Category Archives: Auto Classiche

Auto e Moto d’Epoca 2014: guida completa all’evento di Padova

Domani a Padova aprirà Auto e Moto d’Epoca 2014, la più importante manifestazione in Italia dedicata alle storiche. Dal 23 al 26 ottobre la città veneta ospiterà la 31° edizione di questo evento, che vedrà la partecipazione di 4.000 modelli e 2.000 espositori.Negli undici padiglioni di PadovaFiere gli appassionati potranno ammirare i modelli che hanno fatto la storia delle quattro ruote, acquistare oggettistica vintage, seguire l’attività di 59 Club e – soprattutto – visitare gli stand ufficiali di ben 12 Case automobilistiche.I marchi presenti ad Auto e Moto d’Epoca 2014 a Padova sono Abarth, Alfa Romeo (che festeggerà i 60 anni della Giulietta), Aston Martin, Audi Sport Club (30 anni dalla vittoria del Mondiale Rally della Quattro), BMW (vecchio e nuovo esposti insieme), Maserati (Centenario), Mercedes (120 anni di motorsport), Peugeot (30 anni della 205), Porsche (40 anni della 911 Turbo), Toyota (20 anni della RAV4), Volkswagen (40 anni della Golf) e Volvo (20 anni del Registro Italiano Volvo d’Epoca).Da non sottovalutare, inoltre, la presenza in veste ufficiale dei due musei Ferrari di Maranello e Modena: negli stand del Cavallino si potrà provare il simulatore, vedere da vicino la monoposto di F1 156/85 guidata da Michele Alboreto nella stagione 1985 e visitare una sezione dedicata ai prototipi camuffati del marchio emiliano.Auto e Moto d’Epoca Padova 2014: il programma, gli orari e i prezziGiovedì 23 ottobre 2014 (09:00-18:00)Preapertura   37 euroVenerdi 24 ottobre 2014 – Sabato 25 ottobre 2014 – Domenica 26 ottobre 2014 (09:00-19:00)
Biglietto intero   20 euro
Biglietto ridotto (ragazzi dai 13 ai 17 anni, persone con invalidità inferiore all’80%)  16 euro
Abbonamento due giorni (venerdì e sabato o sabato e domenica)   36 euro
Abbonamento tre giorni 51 euroBiglietto omaggio per bambini fino a 12 anni e persone con invalidità superiore all’80% con accompagnatoreAuto e Moto d’Epoca Padova 2014: come arrivareIn auto
Autostrada Bologna-Padova (A13): uscire a Padova Sud e seguire le indicazioni per la fieraAutostrada Venezia-Milano (A4): uscire a Padova Ovest o a Padova Est e seguire le indicazioni per la fieraIn trenoLa fiera è a soli 2 minuti a piedi dalla stazione ferroviaria di Padova.

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Bollo auto storiche: cosa cambierà con la legge di stabilità

La legge di stabillità 2015 colpirà probabilmente anche le auto storiche: nel testo, che dovrà passare il vaglio di Camera e Senato prima di essere approvato, è previsto un provvedimento che fa sparire le agevolazioni per le vetture con un’età compresa tra 20 e 29 anni.In poche parole quando (e se) la legge entrerà in vigore saranno considerati d’epoca solo i veicoli con almeno 30 anni di anzianità e solo loro potranno beneficiare dei vantaggi che oggi sono previsti anche per le “ventenni”: esenzione dal bollo (o pagamento di una cifra forfettaria di 25,82 euro in caso di mezzo circolante) e possibilità di stipulare polizze assicurative agevolate.Con questo provvedimento presente nella legge di stabilità 2015 il Governo intende porre un freno ai “finti collezionisti”, a quegli automobilisti che circolano con veri e propri catorci realizzati a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 privi di interesse storico solo per risparmiare sulla tassa automobilistica e sull’RC Auto.In questo modo, però, si penalizzano anche i veri collezionisti. Quelli, cioè, che hanno conservato con amore mezzi di valore realizzati nel secolo scorso che attendevano con ansia lo scoccare dei 20 anni per poter finalmente pagare un bollo meno salato e stipulare un’assicurazione più vantaggiosa. Quanti di questi avranno la forza di aspettare i 30 anni di anzianità del modello? E quante altre nostre vetture – oltre a quelle già “emigrate” con l’arrivo del superbollo – prenderanno la via dell’estero?La soluzione migliore, a nostro avviso, potrebbe essere quella di mantenere l’esenzione dal bollo per le “ventenni” presenti nell’elenco di ACI Storico: la lista, pubblicata lo scorso anno dall’Automobile Club d’Italia, va migliorata ma già ora permette di distinguere i modelli interessanti dal punto di vista storico da quelli privi di valore.

