Monthly Archives: Maggio 2015

Immatricolazioni auto aprile 2015: continua il boom Jeep

Anche ad aprile 2015 le immatricolazioni auto in Italia hanno fatto registrare il segno più (+ 24,16% rispetto ad aprile 2014: 148.807 vetture immatricolate contro le 119.849 dello stesso mese dell’anno scorso): si tratta dell’undicesimo mese consecutivo in crescita per il mercato delle quattro ruote e del quarto mese di seguito nel quale si registrano incrementi percentuali a due cifre.Di seguito troverete le classifiche delle dieci auto più vendute in Italia ad aprile 2015, delle dieci Case più amate del mese e dei marchi più in forma – uno su tutti: Jeep – e più in crisi. Scopriamole insieme.Immatricolazioni auto aprile 2015: i dieci modelli più venduti
1 Fiat Panda  11.841
2 Fiat Punto  5.514
3 Lancia Ypsilon  5.449
4 Fiat 500   5.201
5 Renault Clio  4.957
6 Fiat 500L   4.667
7 Volkswagen Golf 4.171
8 Ford Fiesta  3.758
9 Volkswagen Polo 3.46810 Fiat 500X   3.256Immatricolazioni auto aprile 2015: la classifica delle dieci Case più amate
1 Fiat    32.387 (+ 21,20%)
2 Volkswagen   11.409 (+ 16,84%)
3 Renault   10.674 (+ 70,40%)
4 Ford    10.238 (+ 23,80%)
5 Peugeot   8.382 (+ 31,65%)
6 Opel    7.813 (+ 14,83%)
7 Toyota   5.833 (+ 20,64%)
8 Lancia/Chrysler 5.512 (+ 24,12%)
9 Nissan   5.075 (+ 20,37%)10 Citroën   5.027 (+ 2,17%)Immatrticolazioni auto aprile 2015: le cinque Case più in forma
Infiniti   + 560,00%
Aston Martin  + 300,00%
Jeep/Dodge  + 252,69%
Lexus   + 161,26%Subaru   + 83,44%Immatricolazioni auto aprile 2015: le cinque Case più in crisi
Great Wall  – 100,00%
Lada    – 100,00%
Chevrolet   – 95,49%
Isuzu   – 62,50%Jaguar   – 44,79%


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Promozioni auto maggio 2015: le occasioni del mese

Anche a maggio 2015 – nonostante un mercato tutt’altro che in crisi – le promozioni auto sono particolarmente ricche. Girando per le concessionarie di tutta Italia chiunque potrà trovare il modello adatto ai propri gusti e alle proprie tasche.Le offerte più interessanti riguardano soprattutto vetture giapponesi appartenenti al segmento delle citycar, anche se non mancano proposte di altri segmenti e di altri Paesi. Scopriamole insieme.Hyundai i10Fino al 9 maggio la Hyundai i10 “base” – la 1.0 Classic – con l’aggiunta del climatizzatore costa 8.950 euro anziché 10.700. L’offerta è abbinabile ad un finanziamento (TAN 0,00%, TAEG 3,99%) che prevede un anticipo di 2.890 euro, 23 rate mensili da 95 euro e una maxiquota finale di 4.179 euro.Jeep RenegadePer aderire alle promozioni Jeep di maggio 2015 sulla Renegade – che consentono di acquistare la diesel “entry-level” 1.6 Mjt Longitude con 22.316 euro invece di 24.500 euro – bisogna aderire obbligatoriamente ad un finanziamento (TAN fisso 3,95%, TAEG 5,42%) che prevede un anticipo di 8.200 euro, 48 rate mensili da 199 euro e una rata finale da 10.187 euro.Mitsubishi Space StarLa Mitsubishi Space Star meno cara in listino – la 1.0 Invite – costa ufficialmente 11.490 euro ma grazie alle offerte del marchio nipponico sono sufficienti 8.950 euro per portarsela a casa. La promozione, valida per veicoli disponibili in rete – è abbinabile ad un finanziamento (TAN fisso 4,99%, TAEG fisso 6,30%) che comprende anticipo zero e 60 rate mensili da 177 euro.Seat Leon15.550 euro invece di 20.130 euro: è questo il prezzo valido fino a fine mese per chi acquista la Seat Leon diesel meno cara (la 1.6 TDI 90 CV). La promozione è valida solo per vetture in stock ed esclusivamente in caso di rottamazione o di ritiro di un usato con immatricolazione antecedente al 31/12/2007 e di proprietà del cliente da almeno sei mesi e può essere abbinata ad un finanziamento (TAN fisso 2,99%, TAEG 4,96%): anticipo di 4.797 euro, 60 rate da 199,01 euro e (in omaggio) un anno di assicurazione furto/incendio, due anni di manutenzione ordinaria e quattro anni di garanzia.Skoda FabiaLa Skoda Fabia è sbarcata da poco nei nostri listini ma è già in offerta: grazie alle promozioni di maggio 2015 della Casa esteuropea la versione d’accesso alla gamma della piccola ceca – la 1.0 60 CV – costa 9.950 euro invece di 11.390. L’offerta è valida in caso di permuta di vetture immatricolate entro il 31/12/2004 ed è abbinabile ad un finanziamento (TAN fisso 0,00%, TAEG 2,40%) che prevede anticipo zero e 48 rate da 207,29 euro.Ssangyong KorandoGrazie ai 2.000 euro di sconto previsti dalle promozioni Ssangyong sulle Korando “entry-level” disponibili in rete (le 2.0 a benzina) la versione meno cara della SUV coreana si porta a casa con 17.990 euro anziché con 19.990 euro. È inoltre possibile accedere ad un finanziamento (TAN fisso 5,97%, TAEG fisso 7,60%): 6.230 euro di anticipo e 84 rate mensili da 176 euro.Suzuki CelerioPer tutto il mese di maggio 2015 la Suzuki Celerio 1.0 Easy con la vernice metallizzata (il cui listino recita 10.880 euro) costa come la versione “base” L: 8.990 euro. Il programma 3PLUS prevede inoltre tre anni di garanzia, tre anni di assistenza stradale e tre anni di controlli inclusi nel prezzo.Toyota AygoLa Toyota Aygo è diventata la citycar più amata dagli italiani dopo le insuperabili Fiat Panda e 500 ma questo non ha impedito alla Casa giapponese di lanciare promozioni interessanti per il mese di maggio 2015 sulla versione x-play a tre porte. Il listino di questa variante recita 12.100 euro ma grazie alle offerte del brand nipponico sono sufficienti 10.250 euro per acquistarla. È previsto anche un finanziamento (TAN fisso 4.90%, TAEG 7,20%) che comprende un anticipo di 2.860 euro, 47 rate da 100 euro e una maxiquota finale da 4.100 euro.Volkswagen GolfLa Volkswagen Golf a cinque porte meno cara – la 1.2 TSI 85 CV – costa ufficialmente 19.540 euro se dotata del Tech&Sound Pack (cruise control, radio touchscreen da 5,8” e sensori di parcheggio anteriori e posteriori) ma grazie alle promozioni di maggio 2015 della Casa tedesca sono sufficienti 16.900 euro per portarsela a casa. L’offerta – valida a fronte del ritiro, in permuta o in rottamazione, di un veicolo di proprietà da almeno un anno – è abbinabile ad un finanziamento (TAN fisso 5,99%, TAEG 7,95%) che comprende un anticipo di 5.046 euro, 35 rate da 189,46 euro, una maxirata finale di 6.919 euro e un’estensione di garanzia di due anni o fino a 80.000 km.Volvo V6023.900 euro anziché 31.950 euro: fino a fine mese basta questa cifra per portarsi a casa le Volvo V60 D2 Kinetic disponibili negli showroom. La promozione è abbinabile ad un finanziamento (TAN fisso 4,95%, TAEG 6,21%): anticipo pari a 7.648 euro, 36 rate mensili da 150 euro e maxirata finale da 14.340 euro.


