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Renault Turbo Experience: Renault Mégane RS Trophy e le sportive storiche

Un circuito libero e tanti giocattoli, tutti turbo. Raramente ho visto un tale ben di Dio: davanti a me ci sono parcheggiate le sportive Renault più iconiche di tutti i tempi; anzi, mi correggo, le sportive turbo.
“Turbo” negli anni ’80 non indicava solo una sovralimentazione, era uno stile di vita. La Renault 5 davanti a me sfoggia la scritta “turbo” a caratteri cubitali sul vetro posteriore, come Superman con la “esse” sul suo vestito. Il turbo ha segnato un’era, sia per le sportive stradali sia per il motorsport, da sempre banco di prova per le tecnologie. Ma il turbo, in quegli anni, era qualcosa di galvanizzante: una botta di potenza, di energia. Le auto da corsa erano difficili, impegnative. Pericolose.

Ed è per questo che strabuzzo ancora di più gli occhi quando vedo le Renault F1 RE20 Di René Arnoux , il protagonista di una delle battaglie più belle della F1, e Jean-Pierre Jabouille, vincitore del GP di Francia con questa vettura. Jean-Pierre è qui con noi, e più tardi risveglierà il mostro turbo per fare qualche giro sul circuito La Ferté Gaucher.
Ma non è l’unico pilota “star” della giornata, perché nel nostro gruppo divertimenti è presente anche Jean Ragnotti, una vera e propria leggenda dei rally (e mio idolo personale). Ha guidato tra le vetture più incredibili che hanno fatto storia delle competizioni rallystiche; la Renault 5 MaxiTurbo Gruppo B e la Renault 11 Turbo Gruppo A; e noi più tardi faremo un giro da passeggeri.
Questa è il programma della prima parte della giornata, nel pomeriggio guideremo alcune vetture stradali turbo di Casa Renault, Renault Turbo Alpine e Turbo 2 incluse. Non male come inizio.