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Henry J (1950): la "low-cost" americana

L’auto giusta nel posto (e nel momento) sbagliato: la Henry J nacque nel 1950 per attirare chi non poteva permettersi un veicolo nuovo ma la sua filosofia “low-cost” non ebbe molta fortuna in un Paese (gli USA) in pieno boom economico. Oggi le sue quotazioni recitano 10.000 euro e non è difficile trovare esemplari ben tenuti negli States.Henry J (1950): le caratteristiche principaliLa Henry J – marchio e modello creato dal colosso automotive Kaiser-Frazer e chiamato così per omaggiare l’amministratore delegato Henry J. Kaiser – inizia ad essere progettata alla fine degli anni Quaranta. Dotata di cinque posti, può mantenere una velocità di crociera di 80 km/h.Per risparmiare sui costi di produzione (e per ottenere un prezzo al pubblico inferiore a 1.300 dollari, poco meno di 10.000 euro al cambio attuale tenendo conto dell’inflazione) la dotazione di serie è ridotta all’osso e viene realizzata una sola variante di carrozzeria: berlina a due porte. Non è previsto nessuno sportello per accedere al bagagliaio, raggiungibile solo abbattendo i sedili posteriori.La Henry J fatica a conquistare i clienti: le rivali firmate General Motors, Ford e Chrysler (le “Big Three”) costano poco di più ma sono più spaziose e meglio rifinite e oltretutto l’incremento del reddito medio della popolazione statunitense crea una nuova categoria di automobilisti che non cercano più il modello che costa meno ma quello con i contenuti più interessanti.La Kaiser cerca di correre ai ripari ma senza successo: nel 1951 inserisce nel listino degli optional lo sportello per accedere al bagagliaio e l’anno seguente lancia sul mercato un modello leggermente rinnovato nel look e reso più elegante (tra le novità segnaliamo la ruota di scorta esterna).Il 1952 è anche l’anno in cui la Kaiser sigla un accordo con la nota catena di centri commerciali Sears per vendere all’interno dei negozi la Allstate, una Henry J rimarchiata e più curata. La partnership termina già nel 1953 in seguito agli scarsi risultati di vendita. L’avventura della “low-cost” “yankee” termina nel 1954, quando l’abbassamento dei prezzi di listino non basta ad arginare il crollo delle immatricolazioni.La tecnicaLa gamma motori della Henry J – lunga 4,43 metri (4,52 dal 1953) e dotata di propulsore anteriore e trazione posteriore – è composta da due unità a benzina realizzate dalla Willys-Overland (azienda entrata a far parte del gruppo Kaiser-Frazer nel 1953): un 2.2 da 69 CV (derivato da quello della mitica Jeep CJ-3A) e un 2.6 a sei cilindri da 81 CV.Le quotazioniFacile trovare negli USA un esemplare ben tenuto, impossibile pagarlo 10.000 euro come recitano le quotazioni ufficiali. Con questa cifra si possono portare a casa modelli “sani” meccanicamente ma con qualche problema di carrozzeria mentre per le vetture impeccabili bisogna mettere in conto una spesa di circa 15.000 euro.

