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Isotta Fraschini Tipo 8A (1924): viale del tramonto

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La Isotta Fraschini Tipo 8A – prodotta dal 1924 al 1930 – non è stata solo una delle auto più esclusive degli anni ’20 ma anche una delle più famose di quel periodo. L’ammiraglia lombarda ha infatti raggiunto l’immortalità grazie alla sua partecipazione nel film “Viale del tramonto” del 1950 e l’esemplare comparso sul grande schermo – una Castagna Trasformabile del 1929 – è oggi ammirabile presso il Museo dell’Automobile di Torino.

Isotta Fraschini Tipo 8A (1924): le caratteristiche principali

La Isotta Fraschini Tipo 8A – nata nel 1924 per rimpiazzare la Tipo 8 – si distingue dall’antenata per il motore più grande e per gli ammortizzatori sulle quattro ruote e non più solo su quelle posteriori.

Prodotta in poco meno di 1.000 esemplari (solo telaio e motore, per la carrozzeria bisognava rivolgersi ad aziende esterne), conquista moltissimi clienti facoltosi.

Isotta Fraschini Tipo 8A (1924): la tecnica

Il motore della Isotta Fraschini Tipo 8A è un 7.4 a otto cilindri in linea abbinato a un cambio manuale a tre marce con una potenza compresa tra 115 e 160 CV.

Isotta Fraschini Tipo 8A (1924): le quotazioni

Le quotazioni della Isotta Fraschini Tipo 8A recitano cifre superiori a 600.000 euro ma nelle ultime aste sono “bastati” poco più di 400.000 euro per acquistarne una.

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Honda NSX VS McLaren 570S -Icon Wheels FACE-OFF

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In breve
Honda NSX
Potenza 581 CV
Coppia 550 Nm
0-100 km/h 3,6 secondi
V-max 308 km/h
Prezzo 201.000 euro
McLaren 570S
Potenza 570 CV
Coppia 600 Nm
0-100 km/h 3,2 secondi
V-max 322 km/h
Prezzo 190.200 euro

Hanno quasi la stessa potenza, le stesse prestazioni, lo stesso prezzo, ma non potrebbero essere più diverse di così. La Honda NSX e la McLaren 570S sono sì due supercar a motore centrale, ma la tecnologia che le muove e la filosofia con cui sono costruite è molto diversa. La Honda è un computer, un mezzo di trasporto uscito da un film di fantascienza. La McLaren, invece, è una macchina da corsa omologata per uso stradale.

Da guidare sono molto diverse, e hanno anche scopi diversi. Vediamo però, almeno sulla carta, quali sono le differenze.

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Dimensioni

L’Honda NSX è appena più corta e larga della McLaren 570 S, con 449 cm di lunghezza e 194 cm di larghezza, contro 453 e 190 cm. Questo la rende più “quadrata” e schiacciata a terra nella sua presenza su strada, nonostante l’altezza sia uguale per entrambe: 120 cm.

Anche il passo è più corto, sulla Honda, 253 cm (cortissimo) contro i 257 dell’inglese, che risulta più lunga e stabile. Il peso però è a netto vantaggio della 570S, con soli 1344 kg sull’ago della bilancia contro i 1763 kg della giapponese, che paga pegno per i motori elettrici e le batterie del sistema ibrido. Anche il bagagliaio ne risente, e sulla Honda misura solo 110 litri, contro i 150 litri della McLaren.

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Potenza

Veniamo al cuore pulsante di queste due supercar, il motore. L’inglese monta un più convenzionale V8 3,8 litri biturbo da 570 CV a 7400 giri/min e 600 Nm di coppia a 5000 giri/min, abbinato alla trazione posteriore e ad un cambio a doppia frizione a 7 rapporti.

La Honda, invece, monta un motore 3,5 litri V6 biturbo abbinato a 3 motori elettrici, uno posteriore e due anteriori (uno per ogni ruota), in questo modo il sistema simula una trazione integrale. La potenza complessiva è di 580 Cv a a 6500 giri/min e 550 Nm a 6.000 giri. Il cambio è un doppia frizione a ben 9 rapporti.

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Prestazioni

Veniamo dunque alle prestazioni. La Honda ha il vantaggio della trazione integrale ma lo svantaggio di un peso maggiore alla McLaren, così perde nello scatto da 0 a 100 km/h (3,6 secondi) contro l’impressionante tempo di 3,2 dell’inglese.
Anche la velocità massima della 570S è superiore: 322 km/h contro i 308 km/h della NSX.

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Audi SQ5 TDI: Eco-Cattiva

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Se la S di sport ha per voi lo stesso richiamo della S di supereroe, e avete da spendere (minimo) 76.250 euro, allora è arrivato il momento di schierare al vostro fianco una nuova compagna a quattro ruote, per trainare la vostra voglia di libertà con 347 cavalli e 700 Nm di coppia. Tanta potenza risponde al nome di nuova SQ5 TDI, la variante mild-hybrid Diesel dalle alte prestazioni della seconda generazione del già acclamato SUV targato Audi.

Prestazioni da sportiva di razza per la nuova Audi SQ5 TDI

 

La performance non manca, con la trazione integrale permanente quattro e un motore V6 3.0 TDI pronto ed energico, deciso a lanciarvi da 0 a 100 km/h in 5,1 secondi: un’unità a doppia sovralimentazione con un compressore ad azionamento elettrico che si affianca al classico turbo- compressore a gas di scarico e porta in dote un’eccellente erogazione ai bassi regimi.

Il tutto mentre la tecnologia mild-hybrid a 48 Volt (composta da un alternatore-starter azionato a cinghia collegato all’albero motore) contribuisce al contenimento dei consumi: fino a un massimo di 0,7 l/100 km in condizioni di guida reali.