Le auto da corsa
Si respira odore di benzina sulla Renault 5 Turbo Maxi da rally. È da quando ero ragazzino che sogno di salire su una vettura del Gruppo B, una classe che è durata pochi anni per via della pericolosità delle sue vetture. Nello specifico, la Maxi turbo ha un motore 1.4 turbo con sovralimentazione, iniezione e parti del motore utilizzate dal team di Formula 1. Con un peso di 905 kg, la sola trazione posteriore, e 350 Cv da gestire, è un vero mostro.
Sono seduto sul sedile del passeggero, e non è Jean Ragnotti a guidare, ma un pilota d’esperienza della squadra Renault. E così dev’essere, perché sta piovigginando, e la Maxi non è esattamente un auto docile. Invece, inaspettatamente, ha un sacco di trazione. La spinta del turbo arriva con tanto ritardo ma poi spinge i 900 kg della “Cinque” comE se fosse una piuma.
Probabilmente non ci tutti i 350 Cv all’appello (anche per salvaguardare il motore), ma salire sulla Maxi è comunque emozionante e ti fa mostrare cento denti.
Il passo corto dà parecchio da fare al pilota, che in uscita di curva deve correggere rapidamente ogni improvviso sovrasterzo di potenza. Ah, i vecchi turbo!
Ma è quando accendono la Formula RE20 di Jabouille che comincio a tremare davvero. Il motore 1.5 turbo sei cilindri produce un suono infernale. Un latrato secco, rauco, e tanti di quei decibel da farti sanguinare le orecchie. Vedere Jean-Pierre calarsi nell’abitacolo così avanzato mi fa venire i brividi, i piedi sono così avanti che sembra di guidare seduti sulla punta di una freccia. Follia.
L’auto parte, senza nemmeno sobbalzare, e comincia a passeggiare per la pista, squarciando l’aria con la voce del suo V6. Fa veramente paura.
Jean-Pierre ha una certa età, come del resto ce l’ha la macchina, la porta a spasso con rispetto e giudizio.
Guidando le turbo
La parte interattiva è senza dubbio meno spaventosa e più divertente. Nella corsia dei box ci sono tra le vetture turbo Renault più splendide che abbia mai visto.
Non solo le Renault 5 Turbo, ma anche la Fuego, la Safran, la 11 Turbo e la 5 Turbo Alpine.
Comincio dalla Safrane biturbo del 1993, la più moderna del lotto e l’unica dotata di ABS. I sedili in pelle sono alti e cicciotti, con il volante piuttosto orizzontale a quattro razze (terribile) e un cambio così molle che non si capisce in quale marcia siete, almeno da fermi.
La buona notizia è che il suo motore 3.0 V6 biturbo eroga 260 CV (e c’è la trazione integrale a tenerli a bada); la cattiva notizia è che le marce sono terribilmente lunghe. I vecchi motori turbo, poi, facevano il suono di un aspirapolvere: solo aria, nessuna melodia. Lo sterzo è leggero ma estremamente demoltiplicato, mentre la potenza non è sufficiente a causare perdite di trazione.
Però è così facile, così morbida e sincera, così anni ’90! Ha un suo fascino, senza dubbio, ma non credo che sarà la più divertente del lotto.
Salire sulla Fuego Turbo è come lasciarsi cadere su una nuvola. Si sprofonda in quei sedili in tela dall’aspetto pulcioso e tremendamente inadatto alla guida sportiva. Non riesco a trattenere le risate. La Fuego è del 1984 e monta un 1.6 turbo da 132 CV, ma soprattutto ha delle ruote minuscole e un assetto che sfiora la consistenza di un crème caramel. In pista è davvero esilarante: quando il turbo (finalmente) si carica di aria ed entra in azione, la macchina s’impenna e la ruota interna pattina; quando poi si appoggia appena il piede sul freno, bisogna controsterzare come piloti del mondiale rally per compensare il sovrasterzo in rilascio, mentre le ruote si bloccano (sia quelle anteriori che posteriori, a turni) causando nuvole di fumo. È l’oggetto più divertente che abbia mai provato.
La Renault 11 Turbo del 1986 sembra più nuova di parecchia anni, e capisco perché l’abbiano utilizzata per correre nel mondiale rally: è una bomba. Il suo 1.4 da 105 CV non è un mostro di potenza, ma l’auto è bilanciata, precisa e sincera; per essere degli anni ’80, almeno. Premessa: con ognuna di queste auto bisogna sbracciare come dei matti, remare con lo sterzo ed essere gentili – a dir poco – con il cambio. I freni servono a rallentare più che a fermarsi, e in curva c’è così tanto rollio che occorrono i farmaci per il mal di mare. Ma la spinta del turbo ritardata e il poco grip sono il loro bello.
Salgo finalmente sul mio sogno d’infanzia, la Renault 5 Turbo 2. Motore centrale, trazione posteriore e un 1.4 da 160 CV: la turbona è davvero un oggetto esotico. La posizione di guida è innaturale come sulle altre, ma qui è addirittura più raccolta e angusta.
Il cambio è di una precisione insospettabile, ma ci vogliono punta-tacco giusti in scalata e tempismo e delicatezza in salita. Lo sterzo è fisico e tremendamente demoltiplicato, ma cavolo se è veloce. Il “calcio nella schiena” si sente davvero, ma mai manda in crisi il telaio, anzi, la Turbo 2 è ricca di grip e molto composta. Non me l’aspettavo davvero.
Dopo la Turbo 2, la Renault 5 Alpine sembra una bicicletta. La trazione sulla 5 Alpine è anteriore, la carreggiata è molto più stretta e la potenza è appena di 110 CV. Lo sterzo è demoltiplicato ma leggero, e il posteriore aiuta nell’inserimento scivolando dolcemente quando si rilascia l’acceleratore in ingresso di curva. Ha un carattere simile a quello delle compatte moderne, per certi versi. Non è veloce come dovrebbe (nonostante il peso piuma), ma è quella che più mi è piaciuta, insieme alla mollissima ed esilarante Fuego.

La Renault Mégane RS Trophy
Non posso tornare a casa senza aver fatto un giro sulla Mégane RS Trophy, la punta di diamante delle sportive turbo Renault, quella che si fa carico dell’eredità di tutte queste vecchie signore. 1.8 turbo, 300 Cv e asse posteriore sterzante: si va.
Paragonarla alle altre sarebbe come paragonare un Concorde a una carriola; quindi la paragonerò alle vetture moderne. Veloce è veloce, ma dove la RS fa i miracoli, mi dispiace dirlo, è nell’asse posteriore sterzante. Dico mi spiace perché, in realtà non sono un fan di questo sistema. Non solo perché falsa leggermente le informazioni che provengono dal vostro fondoschiena, ma vi tolgono il bello di far “scivolare” il posteriore dell’auto in ingresso di curva, che poi è la guida che mi piace nelle trazioni anteriori sportive.
Sulla Trophy basta scegliere il momento giusto e sterzare, e lei si fionderà in curva con una rapidità e una precisione mostruose, inarrivabili per le altre sportive con asse posteriore “passivo”.
Ruota attorno a se stessa, sfidando addirittura la fisica nelle curve più strette.
Sul veloce la risposta allo sterzo è così rapida che occorrono attenzione e mano ferma per non eccitare il posteriore; così nella “esse” veloce del tracciato sono costretto a centellinare i gradi dello sterzo con accuratezza. È veramente un’arma.
Anni luce più veloce, sicura e sfruttabile delle sue antenate. Ma mai così lontana dall’impegno e dalla fatica che si fa per guidarle, anche lentamente. Però è la ciliegina sulla torta di un’esperienza meravigliosa: quella di guidare delle auto sportive turbo.
Altre prove su strada
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Lamborghini Huracán Performante