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La carriera da pilota di Ivan Capelli, commentatore TV Rai della F1

Gli appassionati più giovani di F1 conoscono Ivan Capelli solo per il suo ruolo di commentatore TV per la Rai (riproposto al cinema quando nel 2006 ha doppiato il cartone “Cars”) e solo chi ha seguito il Circus tra gli anni ’80 e ’90 ricorda le doti velocistiche di quel ragazzo, ora diventato presidente dell’AC Milano. Scopriamo insieme la storia dell’ex pilota lombardo, uno degli ultimi driver del nostro Paese ad aver avuto l’onore di correre nel Mondiale con la Ferrari.Ivan Capelli, la storiaIvan Capelli nasce il 24 maggio 1963 a Milano e a 15 anni abbandona il calcio per concentrarsi sull’automobilismo e più precisamente sui kart. Conquista il titolo nazionale cadetti Classe 100 nel 1978, nel 1981 passa alle monoposto e due anni più tardi inizia a farsi conoscere nell’ambiente diventando campione italiano di F3. Le sue qualità emergono anche nel 1984 quando conquista, al debutto, il titolo europeo in questa categoria.L’esordio in F1Ivan è considerato uno degli astri nascenti dell’automobilismo sportivo mondiale e nel 1985 – anno in cui gareggia in F3000 – gli viene offerta la possibilità di correre con la Tyrrell due GP di F1 per rimpiazzare Stefan Bellof, scomparso l’1 settembre durante la 1.000 km di Spa-Francorchamps. Debutta sul circuito britannico di Brands Hatch, dove si ritira per un incidente, ma si riscatta nell’ultima prova stagionale in Australia: termina incredibilmente al quarto posto surclassando il più esperto compagno, l’inglese Martin Brundle.Il 1986Il 1986 è un anno ricco di alti e bassi per Ivan Capelli: diventa campione europeo di F3000 davanti a driver del calibro di Emanuele Pirro e Pierluigi Martini ma in F1 deve accontentarsi di correre in due occasioni (Italia e Portogallo) con la poco competitiva AGS (due ritiri).La MarchLa svolta per Ivan arriva nel 1987, anno in cui disputa la sua prima intera stagione iridata nel Circus: al volante della March porta a casa come miglior risultato un interessante sesto posto a Monte Carlo. Nel 1988, la sua migliore stagione di sempre, surclassa il proprio coéquipier – il brasiliano Mauricio Gugelmin – e termina al 7° posto assoluto nel Mondiale grazie a due podi: un secondo posto in Portogallo e una terza piazza in Belgio.Il 1989 non è altrettanto fortunato: nessun punto portato a casa (a differenza di Gugelmin) e solo due arrivi al traguardo a causa della scarsa affidabilità della monoposto.La Leyton HouseNel 1990 la March cambia nome in Leyton House (prima solo sponsor e da quell’anno proprietaria del team) e la stella di Ivan Capelli torna a brillare: in Francia arriva addirittura un secondo posto. L’anno successivo, nonostante una vettura poco brillante, si fa comunque notare riuscendo ad arrivare sesto in Ungheria.La FerrariIvan Capelli realizza il sogno della vita quando viene chiamato dalla Ferrari come secondo pilota per la stagione 1992. L’annata si rivela tutt’altro che formidabile per il pilota lombardo: la monoposto è lenta e lui, nel tentativo di essere più veloce del compagno transalpino Jean Alesi, commette troppi incidenti. Viene licenziato con due gare di anticipo.La JordanL’ultima stagione di Capelli in F1, al volante della Jordan, è disastrosa: dopo essersi ritirato in Sudafrica non riesce neanche a qualificarsi al GP del Brasile (a differenza del più rapido coéquipier, il brasiliano Rubens Barrichello).Dopo la F1Dopo il Circus Ivan Capelli prosegue la propria carriera di pilota in altre categorie minori (Superturismo tedesco, FIA GT e Trofeo Maserati), nel 1998 diventa commentatore TV per la Rai (ruolo che ricopre ancora oggi) mentre dal 2014 è presidente dell’Automobile Club Milano.