Con la nuova SQ5 TDI,  Audi si è data da fare non solo perfezionando la versione precedente del propulsore, ma ridisegnando inoltre albero motore, pistoni, bielle e sistema di lubrificazione. E per quelli che il battito vogliono sentirlo anche e soprattutto nelle orecchie, i progettisti hanno pensato bene di aggiungere il “sound actuator” nell’impianto di scarico che aumenta il rombo del motore percepito in abitacolo.

Docile e confortevole per i lunghi viaggi

 

Come le altre sorelle della gamma, Audi SQ5 TDI si presta all’utilizzo più versatile. La sua anima eclettica la distingue non sono dal punto di vista della guida ma anche nello stile; in lei convivono un profilo caratteristico e dettagli che fanno la differenza, rendendola una perfetta alleata in molteplici situazioni: nei lunghi viaggi in autostrada sarete circondati dal massimo comfort (il pianale è lo stesso della A4 e della A5) e da tessiture nobili, come piace ai clienti della Casa tedesca, rese più cattive dai sedili sportivi in Alcantara/pelle con marcatura S di serie; la sua figura elegante è invece perfetta per specchiarsi con la massima destrezza nelle vetrine di città, mentre lo spoiler al tetto S strizza l’occhio ai passanti.

… ma tra i tornanti è scatenata

Ma è fuori porta e dalle mappe che la amerete ancora di più, quando potrete sbizzarrirvi a briglie sciolte tra i tornanti più impervi, grazie all’assetto ribassato di tre cm rispetto alle Q5 “normali”, agli ammortizzatori e allo sterzo dinamico – in aggiunta su richiesta ci sono le sospensioni pneumatiche “adaptive air suspension” con specifiche S (1.415 euro, in abbinamento obbligatorio con la ruota di scorta ripiegabile) – e perché no, caricare il vostro bagagliaio per il weekend fino a 1.510 litri.

E il piacere, sulla nuova Audi SQ5 TDI, non è solo alla vista: il cambio automatico tiptronic (convertitore di coppia) a otto rapporti offre la comodità di affidarsi al dispositivo automatizzato, ma garantisce al contempo la possibilità di condurre secondo il proprio slancio, gustandosi al meglio il carattere sportivo di una trasmissione manuale.

I dati tecnici
Le prestazioni
Accelerazione 0-100 km/h 5,1 secondi
Potenza 347 CV a 3.850 giri
Coppia 700 Nm a 2.500 giri
Velocità massima 250 km/h
Cilindrata 2.967 cm3
I consumi
Ciclo combinato 8,1 l/100 km

Equipaggiamento, dotazione e accessori

Dotata di serie di proiettori anteriori e gruppi ottici posteriori a LED, la variante più sportiva della teutonica e disinvolta Sport Utility “premium” dei quattro anelli completa la propria estetica con cerchi in lega da 20 pollici (opzionali quelli da 21”, da 1.660 euro) e importanti prese d’aria sul paraurti posteriore. Senza dimenticare il particolare metallico che contraddistingue gli specchietti retrovisori, così come l’inserto orizzontale dell’estrattore e i doppi listelli che compongono la leggendaria griglia single frame. L’accento finale è dato dal logo S, che spicca sui sedili e sui battitacco illuminati.

Eleganza, sportività e fascino si integrano con la più completa offerta di sistemi di assistenza alla guida. Immaginatevi ora al comando della vostra nuova Audi SQ5 TDI, con le mani su un volante multifunzione plus a tre razze rivestito in pelle: da qui l’Audi virtual cockpit con schermo LCD da 12,3 pollici vi consentirà di visualizzare il quadro strumenti completamente digitale, in grado di fornirvi tutti i dati necessari a una navigazione ottimale.

I più esigenti potranno aggiungere in opzione l’head up display (1.180 euro), il si- stema MMI Navigation plus (1.610 euro, per usufruire dei servizi Audi connect) e il Bang & Olufsen 3D Soundsystem (1.370 euro). E a questo punto, a bordo della regina delle sportive a gasolio, che abbonda di coppia mantenendo i consumi controllati (8,1 l/100 km secondo il ciclo WLTP, piuttosto fedele alle condizioni di guida reali), sarà davvero tutta un’altra musica.


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Audi sQ5 TDI: in Italia da 76.250 euro

Aperti i pre-ordini per la rinnovata SUV sportiva, diesel, dei Quattro Anelli

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Sospeso lo sciopero dei benzinai del 17 luglio 2019

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Lo sciopero dei benzinai – inizialmente previsto per il 17 luglio 2019 – è stato sospeso dopo che il Mef (Ministero dell’Economia e delle Finanze) con una nota indirizzata ai presidenti di Faib, Fegica e Figisc ha convocato il tavolo con le associazioni dei gestori per il prossimo 23 luglio.

“L’apertura del tavolo è giudicata da Faib un passo importante per affrontare le aree di criticità presenti sulla rete e per approntare strumenti adeguati per un fisco più equo”, così recita il comunicato di Faib Confesercenti relativo alla sospensione dello sciopero. “Nel ringraziare il Sottosegretario Villarosa per l’impegno assunto a nome del Governo ad affrontare temi che il settore si trascina da tempo, Faib, accogliendo le deliberazioni delle assemblee fin qui svolte, sospende le iniziative indette di protesta e di chiusura degli impianti, per consentire un confronto costruttivo tra le parti, utile alla risoluzione delle questioni sollevate dalla categoria negli ultimi mesi, in diverse occasioni, e in un momento particolarmente difficile del settore che si trova alla vigilia della stagione dei rinnovi degli accordi economici”.