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La febbre dei SUV colpisce anche Aston Martin

Ormai non c’è marchio che tenga, tutti, pian piano, stanno cedendo alla legge del mercato.La domanda di Sport Utility Veichle domina il panorama automotive, soprattutto nel segmento di lusso e, quindi, la sportività si fa da parte per lasciar spazio allo sfarzo delle grandi dimensioni.Questo è il caso, ora, anche del brand inglese Aston Martin. La DBX è il concept presentato dalla Casa d’Oltremanica allo scorso Salone di Ginevra 2015 e la notizia, praticamente ufficiale, è che passerà alla linea di produzione.Un investimento da 270 mln di euroA dichiararlo sono stati i vertici della marca di fronte al presidente Dr. Andy Palmer. L’obiettivo di Aston Martin è creare una GT di lusso con doti da crossover. L’operazione, che dovrebbe comprendere anche altri modelli, costerà 273 milioni di euro.“L’investimento annunciato oggi ci permetterà di realizzarla, insieme ad altri nuovi veicoli che formeranno la più forte e diversificata gamma della nostra storia” ha dichiarato Palmer.Arriva nel 2019La nuova Aston Martin DBX, prima SUV del marchio esclusivo britannico dovrebbe arrivare sul mercato nel 2019 andando a sfidare le altre SUV extra lusso in arrivo: quelle targate Rolls Royce e Bentley… 


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Ayrton Senna, una mostra a Torino

Gli appassionati di F1 non possono perdersi per nessuna ragione al mondo la mostra su Ayrton Senna (scomparso esattamente 21 anni fa), ospitata fino al 31 luglio 2015 a Torino presso ADPlog (via Piero Gobetti 10) e realizzata insieme all’”Instituto Ayrton Senna”. Nello spazio espositivo di Alessandro Del Piero è possibile ammirare video, fotografie e cimeli del pilota brasiliano tre volte campione del mondo.L’esposizione – chiusa il lunedì – è aperta dal martedì al venerdì dalle 15:00 alle 19:00 e il sabato e la domenica dalle 11:00 alle 19:00 (orario valido anche l’1 maggio). Il biglietto ha un prezzo di 5 euro, 3 euro con la Convenzione Torino Musei e gratis per i disabili con accompagnatore, per i minori di 13 anni e per i visitatori con oltre 65 anni.Ayrton Senna – nato a San Paolo (Brasile) il 21 marzo 1960 e morto l’1 maggio 1994 a Bologna dopo un incidente avvenuto a Imola durante il GP di San Marino – ha corso 161 Gran Premi di F1 in carriera con quattro scuderie britanniche (Toleman, Lotus, McLaren e Williams) portando a casa tre Mondiali (1988, 1990 e 1991), 41 vittorie, 65 pole position e 80 podi.