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Nissan Cube, la storia della piccola monovolume giapponese

La carriera della Nissan Cube – una delle auto più originali di sempre – è durata solo sedici anni. Nel nostro Paese è stata commercializzata – senza successo – nel 2010 e nel 2011 ma in altre nazioni (soprattutto in Giappone) è ricordata come una piccola monovolume versatile e simpatica. Scopriamo insieme la sua storia.Nissan Cube Z10 (1998)La prima generazione della Nissan Cube – denominata Z10 ed entrata nei listini giapponesi nel 1998 – non ha uno stile particolarmente riuscito. Realizzata sulla stesso pianale della seconda serie della Micra e disponibile a trazione anteriore o integrale, monta un motore 1.3 a benzina abbinato ad un cambio automatico CVT.Nissan Cube Z11 (2002)Con la seconda generazione della Nissan Cube – conosciuta anche con la sigla Z11 – arrivano (finalmente) forme davvero squadrate. Sempre disponibile a trazione anteriore o integrale, ha una gamma motori composta da due unità a benzina (1.4 e 1.5) abbinata sempre e solo alla trasmissione automatica a variazione continua.Nissan Cube Z12 (2009)La Nissan Cube Z12 (terza generazione) viene presentata al Salone di Los Angeles 2008, inizia ad essere commercializzata l’anno seguente e sbarca nel nostro Paese nel 2010 con due motori da 110 CV: un 1.6 a benzina e un 1.5 turbodiesel dCi.Dotata di forme più arrotondate rispetto alla serie precedente e finalmente acquistabile anche con il cambio manuale, fatica a conquistare il pubblico mondiale (a causa soprattutto dello yen forte) e smette di essere prodotta nel 2014.

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René Arnoux, non solo Digione