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BMW Z4: l’icona del piacere di guidare

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Qualche Casa le ha abbandonate perché troppo poco redditizie (non se ne vendono abbastanza per guadagnarci); altre, per fortuna, ci credono ancora: indubbiamente non è questo il momento storico migliore per le auto scoperte – siamo nell’epoca dei SUV – ma modelli come la BMW Z4 riconciliano con il genere. E con il piacere dell’auto in quanto tale: come oggetto di contemplazione estetica, come mezzo meccanico da toccare, guidare, vivere, ma anche con cui immergersi nell’ambiente circostante. Sì perché il piacere di guida, quando si parla di cabrio, spider e roadster, è anche andare piano, a passo d’uomo addirittura, apprezzando il riverbero del rumore di scarico sulle rocce a bordo strada, i profumi del bosco o del lungomare, la brezza fra i capelli e sulle braccia.

DNA BMW per la nuova Z4

Audi SQ5 TDI

Credits: Cockpit

Il tutto, perché no, sapendo di poter contare su un motore e su un telaio capaci di divertire e di far andar forte, all’occorrenza. Caratteristiche che sono da sempre nel DNA di BMW e che la nuova Z4, la terza generazione del modello, non smentisce di certo. Già, “Z”, un piccolo viaggio nel tempo vale la pena di farlo perché la storia è ricca. Una lettera, la zeta appunto, che è quasi un marchio a sé stante, all’interno della gamma del brand bavarese: la prima è la leggendaria Z1 del 1988, quella passata alla storia per le portiere “a scomparsa” nella parte bassa della fiancata. Nel 1995 è il turno della Z3, roadster e coupé, come la Z4 che la sostituisce nel 2002 e che nel 2018 giunge, come scritto sopra, alla terza generazione. Nel mezzo, ma su un livello più elevato, la meravigliosa Z8 del 2000, con un 5.0 V8 aspirato a benzina sotto al cofano anteriore. Insomma, dietro alla Z4 c’è una storia, una tradizione, un saper fare che non si improvvisa.

Spider in stile classico

Un prodotto “sexy” come la BMW Z4 offre un’infinità di spunti, ma non si può non cominciare da quello che rappresenta l’essenza stessa di una spider: il tetto in tela. Certamente meno efficace dal punto di vista dell’insonorizzazione e anche più esposto a eventuali atti vandalici, eppure tremendamente affascinante. Irresistibile. Una soluzione tornata a “furor di popolo” dopo appena un turno in panchina (con la Z4 appena sostituita). Per fortuna, vien da dire, perché i gusti sono gusti, ma una spider col tetto in lamiera, passateci il confronto un po’ forzato, è come una moto a tre ruote: ci sono dei vantaggi innegabili, ma ogni tanto è doveroso lasciare da parte la razionalità.

I dati tecnici
Le prestazioni
Accelerazione 0-100 km/h 4,6 secondi
Potenza 340 CV
Velocità massima 250 km/h
Cilindrata 2.998 cm3
I consumi
Ciclo combinato 7,4 l/100 km
Emissioni di CO2 168 g/km

Il debutto a Pebble Beach, una dichiarazione d’intenti…

Lo status della nuova Z4, in BMW hanno tenuto a metterlo in chiaro fin da subito: per svelarla al mondo non hanno scelto un “banale” salone dell’auto, bensì il palcoscenico più esclusivo al mondo in tema di automobili, Pebble Beach, che è come dire la Monte Carlo della Costa Azzurra, la Porto Cervo della Costa Smeralda o la Portofino della Riviera Ligure.

Anzi, forse è qualcosa in più: lì, ogni anno, si radunano gli appassionati di automobili più ricchi al mondo per esporre le proprie meraviglie e per concludere affari con un numero indefinito di zeri. Il fatto che la Z4 si sia fatta vedere in anteprima dinanzi a una platea tanto selezionata è più di un indizio del fatto che il suo target sia elevato. Non, sia chiaro, al punto da renderla un privilegio da milionari: la gamma parte dai 43.800 euro della sDrive20i.

Due motori disponibili per la BMW Z4

Sotto al lungo cofano anteriore della nuova BMW Z4 i motori disponibili sono due (almeno per ora), entrambi a benzina: 2.0 turbo 4 cilindri da 197 o 258 CV e 3.0 sei cilindri in linea, sempre turbo, da 340 CV. Nell’ordine la velocità massima è pari a 240 – 250 – 250 km/h, l’accelerazione da 0 a 100 km/h richiede 6,6 – 5,4 – 4,6 secondi e il consumo medio è pari a 6,1 – 6,1 – 7,4 l/100 km.

BMW Live Cockpit Professional

Ultimo, ma non meno importante, davanti al guidatore della Z4 si staglia non il classico quadro strumenti analogico, ma il BMW Live Cockpit Professional: una strumentazione interamente digitale con due modalità di visualizzazione. Non mancano inoltre fari a LED adattivi e head-up display. hotspot WLAN e comandi vocali evoluti. A proposito di tecnologia, abbondano i sistemi di assistenza alla guida: fra gli altri, ci sono la frenata automatica con riconoscimento pedoni, l’indicazione del divieto di sorpasso, le telecamere per gli angoli ciechi e il cruise control adattivo Active Cruise Control.


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BMW Z4 2019, il video

Le immagini della nuova roadster bavarese

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Toyota Supra: gomme fumanti

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Sono passati 23 anni da quando abbiamo visto il nome della Toyota Supra per l’ultima volta nei listini italiani. Ora la sportiva iconica giapponese – arrivata alla quinta generazione – è tornata: una coupé a trazione posteriore nata dopo sette anni di gestazione, due posti secchi, una taglia più piccola della sua antenata e tanti elementi condivisi (piattaforma, motore, cambio e buona parte degli interni) con la terza generazione della spider BMW Z4.