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Ford Falcon (1960): la mamma della Mustang

La Ford Falcon – commercializzata in Nord America dal 1960 al 1970 –  non è molto conosciuta in Italia: questa berlina “yankee” (quasi una compatta per gli standard statunitensi) ha però conquistato parecchi clienti oltreoceano negli anni Sessanta, è stata usata come base per la prima Mustang e può vantare un secondo posto nel prestigioso Rally di Monte Carlo del 1964.Da noi è introvabile, negli States si porta a casa senza problemi con meno di 10.000 euro: le varianti sportive Sprint (che analizzeremo in un articolo a parte in futuro) valgono invece molto di più. Scopriamo insieme la storia di questo modello.Ford Falcon (1960): le caratteristiche principaliLa prima generazione della Ford Falcon vede la luce nel 1960 ed è disponibile in numerose varianti di carrozzeria: tra le più rilevanti segnaliamo la berlina a due e a quattro porte e la station wagon a tre e a cinque porte.La vettura impiega poco tempo a sedurre il pubblico: merito delle dimensioni esterne non troppo ingombranti per gli USA (lunghezza inferiore a 4,60 metri), dei consumi relativamente contenuti e della grande praticità (tre posti a sedere anteriori). Nel 1963 iniziano ad essere commercializzate le versioni hardtop a due porte e cabriolet.Il 1964 è l’anno in cui arriva la seconda generazione della Ford Falcon: più adatta al pubblico giovane (grazie anche alla commercializzazione della variante coupé), ha un look più squadrato e moderno e si aggiudica il secondo posto nel Rally di Monte Carlo. Sulla stessa base viene costruita una sportiva destinata ad entrare nella storia dell’automobilismo mondiale: la Mustang, vettura che contribuisce a far calare drasticamente le immatricolazioni del modello da cui deriva.In concomitanza con il lifting del 1965 – che coinvolge soprattutto la mascherina – abbandona le scene la versione scoperta, diventa optional il cambio automatico a tre rapporti ed entrano nella dotazione di serie le cinture di sicurezza anteriori.La terza generazione della Ford Falcon viene presentata nel 1966: lo stile ricorda quello della Mustang ma il pianale è quello della più voluminosa Fairlane. Solo tre le varianti di carrozzeria rimaste: coupé, berlina e station wagon. Nel 1968 i fari diventano quadrati e due anni più tardi vede la luce la Falcon 70 1/2, variante più economica della Fairlane disponibile berlina (a due e quattro porte) o familiare.La tecnicaL’unico motore al lancio presente sulla prima serie della Falcon del 1960 è un 2.4 a sei cilindri da 91 CV, affiancato l’anno seguente da un 2.8 a sei cilindri. La gamma propulsori della seconda serie della berlina statunitense (quella nata nel 1964) è invece composta da unità a sei cilindri e V8 da 2,4 litri in su.La Ford Falcon terza generazione del 1966 monta motori sei cilindri e V8 da 2,4 a 4,9 litri mentre la Falcon 70 1/2 presenta cubature più generose (da 4,1 a 7 litri).Le quotazioniQuesta vettura è introvabile in Italia mentre negli USA è facile rintracciare esemplari ben tenuti a meno di 10.000 euro. La seconda generazione a due porte – quella usata come base per la Ford Mustang – è a nostro avviso quella più interessante, specialmente se dotata di motori V8.

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Dalla S-Type alla XF, la storia delle grandi berline Jaguar