René Arnoux non è solo il pilota protagonista – insieme a Gilles Villeneuve – del momento più emozionante della storia della F1 (il duello di Digione 1979) ma è stato anche uno dei driver più talentuosi degli anni ’80. Scopriamo insieme la sua storia.René Arnoux, la storiaRené Arnoux nasce il 4 luglio 1948 a Pontcharra (Francia). La passione per i motori lo porta in Italia, più precisamente a Moncalieri (Torino): nel nostro Paese inizia a correre con i kart e per guadagnare soldi lavora come meccanico presso il preparatore Conrero.I primi successiRené inizia a farsi notare tardi nel mondo del motorsport: a 25 anni conquista il campionato francese di Formula Renault e tre anni più tardi debutta in F2. Nel 1976 perde il titolo europeo contro Jean-Pierre Jabouille ma l’anno seguente trionfa in una delle edizioni più ricche di talento di sempre (Eddie Cheever, Didier Pironi, Riccardo Patrese, Bruno Giacomelli e Keke Rosberg finiscono alle sue spalle).Il debutto in F1René Arnoux esordisce in F1 nel GP del Sudafrica al volante della Martini ma non riesce a qualificarsi: nel corso della stagione, nonostante una monoposto tutt’altro che competitiva, porta a casa due noni posti in Belgio e in Austria. Il team transalpino – in crisi economica – si ritira prima del termine della stagione e René trova un posto alla Surtees: disputa le ultime due corse dell’anno risultando migliore del compagno Beppe Gabbiani e ottiene un altro nono posto (negli USA).Il passaggio a Renault e DigioneNel 1979 Arnoux viene chiamato dalla Renault per affiancare il pilota francese Jabouille: durante il GP di Francia a Digione ottiene i primi punti e il primo podio in carriera (3°) dopo un incredibile duello con Gilles Villeneuve entrato nella storia di questo sport. Conclude la stagione davanti al compagno di scuderia e ottiene due secondi posti in Gran Bretagna e negli USA.La prima vittoriaLa prima vittoria in F1 per René Arnoux arriva nel 1980 in Brasile. La seconda stagione al volante della monoposto francese si rivela ancora più ricca di soddisfazioni: oltre a risultare nuovamente più rapido di Jabouille ottiene un’altra vittoria in Sudafrica e un secondo posto in Olanda.La rivalità con ProstNel 1981 inizia una rivalità con il nuovo coéquipier, un certo Alain Prost: René soffre la presenza di un connazionale più talentuoso e come miglior risultato ottiene un secondo posto in Austria. L’anno seguente, grazie ad una monoposto più competitiva, arrivano risultati migliori ma peggiora la convivenza con il compagno di squadra: vince in Francia contravvenendo agli ordini di scuderia e sale sul gradino più alto del podio in Italia.L’era FerrariRené Arnoux disputa la sua migliore stagione in F1 nel 1983 quando viene chiamato dalla Ferrari: sfiora il titolo Mondiale (3° in classifica generale), si rivela più rapido del compagno transalpino Patrick Tambay e porta a casa tre successi (Canada, Germania e Olanda), due secondi posti (Austria e Italia) e due terzi posti (USA Ovest e San Marino).L’anno successivo la situazione peggiora: il nuovo compagno Michele Alboreto è più veloce e il driver transalpino si deve accontentare di salire sul podio in quattro occasioni (secondo a San Marino e a Dallas, terzo in Belgio e a Monte Carlo).Nel 1985, dopo solo un GP – quello del Brasile – disputato al volante della Rossa (quarto, peggio di Alboreto che arriva secondo) René Arnoux viene licenziato dalla Ferrari.La LigierLa carriera in F1 di Arnoux si conclude con la Ligier, scuderia nella quale il pilota transalpino corre per quattro anni senza brillare particolarmente. Nel 1986 (anno in cui è più lento di Jacques Laffite ma più rapido di Philippe Alliot, entrambi connazionali) ottiene tre quarti posti (Brasile, Gran Bretagna e Germania).L’anno successivo René Arnoux va a punti (6° in Belgio) in una sola occasione, a differenza del coéquipier Piercarlo Ghinzani, mentre nel 1988 (10° posto in Portogallo come miglior piazzamento) deve fare i conti con uno Stefan Johansson più in forma. Nell’ultima stagione nel Circus (1989) termina al quinto posto in Canada e surclassa il nuovo compagno di scuderia: il transalpino Olivier Grouillard.Dopo la F1Nel 1997 Arnoux viene chiamato dalla Rai a commentare i GP di F1 e l’anno seguente fonda la Kart’in, società specializzata nella realizzazione di piste di kart indoor. Uomo immagine Renault, prende parte nel 2005 e nel 2006 al Grand Prix Masters, categoria rivolta ad ex piloti del Circus.

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Fiat, la storia della Casa torinese