Una partnership, quella con la Casa tedesca, che ha suscitato qualche perplessità tra gli appassionati, poco disposti ad accettare il fatto che l’auto venga prodotta in Austria; una contaminazione che, secondo alcuni, guasta in qualche modo un pezzo di storia automobilistica giapponese. Ma la Toyota non è, come sareste portati a credere, una BMW vestita con un kimono: è molto di più.

Motore e prestazioni

Le forme della nuova Toyota Supra sono muscolose ed esotiche, con un cofano lungo e levigato e dei gruppi ottici che richiamano il modello precedente, mentre il posteriore scolpito e pronunciato è molto molto racing. Sotto il cofano anteriore troviamo un motore sei cilindri in linea turbo da 3 litri, posizionato appena dietro le ruote anteriori per garantire una distribuzione dei pesi 50:50. 340 cavalli di potenza, 500 Nm di coppia e un cambio automatico a 8 rapporti (l’unica trasmissione disponibile) prodotto da ZF. Le prestazioni sono esaltanti: 0-100 km/h in 4,3 secondi e 250 km/h (limitati) di velocità massima.

I dati tecnici
Le prestazioni
Accelerazione 0-100 4,3 secondi
Potenza 340Cv
Velocità massima 250 Km/h
Cilindrata 2.998 cm3
I consumi
Ciclo combinato 7,5l/100km
Emissioni di CO2 170g/km

Toyota Supra: una piccola Gran Turismo

L’anima della nuova Supra tuttavia non è da teppista adatta solo per le domeniche in pista: si sta seduti comodi, gli interni sono curati e di qualità (le finiture e la tecnologia bavarese giovano, diciamolo) e le sospensioni sono in grado di assorbire ogni tipo di strada. Si potrebbe definire una piccola “GT”, una gran turismo sportiva con cui macinare chilometri, anche perché il bagagliaio da 290 litri è sufficiente per un trolley e una valigia morbida, quello che serve per due persone.

Ma questa sua comodità non intacca minimamente la precisione di guida. Se si passa da “Normal” a “Sport” la Toyota Supra tende le fibre dei suoi muscoli e diventa precisa, veloce e stabile – grazie alla ripartizione perfetta dei pesi – ma affilata per via delle sospensioni adattive e dello sterzo preciso e lineare. I più smaliziati al volante apprezzeranno anche il differenziale autobloccante a due vie, che permette trazione in uscita di curva ma anche un inserimento migliore. Ma tutti potranno godere della spinta dolce e corposa del sei cilindri in linea, della sua voce piena e degli scoppiettii in rilascio.

Nuova Supra: un livello superiore

La Toyota Supra è e rimane un mito e il fatto che questa versione moderna sia “co-sviluppata” non la rende meno sportiva, meno divertente o meno bella da guardare. Anzi, la Supra raggiunge una qualità di livello superiore (soprattutto negli interni e nel sistema multimediale) ed è una vera e propria sportiva dalla doppia anima: comoda per l’utilizzo di tutti i giorni ma precisa e coinvolgente in pista o su una strada di montagna. In Italia viene venduta solo nell’allestimento Premium completo di ogni gadget desiderabile, tra cui fari a LED adattivi, cerchi in lega da 19”, differenziale elettronico, freni performanti e impianto audio premium JBL con 12 altoparlanti. Il prezzo è di 67.900 euro mentre per le prime consegne ai clienti bisognerà aspettare purtroppo dopo l’estate.

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Viaggio nel Mondo Lexus

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A Fukuoka, mille chilometri da Tokyo, c’è un autosalone che sembra un hotel a cinque stelle. Atmosfera rarefatta, lieve musica di sottofondo, il sorriso composto di giovani ragazze dalle acconciature perfette, divanetti di lusso, mega schermi a LED, venditori discreti. Rigorosamente uomini. È in luoghi come il Fukuoka Higashi Retailer, nato nel 2005, che si diventa clienti Lexus, marchio di automobili assai orientato al servizio e al piacere di seguire il cliente passo dopo passo, prima e dopo l’acquisto.

Così, con un’attenzione maniacale a dettagli e qualità, tra officine come beauty farm e servizi a domicilio per le emergenze, il luxury brand scommette sulla fedeltà della clientela alta. Siamo in Giappone. Terra di contrasti, fatta di inchini, gentilezza, atmosfere e stretti protocolli che sono, innanzitutto, uno stato mentale. Qui linee, forme, luci e colori si miscelano come in un’equazione il cui risultato è l’innovazione ispirata alla tradizione. Quella stessa che ha portato il brand premium del gruppo Toyota a «realizzare auto di lusso ai massimi livelli di qualità e tecnologia, ispirata dalla cultura giapponese di anticipazione delle esigenze del cliente e dalla capacità di combinare elementi apparentemente contrastanti in soluzioni innovative», come ha sintetizzato Eiji Toyoda, l’uomo che ha reso grande la Toyota e che ha inventato il brand Lexus.

Le origini e la storia di Lexus

Era il 1983 quando, in una giornata d’agosto, riunito a Nagoya lo stato maggiore della Toyota Motor Corporation, Toyoda si mise a dettare l’agenda del giorno con un quesito: siamo capaci di fare un’auto in grado di battere i grandi marchi del lusso tedeschi, inglesi e americani? Ebbe allora inizio il progetto F1, dove F sta per flagship (ammiraglia) al quale iniziarono a lavorare 1.400 ingegneri, 2.300 tecnici e 60 designer che realizzarono 450 prototipi per un investimento stimato, all’epoca, di 3 miliardi di dollari. Obiettivo: contrastare sul mercato statunitense, oltre ai tedeschi, Acura, brand premium di Honda.

