marchio nipponico, la Casa giapponese continua a proporre soluzioni tecnologiche innovative: l’ammiraglia Xedos 9 del 1996 è la prima vettura al mondo dotata di motore a ciclo Miller (più efficiente rispetto al ciclo Otto).Il XXI secolo e il designNel XXI secolo la Mazda inizia a concentrarsi sul design: nel 2002 la prima generazione della berlina Mazda6 conquista per le sue forme sexy ma la vera svolta arriva l’anno successivo con la coupé RX-8. Dotata di motore Wankel e contraddistinta dalla presenza di quattro porte (quelle posteriori piccole e con apertura controvento), si rivela una delle proposte che meglio simboleggiano l’unione tra originalità stilistica e innovazione.Dal 2008 – cioè da quando la Ford ha ceduto quasi tutte le azioni della Casa giapponese – il brand del Sol Levante è tornato ad essere indipendente.

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Talbot Lago SS Coupé (1937): un’opera d’arte
La Talbot Lago SS Coupé del 1937 è una delle automobili più belle di sempre. Protagonista dei concorsi d’eleganza e acquistabile ormai solo nelle aste (a prezzi che superano il milione di euro, altro che i 150.000 riportati dalle quotazioni del settore), può vantare anche un terzo posto alla 24 Ore di Le Mans del 1938 ottenuto dal driver francese Jean Prenant.Talbot Lago SS Coupé (1937): le caratteristiche principaliLa Talbot Lago SS Coupé nasce nel 1937 per conquistare gli automobilisti amanti delle prestazioni: il passo estremamente corto (2,65 metri) garantisce una certa agilità nelle curve, le sospensioni anteriori a ruote indipendenti contribuiscono a migliorare il comfort mentre i freni potentissimi offrono spazi d’arresto contenuti.Un telaio raffinato su cui si cimentano numerosi carrozzieri: le realizzazioni più note sono quelle dell’atelier francese Figoni et Falaschi. Le vetture passate sotto le sue cure sono oggi quelle che valgono di più.La tecnicaIl motore della Talbot Lago SS Coupé del 1937 è un 4.0 a sei cilindri in linea con tre carburatori in grado di generare una potenza di 165 CV e di far raggiungere alla sportiva francese la velocità massima di 185 km/h.Le quotazioniLe quotazioni ufficiali recitano 150.000 euro ma nel mondo reale è impossibile trovare questa vettura a meno di un milione di euro (soprattutto gli esemplari “carrozzati” da nomi prestigiosi). Il modo migliore per rintracciare qualche esemplare è rivolgersi alle aste.

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Space Wagon e Grandis, la storia delle grandi monovolume Mitsubishi
Non tutti sanno che nel secolo scorso la Mitsubishi era un’istituzione nel segmento delle monovolume: la Casa giapponese aveva nel proprio listino numerosi modelli appartenenti a questa categoria, molto apprezzati dal pubblico e dalla critica. Oggi vi mostreremo la storia ultratrentennale di quelle più spaziose.Mitsubishi Space Wagon prima generazione (1983)La prima generazione della Mitsubishi Space Wagon, svelata nel 1983 e ispirata nelle linee alla concept SSW mostrata al Salone di Tokyo del 1979, ospita sette passeggeri in meno di quattro metri e mezzo di lunghezza e ha una gamma motori composta da unità benzina e turbodiesel da 1,6 a 2 litri. Un anno dopo il lancio debutta la più versatile versione a trazione integrale.Mitsubishi Space Wagon seconda generazione (1991)La seconda serie del 1991 è più grande di quella precedente (la lunghezza supera i quattro metri e mezzo) e si distingue per un design più originale e più arrotondato. Disponibile a trazione anteriore o integrale, monta due motori a benzina (2.0 e 2.4) e un 1.9 turbodiesel.Dal 1999 al 2001 la seconda generazione della Mitsubishi Space Wagon viene venduta con il marchio Hyundai, che decide di ribattezzare la vettura con il nome Santamo.Mitsubishi Space Wagon terza generazione (1997)La terza serie della monovolume nipponica – in commercio dal 1997 – non ottiene lo stesso successo delle sue antenate: colpa del design squadrato troppo in anticipo sui tempi e, soprattutto, dell’assenza di motori turbodiesel. L’unico propulsore disponibile nel nostro Paese è un 2.4 GDI ad iniezione diretta di benzina da 150 CV.La Mitsubishi Space Wagon terza generazione è più grande e spaziosa rispetto a prima (4,65 metri di lunghezza non sono pochi) ed è disponibile (come sempre) a trazione anteriore o integrale.Mitsubishi Grandis (2005)Debutta in Italia nel 2005 e si distingue dalle rivali per un design aggressivo ispirato al prototipo Space Liner visto al Salone di Tokyo del 2001.La Mitsubishi Grandis, a differenza delle antenate disponibile esclusivamente a trazione anteriore, viene venduta nel nostro Paese con un solo motore: un 2.0 turbodiesel DI-D da 136 CV di origine Volkswagen.

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