La Lamborghini Huracán Performante – nata nel 2017 – è una supercar a trazione integrale dotata di un motore V10.
Lamborghini Huracán Performante: gli esterni
La Lamborghini Huracán Performante si differenzia dalle varianti “normali” per il look più cattivo e per l’innovativo sistema di aerodinamica attiva ALA.

Lamborghini Huracán Performante: gli interni
La Lamborghini Huracán Performante è una delle supercar meglio costruite in commercio: sedili in carbonio, interni in Forged Composites e rivestimenti in Alcantara.

Lamborghini Huracán Performante: il motore
Il motore della Lamborghini Huracán Performante è un V10 aspirato a benzina:
- un 5.2 V10 aspirato a benzina da 640 CV

Lamborghini Huracán Performante: il prezzo
Motore a benzina
- Lamborghini Huracán Performante 239.949 euro
Passione Lamborghini
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Uomo sulla Luna: il contributo di Ford

Non tutti sanno che 50 anni fa Ford contribuì in modo determinante alla missione Apollo 11, quella che il 20 luglio 1969 permise a Neil Armstrong e a Buzz Aldrin di mettere piede sulla Luna.
Scopriamo insieme la storia di quando l’azienda dell’Ovale Blu collaborò insieme alla NASA per una delle imprese più grandiose di tutti i tempi.
Uomo sulla Luna: il contributo Ford
La storia del rapporto tra la Ford e la NASA per portare l’uomo sulla Luna nasce nel 1963 quando la Philco-Ford (società nata tre anni prima in seguito all’acquisto della Philco – azienda leader nel settore delle batterie, delle radio e delle televisioni già attiva in campo aerospaziale dopo aver inventato nel 1953 il primo transistor ad alta frequenza, fondamentale per lo sviluppo di computer ad alta velocità – da parte della Casa di Detroit) ottiene il contratto di fornitore principale per implementare il Mission Control Center presso il Manned Space Center di Houston.
I compiti di Philco-Ford – così fu ribattezzata la divisione Aeronutronic della Philco dopo l’acquisizione da parte del marchio dell’Ovale Blu – sono molteplici: progettazione di sistemi hardware e software, produzione, installazione, avviamento e test del Mission Control Center inclusi i collegamenti dati e di controllo tra la NASA e i siti di localizzazione remota.
Il Mission Control Center viene completato giusto in tempo per monitorare la missione Gemini 3 nel marzo 1965. Un complesso in grado di gestire simultaneamente più di 1.500 diversi parametri di telemetria (dalla salute dell’astronauta ai risultati dei test sui dati di volo) che ospita il più grande gruppo di apparecchiature di commutazione televisiva al mondo, quasi 100.000 chilometri di cavi e cinque computer mainframe IBM 360/75 per monitorare i parametri di volo durante la missione.
Lo sbarco sulla Luna e le altre missioni
Philco-Ford segue la missione Apollo 8 (la prima con esseri umani a orbitare attorno alla Luna e a tornare sulla Terra): gli astronauti riescono ad effettuare diverse trasmissioni dallo spazio, compreso un messaggio di auguri per la vigilia di Natale del 1968.
Durante la missione Apollo 11 Philco-Ford realizza, tra le altre cose, il sistema di trasmissione che permette alla voce di Neil Armstrong di essere ascoltata a Houston e nel resto del mondo.
Dopo lo sbarco sulla Luna Philco-Ford (ribattezzata nel 1976 Ford Aerospace and Communications Corporation) continua a lavorare con le missioni SkyLab, Apollo-Soyuz e Space Shuttle e a fornire servizi di comunicazione satellitare. Un colosso del settore: nei primi anni ’80 più della metà dei satelliti per le comunicazioni in orbita è costruito da Ford.
Nel 1990 l’avventura aerospaziale di Ford termina dopo la cessione della sezione Aerospace alla Loral.
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Chevrolet Corvette C8 Stingray: rivoluzione sportiva