Detto, fatto. Nel 1988 arrivava sul mercato un nuovo marchio, presentato al Salone di Los Angeles. Era nata la Lexus. Toyota aveva, in altre parole, deciso di non limitarsi a realizzare un solo modello di lusso e mise in produzione una gamma di raffinate automobili. La scelta si rivelò vincente e la casa di auto giapponese decise che il progetto Lexus andava fatto conoscere al mondo. Nel 1990 venne pertanto progressivamente introdotto in Europa e nel 2005 anche in Giappone, dove è la prima marca di lusso nazionale a essere commercializzata. +

E oggi la percezione, girando nei luoghi dove le automobili Lexus si producono con meticolosa attenzione, è che il progetto Lexus non sia stato solo una scommessa (peraltro vinta) ma un obiettivo preciso, una pianificazione accuratissima, che ha previsto nei minimi dettagli un attacco scientifico al mercato del prestigio, con la forza della cultura giapponese e la potenza di un grande gruppo industriale.

DNA giapponese al 100%

Salendo a bordo delle auto Lexus, il comfort è da top class: c’è tutto e tutto è esattamente dove ci si aspetta che sia. I posti anteriori sono accoglienti e avvolgenti. I volumi sono ben proporzionati e i dettagli al top. Come per esempio la traforatura della pelle dei sedili che segue un pattern matematico per ricalcare l’effetto della griglia esterna o il suono della chiusura delle portiere e ancora il comando delle bocchette dell’aria che dà un effetto di tridimensionalità quando si illumina.

L’impronta giapponese sta tutta qui: nel tocco inimitabile della manodopera umana contrapposto all’efficienza, alla rapidità e alla precisione della tecnologia. E ancora il futuro dell’artigianato contrapposto all’ascesa dell’intelligenza artificiale, che svela al mondo che ci vogliono 60.000 ore di training in Giappone per diventare un Takumi, e cioè un artigiano.

Il futuro in una concept car: Lexus LF-1 Limitless concept

«Un concetto che è stato al centro del marchio Lexus da quando abbiamo iniziato, 30 anni fa», ha raccontato Koichi Suga, chief designer di Lexus Design Division, l’uomo incaricato di creare e orientare la direzione del design di tutti i futuri prodotti Lexus. È con lui che abbiamo parlato del futuro del design del marchio, all’interno del quartier generale del design Lexus, a Toyota City, prefettura di Aichi, il nucleo di attività di progettazione del gruppo Toyota dal 1948. E in particolare della Lexus LF-1 Limitless concept, prototipo di crossover presentato al Salone di Detroit 2018, dall’accattivante interpretazione futurista, che anticipa il nuovo corso del marchio attraverso inedite soluzioni di design. Ideata per essere al vertice della gamma, ha un’originale impostazione dell’abitacolo, sempre più tecnologico e ricco di sistemi hi-tech.

«Queste sono le linee del futuro. Ora dobbiamo pensare a come tradurle al meglio. Pensiamo sempre a creare nuovi prodotti ma vogliamo che durino nel tempo. Perché accada, credo che la chiave sia l’attenzione ai dettagli, come l’uso del vetro Kiriko o dei pannelli di tessuto pieghettati. Il coraggio è uno degli elementi centrali del design Lexus; cerchiamo sempre nuovi elementi stilistici che ci rendano unici. L’interior design sta diventando sempre più importante. Per esempio oggi i clienti tendono a preferire il touch screen. Lavoreremo in questa direzione. Infine, impresa non facile, dobbiamo anche negoziare l’introduzione di nuovi spunti di progettazione con gli ingegneri!».

Il Design Dome ospita l’intero processo creativo, dagli schizzi ai rendering 3D fino ai prototipi. L’ultimo piano ha un tetto retrattile da 200 tonnellate, in modo che i nuovi modelli possano essere esaminati alla luce del giorno, in completa segretezza, mentre un altro piano è dotato di un teatro a grandezza naturale e di una suite di realtà virtuale per la valutazione di progetti generati al computer.

Il team di Aichi ha creato l’attuale ammiraglia Lexus LS e anche il Suv RX e la coupé LC, auto che ha vinto numerosi premi internazionali di design. La strategia che, solo nel 2015, ha permesso all’azienda giapponese di far crescere le sue vendite europee del 20%, per un totale di quasi 65.000 unità, è fatta da una complessa combinazione di elementi. Innanzitutto il prodotto. Lexus punta infatti sulla tecnologia Full Hybrid, proposta su tutti i modelli della gamma a coprire i segmenti di Suv, crossover, berline sportive, coupé e ammiraglie. Le vetture presentate negli ultimi anni testimoniano inoltre uno sforzo sempre maggiore di offrire prodotti dal design emozionale, come la griglia a clessidra o lo schema a L dei gruppi ottici.

Lexus UX: il concetto engawa che disegna gli interni

Gli interni sono la vera cifra della modernità di Lexus: i designer hanno voluto cancellare il confine tra interni ed esterni della vettura.

Si chiama engawa, ed è un concetto architettonico testimoniato nelle verande delle case tradizionali giapponesi.

A testimonianza è il nuovo SUV compatto UX: abitacolo e carrozzeria sono connessi, con la sezione superiore del quadro strumenti che sembra estendersi oltre il parabrezza.

Lo stesso vale per il cofano, che sembra quasi congiungersi con la plancia, per un effetto bello e funzionale per il campo visivo. O la traforatura dei sedili in pelle liscia, con il metodo di cucitura sashiko, usato per le uniformi di arti marziali di judo e kendo per oltre 1.200 anni.

Infine il principio Seat in Control, che concentra le funzioni principali del veicolo attorno al posto guida, integrando tutti i comandi in uno spazio grande quanto il palmo di una mano.

Omotenashi: la parola d’ordine Lexus

Potevano auto del genere nascere in un luogo diverso dal Giappone?

La risposta è no, perché ogni passaggio, dalla progettazione alla realizzazione, che deve essere il più fedele possibile al prototipo, è guidato da un principio cardine della cultura del Sol Levante, l’omotenashi, ovvero l’ospitalità.