Alla fine del XX secolo la Jaguar decise di produrre un’ammiraglia più piccola della XJ – la S-Type – per conquistare più clienti. In sedici anni le grandi berline britanniche sono riuscite a ritagliarsi uno spazio importante in un segmento popolato da rivali blasonate (Audi A6, BMW serie 5 e Mercedes classe E, giusto per citare le tedesche più note).L’ultima creazione della Casa britannica in questa categoria, la seconda generazione della XF, è entrata in listino da pochi giorni. Più corta, più leggera e con un passo più lungo di quello dell’antenata, ha una gamma motori composta da sei unità: tre a benzina (2.0 da 240 CV e 3.0 V6 da 340 e 379 CV) e tre turbodiesel (2.0 da 163 e 179 CV e 3.0 da 299 CV). Scopriamo insieme la storia delle “berlinone” del Giaguaro.Jaguar S-Type (1999)La S-Type – presentata al Salone di Birmingham del 1998, lanciata nel 1999 e caratterizzata da un design retrò – è la prima Jaguar ad adottare un pianale di origine Ford (più precisamente quello dell’ammiraglia Lincoln LS). La scelta della Casa statunitense (proprietaria del brand "british" dal 1989) scontenta però gli storici fan del glorioso marchio di Sua Maestà, che non apprezzano neanche uno dei due motori disponibili al debutto: il 3.0 V6 da 238 CV di chiara derivazione “yankee" abbinato ad un più “adatto” 4.0 V8 da 276 CV.Nel 2002 – in concomitanza con alcune leggere modifiche estetiche apportate alla mascherina e agli interni  – arrivano due nuovi propulsori: un 2.5 V6 da 200 CV e un cattivissimo 4.2 V8 sovralimentato da 395 CV che affianca quello aspirato (portato a quota 298 CV). Due anni più tardi è la volta della vera rivoluzione con un altro leggero lifting abbinato all’introduzione di un’unità diesel: un 2.7 V6 di origine Peugeot da 207 CV. Nel 2006 abbandonano le scene il propulsore 2.5 e i fendinebbia.Jaguar XF prima generazione (2007)Con la prima generazione della XF (presentata al Salone di Francoforte del 2007) la Jaguar stravolge la propria anima: il pianale è lo stesso della S-Type ma le linee classiche e tradizionali lasciano spazio ad uno stile moderno e originale (specialmente nell’abitacolo, impreziosito da un cambio a rotella) che seduce gli automobilisti. Quattro i motori al debutto: tre a benzina (3.0 V6 da 238 CV e 4.2 V8 da 298 e 416 CV) e un 2.7 turbodiesel V6 da 207 CV. Nel 2009 il vecchio V8 lascia spazio ad un 5.0 in due configurazioni di potenza (385 e 510 CV, quest’ultimo abbinato alla versione sportiva R) e il 2.7 a gasolio viene rimpiazzato da un 3.0 da 240 e 275 CV.Il restyling mostrato al Salone di New York del 2011 porta gruppi ottici più aggressivi, un motore turbodiesel 2.2 a quattro cilindri da 190 CV e l’addio del V6 a benzina. L’anno seguente – in concomitanza con il lancio della variante station wagon Sportbrake (solo diesel) – sparisce il V8 meno brioso (al suo posto un 2.0 da 240 CV e un 3.0 V6 da 340 CV) e la potenza dell’unità a gasolio 2.2 sale a quota 200 CV. Nel 2013 è la volta di un 2.2 diesel da 163 CV.Il 2014 è l’anno in cui sulla Jaguar XF arriva il mostruoso motore 5.0 V8 da 551 CV (riservato alle versioni R-S): un propulsore che viene introdotto l’anno successivo anche sulla Sportbrake.

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L’incredibile vita di Wilhelm Maybach

Wilhelm Maybach non è solo il fondatore della prestigiosa Casa tedesca ma è stato anche un pioniere dell’automobile: partito da zero, ha contribuito in misura rilevante allo sviluppo motoristico progettando la prima vettura a quattro ruote di sempre, la prima motocicletta con un propulsore a combustione interna e la prima Mercedes. Scopriamo insieme la storia dell’ingegnere teutonico.Wilhelm Maybach: la biografiaWilhelm Maybach nasce il 9 febbraio 1846 a Heilbronn (Regno del Württemberg) e nel 1854 (anno della scomparsa della madre) si trasferisce con la famiglia a Stoccarda. Si ritrova orfano – insieme ai quattro fratelli – a soli dieci anni in seguito alla scomparsa del padre ed entra nella Confraternita di Reutlingen (un istituto per minori disagiati) dove impara la lavorazione del legno e del metallo.L’incontro con DaimlerNel 1863 un certo Gottlieb Daimler, all’epoca 29enne, viene nominato direttore tecnico della Confraternita: si accorge del talento del 17enne Maybach e lo porta con sé nel 1869 per lavorare nell’azienda ferroviaria Maschinenbau-Gesellschaft di Karlsruhe.Tre anni più tardi Wilhelm Maybach viene assunto come disegnatore tecnico presso la Gasmotoren-Fabrik Deutz di Colonia (fondata da Nikolaus Otto, l’inventore del primo propulsore a combustione interna a quattro tempi) nella quale Daimler è direttore di produzione. Il suo compito è quello di perfezionare un propulsore a gas da 3 CV destinato a macchinari statici. Nel 1876 aumenta la potenza a 8 CV e riceve per questo un sostanzioso premio di produzione.Nel 1879 nasce il primo figlio di Wilhelm (Karl) e un anno più tardi Maybach abbandona insieme a Daimler la Deutz per mettersi in proprio: i due si trasferiscono in una villa nella località termale di Bad Cannstatt e perfezionano il motore a ciclo Otto (rendendolo più leggero e adottando un sistema di accensione più efficace) in modo da adattarlo ai mezzi di locomozione.Il primo motore, la prima moto, la prima automobileIl primo motore progettato da Wilhelm Maybach – un 264 cc da 0,5 CV – vede la luce nel 1884 (in concomitanza con la nascita del secondo figlio Adolf). Risale al 1885 il debutto della prima moto della storia con un propulsore a combustione interna (la Reitrad con telaio in legno, dotata di un monocilindrico a quattro tempi da 212 cc e 0,5 CV) mentre nel 1886 viene presentata la prima auto a quattro ruote di sempre: la Daimler Motorkutsche, nient’altro che una carrozza con l’aggiunta di un propulsore da 462 cc e 1.5 CV.Nasce la DaimlerNella fine degli anni ’80 del XIX secolo i propulsori “firmati” da Daimler e Maybach iniziano ad essere utilizzati in ambito ferroviario e marino e nel 1890 viene fondata dai due soci la Daimler Motoren Gesellschaft. Solo un anno dopo – a causa di Max von Duttenhofer (socio di Daimler che riesce ad assorbire la società con l’inganno) – Wilhelm viene allontanato dal consiglio di amministrazione e rientra in azienda insieme a Gottlieb nel 1895, dopo che i clienti Daimler delusi richiedono a gran voce il ritorno dei due fondatori.Nel 1895 Wilhelm Maybach progetta il motore Phoenix (che sarà adottato dalla Phoenix-Wagen del 1897, prima auto al mondo dotata di propulsore montato in posizione anteriore) ma nel 1900 si ritrova da solo contro tutti in seguito alla scomparsa dell’amico fraterno Gottlieb Daimler.La MercedesWilhelm riesce a conservare il posto in azienda in quanto persona stimata da von Duttenhofer e all’inizio del XX secolo si occupa di realizzare per Emil Jellinek (console austro-ungarico a Nizza) 36 esemplari di un’auto da corsa utilizzabile anche su strada. La vettura – chiamata Mercedes (omaggio alla figlia prediletta di Jellinek) 35 PS – vede la luce il 22 dicembre del 1900 ed è la prima di una lunga serie di modelli realizzati con questo mitico marchio.Addio alla DaimlerLa scomparsa di von Duttenhofer nel 1903 segna l’inizio della crisi per Wilhelm Maybach, spedito dal nuovo responsabile Wilhelm Lorenz in ufficio più piccolo. Ritrovatosi con meno responsabilità, abbandona l’azienda nel 1907 e due anni più tardi crea a Bissingen insieme al primogenito Karl la Luftfahrzeug-Motoren specializzata in motori per dirigibili Zeppelin.Tre anni più tardi l’azienda – ribattezzata Maybach viene trasferita a Friedrichshafen – e nello stesso periodo il secondogenito Adolf viene internato in un istituto psichiatrico, dove morirà nel 1940 in seguito al programma di eutanasia voluto da Adolf Hitler.Gli ultimi anniLo scoppio della Prima Guerra Mondiale fa crescere gli affari di Wilhelm Maybach (che nel 1916 riceve il dottorato honoris causa dall’Università di Stoccarda). Dopo il conflitto Wilhelm lascia l’attività al figlio Karl che si concentra sulle automobili in seguito al divieto postbellico di lavorare sui dirigibili e scompare a Stoccarda (Germania) il 29 dicembre 1929.