La Fiat non è solo la Casa automobilistica più amata dagli italiani ma anche una delle aziende più importanti del nostro Paese. Nei suoi 115 anni di storia il marchio torinese ha realizzato vetture accessibili entrate nel mito e apprezzate da pubblico e critica e ha anche ottenuto parecchie vittorie sportive. Scopriamo insieme l’evoluzione di questo brand.Fiat, la storiaLa Fiat nasce ufficialmente l’11 luglio 1899 grazie ad un gruppo di facoltosi torinesi appassionati di automobili. La prima vettura – la 3 1/2 HP (dotata di un motore con una cilindrata di 650 cc) – vede la luce nello stesso anno e già nel 1900 arriva il primo successo nelle competizioni quando Felice Nazzaro porta a casa la Torino-Asti.Nel 1906 la Casa automobilistica torinese diventa la più importante del settore in Italia e l’anno successivo – sempre grazie a Nazzaro (trionfatore al GP di Francia) – il brand conquista la prima vittoria importante. Nel 1907 si assiste però anche ad un crollo delle azioni in Borsa: le banche salvano la società e Giovanni Agnelli assume un ruolo sempre più importante all’interno dell’azienda.Gli anni DieciNel 1911 la Fiat conquista nuovamente il GP di Francia (con Victor Hémery) e l’anno seguente debutta la Zero, il primo modello di serie del marchio piemontese ad essere prodotto in più di 2.000 esemplari.Durante la Prima Guerra Mondiale cresce in maniera incredibile: fornisce mezzi all’esercito italiano e a quello russo, vede incrementare i propri dipendenti da 4.000 a 40.000 e il capitale sociale aumenta di ben sette volte.Il fascismoNel 1922 – anno di nascita del fascismo – viene inaugurata la fabbrica del Lingotto e nello stesso anno la Fiat conquista le due gare più importanti del calendario europeo: il GP di Francia con Nazzaro e quello d’Italia con Pietro Bordino. L’anno successivo tocca invece a Carlo Salamano salire sul gradino più alto del podio a Monza e ottenere l’ultimo successo importante in pista per la Casa torinese.Nel corso del Ventennio Benito Mussolini aiuta parecchio la Fiat: impedisce alle società rivali Ford e General Motors di aprire fabbriche nel nostro Paese e aumenta i dazi doganali in nome dell’italianità. Nel 1932 il brand piemontese omaggia il Duce creando la 508 Balilla (la prima auto di massa del nostro Paese), nel 1936 è la volta della piccola 500 “Topolino” e nel 1939 viene inaugurato lo stabilimento di Mirafiori.L’entrata in guerra dell’Italia al fianco di Adolf Hitler attenua i rapporti tra il regime e la Fiat: tra la seconda metà degli anni Trenta e l’inizio degli anni ’40 Mussolini comincia a favorire maggiormente l’Alfa Romeo e, come se non bastasse, molti stabilimenti del marchio vengono distrutti dai bombardamenti.Il dopoguerraPochi mesi dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale muore Giovanni Agnelli e la presidenza della società passa a Vittorio Valletta. La Fiat si riprende grazie agli aiuti economici degli Alleati e nel 1950 svela la 1400, la prima auto del marchio dotata di scocca portante.In concomitanza con il boom economico nel nostro Paese vedono la luce due citycar destinate ad entrare nel mito: la 600 del 1955 e la 500 del 1957.Gli anni Sessanta e SettantaNella seconda metà degli anni Sessanta avvengono numerosi cambiamenti in Fiat: nel 1966 – quando viene presentata la 124 (primo modello del marchio a conquistare il prestigioso riconoscimento di Auto dell’Anno) – Gianni Agnelli prende le redini della Casa torinese, che apre oltretutto uno stabilimento in Unione Sovietica. Nel 1969 vengono acquistati i marchi Ferrari e Lancia e due anni più tardi anche Abarth entra nel gruppo.Nel 1970 la 128 (svelata l’anno prima) – la prima Fiat a trazione anteriore – diventa Auto dell’Anno e nello stesso periodo viene inaugurato lo stabilimento di Termini Imerese (Palermo). Due anni più tardi iniziano le attività nella fabbrica di Cassino (Frosinone) e tocca alla piccola 127 ottenere questo importante premio europeo riservato alle quattro ruote.Nella seconda metà del decennio la Fiat – in crisi in seguito a continue lotte sindacali – torna a dominare nelle competizioni sportive, più precisamente nei rally: la 131 Abarth conquista tre Mondiali Costruttori e permette al finlandese Markku Alén (nel 1978) e al tedesco Walter Röhrl (nel 1980) di trionfare tra i Piloti.Gli anni ’80All’inizio degli anni ’80 la Casa torinese vince il braccio di ferro con i sindacati e grazie al dirigente Vittorio Ghidella (entrato in azienda pochi anni prima e nominato responsabile del settore auto) si risolleva con una serie di prodotti che conquistano gli automobilisti europei come ad esempio la Panda del 1980.La Fiat Uno del 1983 rivoluziona il segmento delle “utilitarie” e conquista il titolo di Auto dell’Anno nel 1984, nel 1986 si procede con l’acquisizione dell’Alfa Romeo mentre nel 1989 tocca alla “segmento C” Tipo, svelata l’anno prima, conquistare questo importante premio.Gli anni NovantaIl brand piemontese punta a conquistare il mercato mondiale negli anni ’90 attraverso una serie di stabilimenti sparsi per il globo ma le più grandi soddisfazioni continuano ad arrivare dal Vecchio Continente: la Punto del 1993 (anno in cui la Maserati entra a far parte del Gruppo) e le compatte Bravo (a tre porte) e Brava (a cinque porte) del 1995 diventano rispettivamente Auto dell’Anno nel 1995 e nel 1996.Degna di nota la Fiat Multipla del 1998, una monovolume compatta dalle forme particolarmente originali (non apprezzate da tutti) in grado di accogliere in meno di quattro metri di lunghezza sei passeggeri su due file di sedili.L’era MarchionneGli anni Duemila non si aprono nel migliore del modi per la Casa torinese: l’alleanza con la General Motors iniziata nel 2000 termina solo cinque anni più tardi e nei primi anni del decennio vedono la luce alcuni prodotti che faticano a conquistare il pubblico.La svolta arriva nel 2004 quando Sergio Marchionne viene nominato amministratore delegato della Fiat: nello stesso anno la seconda generazione della Panda, presentata l’anno prima, vince il premio di Auto dell’Anno mentre nel 2005 le linee sportive della Grande Punto seducono gli automobilisti italiani ed europei.Crescono le vendite ma soprattutto aumentano i profitti: nel 2007 la riedizione della 500 (nominata Auto dell’Anno nel 2008) contribuisce ad incrementare l’appeal nel mondo del marchio piemontese nel 2009 prende il via l’accordo con la Chrysler che nel giro di pochi anni porterà alla nascita del gruppo industriale FCA, composto anche da altri tre marchi “yankee” (Dodge, Jeep e Ram).