Che si traduce nel tentativo di anticipare le esigenze dei clienti, nello sforzo di rendere unica l’esperienza di acquisto e nell’applicazione di tecnologie sempre più avanzate.

E se robotica e computerizzazione hanno trasformato i processi di produzione, resta la convinzione che gli occhi e le mani dell’essere umano siano gli strumenti migliori per assicurare il massimo della qualità.

Per questo il selezionato team di artigiani Takumi si occupa di controllare personalmente ogni singola vettura e di assicurare gli standard di processi come la sabbiatura a mano nella fase di verniciatura, o le cuciture (sempre a mano) dei rivestimenti in pelle.

Senza dimenticare i luxury space Intersect by Lexus, dove gli ospiti possono interagire e sperimentare il mondo luxury del brand nipponico.

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BMW C 400: scooter per distinguersi

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Quella che, nel corso della sua lunga storia, è stata definita come una delle Case più conservatrici del panorama mondiale, è oggi all’avanguardia, in tutto. Da metà anni 90 ha rivoluzionato come nessun’altra. Quindi non solo boxer – l’icona per i fans della Casa tedesca – ma motori di ogni genere per poter seguire i gusti, sempre mutevoli, del mercato. Uno, due, quattro, sei cilindri e non sono solo numeri. Tutte le moto firmate
 BMW sono all’avanguardia, nello stile come nei contenuti. Siano cruiser, GT, enduro o sportivissime.

Con un brand come BMW Motorrad che ha un richiamo fortissimo sugli appassionati e che va a braccetto col settore automobilistico, altrettanto evoluto, raffinato e tecnologico. Per una Casa, dunque, che ha saputo rinnovarsi così rapidamente entrando con successo in ogni segmento motociclistico, non poteva mancare una decisa attenzione anche allo scooter. Che, possiamo anche dirlo apertamente, è la tipologia di mobilità che prende un po’ dall’auto e un po’ dalla moto.

 

Da subito unconventional

Ora, che la BMW metta in produzione qualcosa che sia convenzionale oppure ispirato al made in Japan (o meglio a tutto ciò che nasce nel Far East) è inimmaginabile. Quando ha iniziato ad approcciarsi al mondo dello scooter ha da subito fatto capire che il suo prodotto non si poteva confondere con nessun altro. Ricordate il C1 realizzato negli anni Novanta in collaborazione con Bertone? Aveva il tetto che fungeva da cellula di sicurezza, le cinture per il pilota ed era omologato per la guida senza casco. Sicurezza è del resto un must della BMW, che, sottolineiamo, è stata anche la prima al mondo a introdurre l’ABS sulle moto (anni Ottanta, sulla serie K).

Il C1 non ebbe fortuna, d’accordo, forse era troppo avanti per i tempi, e pure qualche difetto lo mostrava, come il baricentro troppo alto, o il passeggero piazzato dietro la “cellula” del pilota, dunque non protetto e per di più seduto contromarcia. Ma fece capire al mondo che la BMW cercava strade nuove per la mobilità, senza ispirarsi ad altri.

Più avanti nel tempo ha realizzato il 650, un maxi scooter dalle prestazioni top, al debutto nel 2012 e proposto in due allestimenti, Sport e GT. 60 e 63 CV, rispettivamente la potenza, come a dire che le prestazioni non hanno rivali. Un duro colpo per il Yamaha T-Max 500, un successo per la BMW, naturalmente nel settore d’élite della mobilità. Serviva poi un altro modello, questa volta di fascia media per inserirsi in quel mercato che fa numeri piuttosto alti. E allora ecco che alla fine del 2018 si tolgono i veli al C 400, anch’esso con due allestimenti, GT e X (lo sportivo).

 

La scheda tecnica
Le misure
Peso 204 kg (212 GT)
Velocità massima 139 km/h
Cilindrata 350 cc
I consumi
Autonomia teorica 366 km
Consumo combinato 3,5 litri/ 100 km
Emissioni di CO2 81g/km

Stile proprio, carattere unico

Che già a guardarlo non ha nulla da condividere con i rivali come il Kymco Downtown 350i e Xciting 400i S, il Piaggio Beverly 350, il Suzuki Burgman 400 o il Yamaha Xmax 400. Il centro stile BMW ha colpito nel segno, dando un family feeling ai suoi scooter e dove chiunque può trovare richiami alle moto tedesche, GS in primis. La serie C 400 la riconosci anche in mezzo a una miriade di due ruote!

Ovviamente c’è tutta la più evoluta tecnologia BMW, dall’ABS al controllo di trazione, ma anche accessori per farne un’ammiraglia confortevolissima: manopole e sella riscaldati, portapacchi e bauletti, sistema Connectivity che tramite uno schermo TFT da sei pollici dialoga con lo smartphone e l’interfono.

E poi, diremmo scontato, il sistema GPS. Il monocilindrico 4 valvole a iniezione spinge bene il BMW C 400: ha 34 CV e 3,6 kgm, quanto basta per affrontare ogni situazione dinamica, dalla città alla salita, al lungo viaggio in due. Tra X e GT cambia qualcosa oltre al frontale: l’assetto in sella e la protezione dall’aria sono migliori sul GT, mentre l’X ha un’immagine più sportiva e un’ergonomia che privilegia la guida aggressiva.

Comfort anche per i lunghi viaggi

In ogni caso, la solidità del telaio, la sicurezza offerta dai tre freni a disco e la prontezza con cui risponde il motore – grazie anche all’ottima trasmissione automatica – rendono la guida del BMW C 400 ben più che piacevole. E non solo in città. Con lo scooterone tedesco si possono affrontare anche le trasferte per i weekend estivi, pure in due, senza che la passeggera abbia da lamentarsi. Infatti, la sella è ampia e confortevole e chi sta dietro può trovare il comfort adeguato, con pratiche maniglie per reggersi, appoggiapiedi che non costringono a piegare troppo le ginocchia e, se si ha l’accortezza di montare il bauletto, un sostegno per la parte bassa della schiena. Tutte caratteristiche che giustificano il prezzo da premium: 6.950 euro il C 400 X, 7.950 euro il C 400 GT.