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Ford Mustang (1974): un tempo amata, oggi dimenticata

La seconda generazione della Ford Mustang – prodotta dal 1974 al 1978 – oggi non è molto apprezzata: il design della coupé statunitense accusa il peso degli anni e i motori non sono particolarmente vivaci. In pochi, però, ricordano che da nuova questa sportiva conquistò parecchi automobilisti “yankee”: questo spiega l’elevato numero di esemplari disponibili a prezzi abbordabili (meno di 10.000 euro). Scopriamo insieme la storia di questa vettura, destinata a rivalutarsi in futuro.Ford Mustang (1974): le caratteristiche principaliLa Ford Mustang seconda generazione viene presentata ufficialmente nel settembre 1973 e inizia ad essere commercializzata nel 1974. Non ha niente in comune con la serie precedente: più piccola dell’antenata in seguito alla scelta di utilizzare il pianale della compatta Pinto al posto di quello della più ingombrante Falcon e più efficiente, è l’unica evoluzione della sportiva nordamericana a non essere disponibile in versione scoperta. Due le configurazioni di carrozzeria, entrambe chiuse: la hard-top e la più originale e pratica (in quanto dotata di portellone posteriore) hatchback.Consumi contenuti, design sportivo, finiture curate e prezzi accessibili: sono questi i pregi principali che convincono numerosi automobilisti di oltreoceano ad acquistarla. Gli stessi delusi dall’elevata rumorosità della vettura, dalla tenuta di strada poco rassicurante e dalle prestazioni tutt’altro che vivaci.Nel 1976 la gamma della seconda generazione della Ford Mustang si arricchisce con l’arrivo della versione Cobra II (sportiva solo nell’estetica e abbinabile a tutti i motori), nel 1977 i pannelli del tetto removibili T-Top entrano nel listino degli optional mentre risale al 1978 – ultimo anno di produzione – la variante King Cobra, personalizzazione estetica rivolta alle V8.La tecnicaLa gamma motori al lancio della coupé “yankee” comprende solo due unità: un 2.3 a quattro cilindri da 90 CV e un 2.8 V6 da 106 CV. Il V8 – un 4.9 da 141 CV che costringe a ridisegnare il cofano – viene introdotto nel 1975, anno in cui l’introduzione del catalizzatore porta ad un calo delle potenze (ad esempio il V6 arriva a 98 CV).Nel 1976 si registra un incremento della cavalleria per la seconda generazione della Ford Mustang – 94 CV per il quattro cilindri e 103 per il sei – ma già l’anno successivo quest’ultima unità si trova con soli 94 puledri.Le quotazioniChi si rivolge al mercato statunitense può trovare diverse Mustang seconda generazione a 7.000 euro mentre per gli esemplari presenti in Europa (più rari) è difficile – anche se non impossibile – rintracciare modelli ben tenuti a meno di 10.000 euro.Le Ford Mustang seconda generazione più comuni da noi sono quelle a quattro cilindri e le hatchback con il portellone. Per le più brillanti V8 meglio consultare i siti “yankee” di annunci e mettere in conto un viaggio negli States per l’acquisto.