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Charles Rolls, il cofondatore della Rolls-Royce

Charles Rolls non è stato solo il cofondatore della Rolls-Royce: è stato infatti un pioniere dell’aeronautica nonché il primo britannico della storia a perdere la vita (a soli 32 anni) in un incidente aereo. Scopriamo insieme la storia del padre del lusso “british”.Charles Rolls, la storiaCharles Rolls nasce il 27 agosto 1877 a Londra (Regno Unito). Di origini nobili, si appassiona di motori fin da ragazzo e alla fine degli anni ’90 del XIX secolo si trasferisce a Cambridge per studiare meccanica.Nel 1896 acquista a Parigi una Peugeot (diventando uno dei primi britannici a possedere un’automobile) e l’anno seguente è socio fondatore dell’Automobile Club del Regno Unito.I primi lavoriDopo la laurea, conseguita nel 1898, Charles Rolls inizia a lavorare sui motori delle navi a vapore e successivamente trova un posto nella compagnia ferroviaria London and North Western Railway, dove scopre di essere più dotato come venditore che come ingegnere.Nel 1903, grazie all’aiuto economico del padre, apre una delle prime concessionarie di automobili del Regno Unito e si occupa di importare e di vendere vetture Peugeot e Minerva (Casa automobilistica belga scomparsa nel 1956).La Rolls-RoyceIl 4 maggio 1904 Charles Rolls incontra Henry Royce, costruttore artigianale di automobili. Entrano in società pochi mesi dopo e presentano la loro prima vettura – la Rolls-Royce 10 hp (dotata di un propulsore bicilindrico 1.8) – al Salone di Parigi del 1904.L’intesa tra i due è perfetta: Royce si occupa di realizzare vetture tecnicamente eccelse mentre Rolls, specializzato nelle pubbliche relazioni e nella gestione economica,  fa quadrare i conti e gira il mondo per promuovere le vetture.L’aeronauticaL’aeronautica è un’altra passione di Charles Rolls: dopo aver cominciato a volare con le mongolfiere all’inizio del XX secolo passa agli aeroplani nel 1907 e tre anni più tardi diventa il primo uomo al mondo a sorvolare per quattro volte consecutive senza stop la Manica. Perde la vita il 12 luglio 1910 a Bournemouth (Regno Unito) in un incidente aereo.