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Volvo, un nuovo modo di pensare l’auto

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Il mondo dell’auto si sta preparando a importantissimi cambiamenti: i motori elettrici sostituiranno quelli a benzina e a gasolio – anche se nessuno, ancora, sa dire quando questo passaggio avverrà davvero, né se la sostituzione sarà totale o solo territoriale (nelle città, per esempio) – mentre i computer supporteranno sempre più l’essere umano alla guida, fino a renderlo “superfluo”. E poi c’è Volvo, che il cambiamento ha deciso non di inseguirlo ma di anticiparlo. Come? Con un approccio innovativo a 360°, diverso da quello degli altri brand automobilistici. In che senso lo vediamo attraverso un “viaggio” nella gamma XC, ovvero quella dei SUV della Casa svedese.

Come è cambiata, di fatto, Volvo

Un percorso che ci permetterà di apprezzare non solo come il progresso venga condiviso fra tutti i modelli della gamma – senza riservarlo alle auto più grandi e costose – ma come il rispetto di una filosofia comune non significhi fare copia-incolla fra un’auto e l’altra. Prima di iniziare, un cenno a tre iniziative che la dicono lunga sull’approccio più unico che raro di questa azienda all’automotive: una è la limitazione della velocità massima dei propri veicoli a 180 km/h (una velocità non bassissima, ok, ma è pur sempre un limite in un mondo che di limiti non se ne pone quasi mai).

La seconda è la condivisione del proprio archivio digitale di dati, raccolti in 40 anni di incidenti stradali che coinvolgono le proprie auto: rilevazioni effettuate dagli ingegneri che analizzano i “rottami” e cercano di capire come migliorare la sicurezza passiva e attiva dei veicoli.

Terza, la scelta di abbandonare il diesel (a partire dalla nuova S60) e di produrre solo motorizzazioni elettrificate a partire già da quest’anno.

Tutto inizia con la seconda generazione della Volvo XC90

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Il nuovo corso Volvo inizia con la seconda generazione della XC90, in cui tutto concorre a far capire che il marchio ha cambiato marcia. Partiamo dal design: da qualunque parte la si guardi è lampante che si tratta di una Volvo, eppure non c’è un elemento che si ispiri al passato. Le superfici sono tirate come non mai, le luci anteriori accolgono per la prima volta lo stilema del “martello di Thor”, disegnato dalle strisce di LED, mentre all’interno un tablet verticale dà accesso a quasi tutte le funzioni, riducendo al minimo il numero di pulsanti fisici.

Il meglio, però, è forse ciò che non si vede: se Volvo è famosa da sempre per la ricerca sulla sicurezza passiva (la protezione in caso di incidenti), con l’XC90 fa passi da gigante in quella attiva, cioè sulla prevenzione. Grazie al Pilot Assist basta infatti regolare la distanza del veicolo che precede e si ha la netta sensazione che il domani, senza mani sul volante e piedi sui pedali, sia ormai molto vicino. Limitandoci all’oggi, la sensazione di sicurezza che infonde quest’auto è più unica che rara. E, una volta che ci si è abituati, è davvero dura tornare indietro: sensori e cervellone elettronico tengono la distanza fino a 130 km/h agendo autonomamente su freni, acceleratore e sterzo.

Sì, la XC90 è una delle primissime auto a gestire anche la direzione, pur non sostituendosi – non ancora – all’arbitrio del guidatore. Non è da meno il comfort: se quasi tutti i costruttori vanno in direzione della sportività, Volvo sembra quasi andare orgogliosa della sua scelta in controtendenza in favore della comodità. Ed è un gran viaggiare, sempre.

Passaggio di consegne con la XC60

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Che la XC90 rappresenti la “nuova” Volvo se ne ha conferma quando viene presentata la sorella più piccola, la XC60. Che, attenzione, non è una XC90 in scala ridotta (cosa che invece accade con alcuni marchi della concorrenza, che ripropongono le stesse linee su auto di dimensioni differenti), ma ha una propria distinta personalità, con dei richiami, questi sì, alla “sorella maggiore”.

La spinta all’innovazione però è ciò che più preme dalle parti di Göteborg, sede di Volvo: così, sebbene con la XC90 si potesse vivere di rendita per qualche anno, la Volvo XC60 sposta l’asticella ancora più in alto. Arriva infatti l’aggiornamento del sistema “City Safety”, che introduce il supporto alla sterzata quando la frenata automatica, da sola, non è sufficiente a evitare un impatto. Debutta anche il sistema “Oncoming Lane Mitigation”, attivo fra i 60 e i 140 km/h, che aiuta il guidatore a evitare impatti con veicoli che sopraggiungono dalla parte opposta. Ultimo, ma non meno importante, il “Blind Spot Information System”, che segnala al conducente la presenza di veicoli negli angoli ciechi e introduce la funzione della sterzata assistita che evita eventuali collisioni con veicoli che si trovano nell’angolo cieco.

Volvo XC40: la più piccola, ma solo nelle misure

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Prima, il colpo d’occhio: la XC40 – nominata Auto dell’Anno nel 2018 – è diversa e coraggiosa, nella misura in cui, dell’apprezzatissima XC60, c’è pochissimo, al di là degli ovvi richiami nella forma della calandra, dei fari e di qualche altro dettaglio. Sulla “piccola”, la carrozzeria ha uno sviluppo più verticale e, soprattutto, una personalità tutta sua nella vista laterale. Più simile a quello delle sorelle maggiori l’abitacolo, che spicca per praticità: fra le tante soluzioni intelligenti ci sono il cassetto sotto al sedile del guidatore, il gancio davanti al passeggero per appendere le borse e le tasche nei pannelli portiera, che sono così grandi da ospitare persino un laptop.