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Aston Martin, la storia della Casa britannica

L’Aston Martin è la più “italiana” tra le Case britanniche: il marchio inglese, che può vantare oltre 100 anni di storia, è infatti cresciuto prima della Seconda Guerra Mondiale grazie al genovese Augusto Bertelli e ora appartiene (per il 37,5%) al fondo di private equity milanese Investindustrial di Andrea Bonomi. Scopriamo insieme l’evoluzione di questo marchio, uno dei più rinomati del panorama “british”.Aston Martin, la storiaL’Aston Martin nasce ufficialmente nel 1913 quando il meccanico Robert Bamford e il pilota Lionel Martin decidono di aprire a Londra una concessionaria di auto Singer. L’anno seguente i due realizzano una vettura da corsa montando su un telaio Isotta Fraschini un motore Coventry: con questo veicolo Lionel si aggiudica la corsa in salita Londra-Aston Clinton (nome che verrà utilizzato più avanti per ribattezzare il brand).Nel 1915 vede la luce la prima auto del marchio – la Coal Scuttle, una scoperta biposto dotata di un propulsore 1.4 a quattro cilindri – ma per via dello scoppio della Prima Guerra Mondiale la produzione viene interrotta in quanto i macchinari vengono requisiti per essere usati per scopi bellici.Gli anni VentiAl termine del conflitto l’azienda che diventerà l’Aston Martin è in crisi: mancano soldi per investire in nuovi modelli e Bamford abbandona la società, che si risolleva solo grazie al sostegno economico del facoltoso nobile (e pilota) britannico Louis Zborowski.Le prime vetture da corsa vengono costruite nel 1922 ma i successi non arrivano: due anni più tardi la società passa nelle mani di Lady Charnwood (che mette al comando il figlio John Benson) e dopo l’ennesima bancarotta del 1926 anche Martin si ritrova costretto a lasciare.Renwick e BertelliLa svolta arriva nel 1926 con l’acquisto da parte di Bill Renwick e del genovese (trapiantato nel Regno Unito) Augusto Bertelli: i due, già in possesso di una società specializzata in motori aeronautici cimentatasi anche nella realizzazione di propulsori automobilistici, ribattezzano l’azienda Aston Martin.Il primo si occupa di gestire la parte commerciale mentre il secondo (già impiegato presso Fiat e Ceirano) supervisiona la parte tecnica: le vetture da lui progettate conquistano diverse vittorie di classe nel motorsport.Gli anni TrentaL’Aston Martin, nuovamente in crisi, viene salvata nel 1932 da Lancelot Prideaux Brune, che a sua volta l’anno seguente cede la maggioranza del pacchetto azionario ad Arthur Sutherland. Nel 1934 il superstizioso Bertelli (rimasto come responsabile tecnico), convinto che l’assenza di risultati dipenda dalla tinta verde inglese tipica delle auto da corsa britanniche, rivernicia di rosso (colore usato per i modelli italiani) le sue vetture: in concomitanza con questa scelta scaramantica arrivano i primi successi assoluti.Nel 1936 la Casa “british” inizia a concentrarsi sui modelli di serie, l’anno successivo Bertelli lascia l’azienda e nel 1939 – in seguito all’inizio della Seconda Guerra Mondiale – la fabbrica viene convertita alla produzione di componenti aeronautici.L’era David BrownDavid Brown, imprenditore britannico specializzato in mezzi agricoli, acquista l’Aston Martin nel 1947 e la rende un marchio famoso in tutto il mondo. L’anno successivo (in concomitanza con l’acquisizione della Lagonda) nasce il primo modello della nuova gestione – la 2-Litre Sports, una spider prodotta in soli 15 esemplari – mentre risale al 1950 il debutto della DB2, primo modello di una lunga serie di vetture contraddistinte dal prefisso DB (le iniziali di Brown).Il primo successo importante per il marchio “british” risale al 1953 (Tourist Trophy vinto a Goodwood con una DB3S guidata dai britannici Peter Collins e Pat Griffith. Nel 1955, dopo l’acquisto del carrozziere Tickford, la produzione si sposta a Newport Pagnell. Per la prima vittoria rilevante all’estero del brand inglese bisogna attendere il 1957 quando la DBR1 guidata dai britannici Tony Brooks e Noël Cunningham-Reid si aggiudica la 1000 km del Nürburgring.Il trionfo in Germania dell’Aston Martin viene bissato nel 1958 con il britannico Stirling Moss e l’australiano Jack Brabham. Nello stesso anno debutta la bella e vivace DB4 (primo modello di serie famoso, motore 3.7 da 240 CV) e il binomio Moss/Brooks conquista nuovamente il Tourist Trophy con la DBR1.Il 1959Il 1959 è l’anno più