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Quanti chilometri può fare un’auto?

Quanti chilometri può fare un’auto? Difficile stabilirlo. I motori moderni sono progettati per superare tranquillamente – con una manutenzione ordinaria e regolare – i 200.000 km ma una vettura è composta da altre componenti meno longeve che, se non vengono tenute d’occhio, possono limitare la durata del mezzo.Molti automobilisti, ancora oggi, decidono di sbarazzarsi della loro compagnia di viaggio una volta superata la soglia dei 100.000 km: un limite – soprattutto psicologico – presente anche in chi si appresta ad acquistare un veicolo usato. Sono parecchie, infatti, le vetture “iperchilometrate” di seconda mano che faticano a trovare un nuovo proprietario pur essendo ancora valide.Come incrementare il numero di chilometri che può fare un’auto? Adottando alcune semplici regole: cambiare l’olio spesso, monitorare il livello del liquido di raffreddamento e di quello dei freni, sostituire le candele, il filtro dell’aria e la cinghia (o catena) di distribuzione quando necessario. Una guida rilassata (priva quindi di brusche accelerate o frenate) è particolarmente salutare per la vettura e non è una cattiva idea, inoltre, leggere approfonditamente il libretto d’uso e manutenzione.Lo statunitense Irv Gordon avrà sicuramente messo in pratica questi consigli visto che la sua Volvo P1800S acquistata nel 1966 è presente nel Guinness dei Primati nella categoria “auto con più chilometri percorsi”: lo scorso anno la coupé svedese ha superato i 3 milioni di miglia (oltre 4.800.000 km) e presto supererà quota cinque milioni di km.

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Shelby Mustang GT 350 Coupé (1965): l’alba del mito

La Shelby Mustang GT 350 Coupé del 1965 è un vero e proprio mito dell’automobilismo statunitense: si tratta infatti della prima versione elaborata in assoluto della sportiva “yankee”. Non fatevi ingannare dalle quotazioni che recitano 150.000 euro: per portarsela a casa bisogna sborsare, come minimo, 50.000 euro in più.Shelby Mustang GT 350 Coupé (1965): l’alba del mitoLa Shelby Mustang GT 350 Coupé nasce nel 1965 quando l’ex pilota e imprenditore Carroll Shelby (vincitore della 24 Ore di Le Mans del 1959 e creatore delle mitiche Cobra) decide di realizzare – con il beneplacito della Ford – una variante da corsa della sportiva statunitense.Sedili posteriori rimossi per ridurre il peso (al loro posto la ruota di scorta), freni più incisivi, motore più potente e sospensioni più rigide: queste le modifiche principali apportate alla vettura. Prodotta in soli 562 esemplari, viene venduta esclusivamente verniciata in bianco con strisce blu sulla parte bassa della fiancata (optional, invece, quelle “Le Mans” che partono dal muso e arrivano fino alla coda).La tecnicaIl motore della Shelby Mustang GT 350 Coupé del 1965 è un 4.7 V8 Ford portato da 275 a 310 CV abbinato ad un cambio manuale a quattro marce e verniciato di nero.Le quotazioniLe quotazioni ufficiali recitano 150.000 euro ma in realtà è impossibile acquistarla con meno di 200.000 euro. Trovarla in Italia è un’impresa, più semplice (ma non troppo) rintracciarla negli USA.

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