Non manca ovviamente la sicurezza: oltre a tutti i dispositivi presenti sulle sorelle maggiori, qui debutta il sistema che aiuta a scartare pedoni, ciclisti e animali: funziona in tandem con la frenata automatica e – in parole semplici – aiuta a sterzare per evitare l’ostacolo quando è troppo tardi per fermarsi. Non gira al posto di chi guida, ma gli “consiglia” la manovra corretta, dando una sorta di invito allo sterzo.

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Kia XCeed il SUV per l’Europa

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Si scrive XCeed, si legge “Ceed SUV”: l’ultima nata di Casa Kia è l’anello di congiunzione tra la Stonic e la Sportage. Un mezzo che unisce la praticità tipica degli Sport Utility al dinamismo di una compatta tradizionale, un crossover basso e sportivo disponibile esclusivamente a trazione anteriore rivolto a chi cerca un veicolo versatile ma al tempo stesso è stufo delle pseudofuoristrada alte e goffe (che di 4×4 hanno solo l’estetica) che tanto vanno di moda da una decina d’anni a questa parte.

Venduta solo in Europa, prodotta in Slovacchia e – come tutti gli altri modelli del marchio coreano – offerta con una lunghissima garanzia di sette anni o 150.000 km, la nuova Kia XCeed va ad allargare ancora di più la famiglia delle “segmento C” del brand asiatico (che già comprende cinque modelli: la Ceed “normale”, le station wagon Ceed SW e ProCeed e i SUV Niro e Sportage).

Look grintoso

Il pianale è lo stesso della Ceed (passo identico: 2,65 metri) ma il design è completamente diverso: gli unici due elementi invariati sono le portiere anteriori. Fuori troviamo un frontale più aggressivo impreziosito da prese d’aria maggiorate, dodici tinte a disposizione e una vistosa protezione sottoscocca posteriore che strizza l’occhio al mondo off-road e che regala un ulteriore tocco di personalità a una zona posteriore già contraddistinta da forme muscolose. Per quanto riguarda gli interni la plancia è identica a quella della Ceed – anche se tra gli optional non mancano pacchetti che rendono l’ambiente più colorato – ma la posizione di seduta leggermente più alta (+ 4,2 centimetri) consente di dominare meglio il traffico.

Le dimensioni della nuova Kia XCeed

La Kia XCeed è lunga 4,40 metri (9 cm più della Ceed), alta 1,49 metri (4 cm più di una Ceed, 16 meno di una Sportage) ed è più larga di 2,6 cm rispetto alla “segmento C” da cui deriva. Il bagagliaio è più ampio (426 litri che diventano 1.378 quando si abbattono i sedili posteriori, numeri non roppo dissimili da quelli offerti dalla più ingombrante Sportage)
e può vantare il divano 40:20:40, il doppio fondo e il piano di carico regolabile in altezza.

I dati tecnici
Le prestazioni
Accelerazione 0-100 km/h 7,5 secondi
Potenza 204 CV a 5.500 giri
Coppia 265 Nm a 1.500 giri
Velocità massima 220 km/h
Cilindrata 1.591 cm3

Più morbida ma c’è anche la modalità sport

Più praticità, nonostante il design sportivo, ma anche più comfort: se è vero che per la nuova Kia XCeed è prevista la modaltà di guida Sport, per chi desidera una maggiore reattività, è altrettanto vero che le sospensioni sono più morbide di quelle della Ceed (del 7% all’anteriore, del 4% al posteriore). Chi affronta spesso superfici sconnesse può inoltre beneficiare di un’altezza da terra maggiorata: 17,4 cm per la variante con cerchi in lega da 16” (montati su pneumatici 205/60) e 18,4 cm per la versione con cerchi da 18” e pneumatici 235/45.

Equipaggiamento completo

Kia XCeed è un crossover moderno ricco di tecnologia: tra gli optional troviamo infatti il sistema di infotainment UVO Connect (display da 10,25”, SIM dedicata per mantenere l’auto connessa e aggiornata in tempo reale, Android Auto, Apple CarPlay e possibilità di gestire tre applicazioni in contemporanea) e lo scenografico cruscotto digitale Supervision da 12,3”. Sempre rimanendo negli accessori a pagamento segnaliamo altre pregevolezze come l’impianto audio JBL premium, il parabrezza riscaldabile e i sedili posteriori riscaldabili. Decisamente ricca anche la dotazione di sicurezza: cruise control adattivo con Stop&Go, monitoraggio angolo cieco, frenata automatica con riconoscimento pedoni, mantenimento di corsia e abbaglianti automatici.

La gamma motori

Ultima – ma non meno importante – la gamma motori della XCeed, che comprende cinque unità (tutte turbo e tutte già viste sotto il cofano di Ceed e ProCeed): tre T-GDi a benzina (1.0 tre cilindri da 120 CV, 1.4 da 140 CV e 1.6 da 204 CV) e due 1.6 diesel CRDi da 115 e 136 CV. Bisognerà attendere il 2020 per vedere in listino le varianti più ecologiche: la ibrida plug-in (ossia ricaricabile attraverso una presa di corrente) e la mild hybrid 48V (tecnologia introdotta dalla sorella maggiore Sportage).


Primo contatto

Kia Ceed, atto terzo: questione di feeling

La terza generazione della compatta coreana si rinnova completamente nel look, diventa più sicura e migliora l’handling

L’articolo Kia XCeed il SUV per l’Europa proviene da Icon Wheels.

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