ricco di soddisfazioni per il brand inglese: una DBR1 guidata dallo statunitense Carroll Shelby e dal britannico Roy Salvadori si aggiudica la prestigiosa 24 Ore di Le Mans (corredata dal secondo posto del francese Maurice Trintignant e del belga Paul Frère) e il binomio anglosassone composto da Moss e da Jack Fairman trionfa al Nürburgring e (con il supporto di Shelby) al Tourist Trophy.Nello stesso anno l’Aston Martin debutta in F1: abbandona il Circus nel 1960 dopo soli cinque GP disputati (migliori piazzamenti due sesti posti di Salvadori in Portogallo e in Gran Bretagna).La DB5La DB5 – il modello più celebre mai realizzato dalla Casa britannica – viene presentata ufficialmente nel 1963: grazie al design seducente – realizzato dalla carrozzeria italiana Touring Superleggera – e alle prestazioni vivaci fornite da un motore 4.0 a sei cilindri impiega poco tempo a conquistare gli automobilisti facoltosi. La fama arriva però nel 1964 grazie all’utlizzo di questa vettura nel film Agente 007 – Missione Goldfinger: la coupé inglese guidata dalla spia James Bond (personaggio interpretato da Sean Connery) è una delle protagoniste della pellicola e comparirà in altri cinque capitoli della saga.La crisiNel 1972 Brown cede l’Aston Martin al consorzio di Birmingham Company Developments, che a sua volta vende l’azienda tre anni più tardi a due uomini d’affari nordamericani (Peter Sprague e George Minden), i quali lanciano una serie di nuovi prodotti.Il 1976 è l’anno in cui debutta l’ammiraglia a quattro porte Lagonda, nel 1977 tocca alla V8 Vantage mentre l’anno seguente è la volta della versione scoperta Volante. Queste vetture, però, non bastano a risollevare la Casa britannica dalla crisi.Gli anni ’80L’imprenditore inglese Victor Gauntlett (attivo nel settore petrolifero) acquista il 10% delle azioni Aston Martin nel 1980 e acquisisce metà della società l’anno seguente. Nel 1982 si registra il minimo storico di automobili prodotte (30) e poco dopo l’azienda passa nelle mani dell’armatore greco Peter Livanos, il quale acquista anche una quota della Zagato e lancia nel 1986 la Vantage e la Volante realizzate in collaborazione con l’atelier milanese.L’era FordLa Ford inizia ad interessarsi del marchio “british” nella seconda metà degli anni ’80 e lo acquisisce completamente nella prima metà del decennio successivo: grazie al supporto economico della Casa statunitense si assiste ad un incremento della produzione e delle vendite. Merito di una serie di modelli azzeccati come la DB7 del 1994, la Vanquish del 2001 e la DB9 del 2004.Intorno alla metà del primo decennio del XXI secolo l’Aston Martin torna a vincere nel motorsport: il primo successo nel campionato FIA GT arriva nel 2005 con una DBR9 guidata dall’olandese Peter Kox e dal portoghese Pedro Lamy e risale allo stesso anno il trionfo in Bahrein con il francese Christophe Bouchut e lo spagnolo Antonio García.Nel 2006 arriva il titolo Costruttori grazie alle vittorie degli austriaci Karl Wendlinger e Philipp Peter al Mugello e del nostro Andrea Piccini in coppia con lo svizzero Jean-Denis Délétraz a Dubai.David RichardsUn consorzio di investitori guidato da David Richards (direttore della Prodrive – società che ha permesso alla Subaru Impreza di conquistare sei Mondiali rally tra il 1995 e il 2003 – ed ex team principal in F1 con i team Benetton e BAR) acquista dalla Ford il pacchetto di maggioranza dell’Aston Martin nel 2007. Nello stesso anno Wendlinger e il britannico Ryan Sharp trionfano a Monza e a Zolder.Il duo austro-inglese brilla anche nella stagione GT1 del 2008 salendo sul gradino più alto del podio a Silverstone, a Oschersleben e a Brno. Nel 2010, in concomitanza con il lancio dell’ammiraglia Rapide, il ceco Tomáš Enge e il britannico Darren Turner vincono al Nürburgring mentre i transalpini Yann Clairay e Frédéric Makowiecki salgono sul gradino più alto del podio a San Luis.Nel 2011 le Aston Martin gestite dal team transalpino Hexis AMR conquistano il titolo GT1 grazie alle vittorie del monegasco Clivio Piccione e dell’olandese Stef Dusseldorp ad Abu Dhabi, del tedesco Christian Hohenadel e di Piccini al Sachsenring e del teutonico Stefan Mücke e di Turner a Pechino.Gli ultimi anniNel 2012 il 37,5 della Casa “british” viene acquistato dal fondo di private equity milanese Investindustrial di Andrea Bonomi e l’anno seguente viene firmato un accordo con la Mercedes per la fornitura di motori AMG.

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Lotus 72, una rivoluzione in F1

La Lotus 72 è una delle monoposto più famose e vincenti della storia della F1: tra il 1970 e il 1975 le sei evoluzioni di questa vettura hanno permesso infatti alla scuderia britannica di conquistare ben cinque Mondiali. Scopriamo insieme la storia di questo mito del motorsport.Lotus 72, la storiaLa Lotus 72 viene progettata dai britannici Colin Chapman e Maurice Philippe alla fine degli anni Sessanta per prendere parte al Mondiale del 1970. Dotata di un telaio monoscocca in alluminio e di un motore 3.0 V8 Ford Cosworth, presenta due innovazioni destinate a cambiare la storia del Circus: il radiatore dell’acqua spostato dalla zona anteriore ai lati del pilota per ragioni aerodinamiche (ma anche per incrementare la sicurezza in caso di urto laterale) e i dischi dei freni entrobordo (all’interno del telaio) anziché sul portamozzo per ridurre le masse non sospese e per migliorare così il comportamento stradale.1970La Lotus 72A debutta in F1 il 19 aprile 1970 in occasione del GP di Spagna, seconda tappa del campionato: due esemplari vengono affidati all’austriaco Jochen Rindt (8° in griglia, ritirato in gara) e al britannico John Miles (non qualificato).Rindt non ama molto questa vettura e decide quindi di correre a Monte Carlo e in Belgio con la vecchia 49C. Sul circuito di Spa-Francorchamps Miles porta in pista per la prima volta la 72B, priva del sistema anti-squat al retrotreno che riduceva il sollevamento del muso in accelerazione.La situazione migliora nella gara seguente – in Olanda – con la 72C, caratterizzata da un nuovo cambio più compatto e dall’assenza tutti i sistemi anti-squat e anti-dive (che limita l’abbassamento del muso nelle fasi di decelerazione): Rindt conquista la pole position e la prima vittoria per la rivoluzionaria monoposto Lotus. La striscia di trionfi per il pilota austriaco continua in Francia, in Gran Bretagna e in Germania.Il GP d’Italia 1970 è uno dei più tragici della storia della F1: durante le qualifiche sul circuito di Monza la vettura di Rindt si schianta in seguito alla rottura di un semiasse e Jochen perde la vita. Due GP più tardi, negli USA, il primo successo in carriera del giovane e talentuoso pilota brasiliano Emerson Fittipaldi (sempre alla guida di una 72C) unito al sorprendente terzo posto al debutto dello svedese Reine Wisell permette al pilota austriaco di diventare l’unico campione del mondo postumo e alla scuderia inglese di conquistare il titolo iridato.1971Il 1971 si rivela un anno deludente per la Lotus: al terzo GP della stagione (Monte Carlo) debutta la 72D rivista nella zona posteriore (sospensioni e ala) in seguito all’introduzione degli pneumatici slick in F1 e arrivano solo tre podi grazie a Fittipaldi (terzo in Francia e in Gran Bretagna, 2° in Austria).1972Nel 1972 la Lotus 72 si presenta con la nuova livrea nera oro John Player Special, una tinta che rimpiazza quella bianca-rossa-oro del precedente sponsor Gold Leaf e che porta parecchia fortuna alla monoposto britannica. Fittipaldi ottiene cinque successi (Spagna, Belgio, Gran Bretagna, Austria e Italia) e altri tre podi, diventa campione del mondo e permette al suo team di conquistare il titolo Costruttori.1973Il 1973 si segnala per l’arrivo in Lotus di un secondo pilota talentuoso – lo svedese Ronnie Peterson – che soffre nella prima metà della stagione. Fittipaldi convince nei primi tre GP dell’anno (vincendo in Argentina e in Brasile e tagliando il traguardo in terza posizione in Sudafrica) con la “vecchia” 72D e inizia bene anche con l’evoluzione 72E (contraddistinta dalla struttura deformabile) trionfando in Spagna, arrivando terzo in Belgio e chiudendo al secondo posto a Monte Carlo (3° Peterson).La gara nel Principato segna il riscatto del driver scandinavo che arriva 2° nella gara di casa e in Gran Bretagna, conquista il primo successo in carriera in Francia e si ripete in Austria. Il compagno brasiliano perde le ultime possibilità di portare a casa il titolo iridato in Italia quando la Lotus decide di non dare ordini di scuderia: primo Peterson, secondo Fittipaldi. La stagione si chiude con la piazza d’onore di Emerson in Canada e con il dominio di Ronnie negli USA, che consente al team inglese di trionfare tra i Costruttori.1974La stagione 1974 della Lotus 72 si apre con l’addio di Fittipaldi, rimpiazzato dal belga Jacky Ickx (due volte terzo con questa vettura in Brasile e in Gran Bretagna). Nonostante rivali più competitive Peterson riesce a portare la monoposto britannica sul gradino più alto del podio in tre occasioni (Monte Carlo, Francia e Italia, l’ultimo trionfo di una vettura entrata nella storia del Circus) e chiude la stagione con un terzo posto in Canada.1975Il 1975, ultima stagione della Lotus 72, vede la vettura da corsa “british” indietro rispetto alla concorrenza: l’ultimo podio arriva in Spagna grazie al secondo posto di Ickx (che abbandona la scuderia inglese a metà stagione) e in Gran Bretagna debutta l’ultima evoluzione 72F, con il passo allungato e una distribuzione dei pesi maggiormente orientata verso la zona posteriore. L’ultima apparizione di questo modello risale al GP degli USA.

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