La Chevrolet Corvette C8 Stingray segna una rivoluzione per la sportiva statunitense: l’ottava generazione della supercar “yankee” ha infatti abbandonato dopo 66 anni la tradizionale configurazione a motore anteriore per adottare un propulsore montato in posizione centrale.
Una scelta che ha permesso alla coupé americana (anche se sarebbe meglio chiamarla targa visto che possiede un tettuccio removibile) di avere un comportamento stradale ancora più coinvolgente. La distribuzione dei pesi? Sempre 50:50.
Chevrolet Corvette C8 Stingray: il motore
Il motore della Chevrolet Corvette C8 Stingray è un 6.2 V8 aspirato a benzina abbinato a un cambio automatico a doppia frizione a 8 rapporti. La variante dotata del pacchetto Performance Z51 (sospensioni sportive, dischi freni più grandi, scarico sportivo, pneumatici Michelin Pilot Sport 4S – 245/35 ZR19 all’anteriore e 305/30 ZR20 al posteriore – e la possibilità di acquistare le sospensioni magnetiche) genera una potenza di 502 CV, una coppia di 637 Nm e può accelerare da 0 a 60 miglia orarie, quasi 97 km/h, in meno di tre secondi.

Chevrolet Corvette C8 Stingray: le dimensioni
La Chevrolet Corvette C8 Stingray è lunga 4,63 metri, larga 1,93 metri e alta 1,23 metri.

Chevrolet Corvette C8 Stingray: gli interni
La configurazione a motore centrale della nuova Chevrolet Corvette C8 Stingray ha rivoluzionato anche la struttura interna della supercar statunitense: due bagagliai (uno davanti e uno dietro) con un volume totale di 357 litri e un abitacolo avanzato di 42 cm rispetto alla serie precedente.
Il pilota è “avvolto” dalla plancia e comanda lo sterzo con un volante piuttosto piccolo che permette di vedere meglio il cruscotto. Tre le tipologie di sedili tra cui scegliere: GT1, GT2 (look ispirato alle corse ed elementi in fibra di carbonio e pelle Nappa) e Competition Sport (per chi frequenta spesso i circuiti).

Chevrolet Corvette C8 Stingray: la tecnologia
Per quanto riguarda gli accessori più importanti presenti a bordo della Chevrolet Corvette C8 Stingray segnaliamo il sistema di infotainment rinnovato, la ricarica wireless per smartphone, il volante riscaldato e l’impianto audio Bose con 10 o 14 altoparlanti.
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Jeep Grand Cherokee

La quarta generazione della Jeep Grand Cherokee – nata nel 2010 e sottoposta a un restyling nel 2016 – è una grande SUV premium statunitense a trazione integrale.
Jeep Grand Cherokee: gli esterni
Il design maestoso della Jeep Grand Cherokee nasconde bene i nove anni di età: il frontale massiccio con l’iconica griglia a sette feritoie è l’elemento più riuscito.

Jeep Grand Cherokee: gli interni
Il restyling ha portato qualche modifica all’abitacolo della quarta generazione della Jeep Grand Cherokee: una nuova fascia con sistema Uconnect Nav radio da 8,4”, cornici e inserti rinnovati.

Jeep Grand Cherokee: i motori
La gamma motori della Jeep Grand Cherokee è composta da quattro unità:
- un 6.4 V8 HEMI a benzina da 468 CV
- un 6.2 V8 HEMI a benzina con compressore volumetrico da 710 CV
- un 3.0 V6 turbodiesel CRD da 190 CV
- un 3.0 V6 turbodiesel CRD da 250 CV

Jeep Grand Cherokee: gli allestimenti
Gli allestimenti della Jeep Grand Cherokee sono otto: Laredo, Limited, Trailhawk, Overland, S, Summit, SRT e Trackhawk.
Jeep Grand Cherokee Laredo
La dotazione di serie della Jeep Grand Cherokee Laredo comprende: airbag frontali multistadio next generation, airbag laterali a tendina, airbag laterali anteriori, airbag per le ginocchia del guidatore, antifurto Immobilizer Sentry Key e antifurto perimetrale, fendinebbia a LED, Hill Start Assist, poggiatesta anteriori attivi, TPMS (monitoraggio pressione pneumatici), Blind Spot Monitoring & Cross Path Detection, fari anteriori bi-xeno HiD con luci diurne a LED e lavafari, retrovisore interno elettrocromatico, rifornimento carburante senza tappo, climatizzatore automatico bi-zona, sistema di ausilio al parcheggio anteriore e posteriore Parksense (con funzione stop sui sensori posteriori), tergicristalli con sensore pioggia, cruise control, keyless enter-n-go, sistema Start&Stop (ESS), differenziale anteriore e posteriore BTCS (Brake Traction Control System), sistema di gestione della trazione Selec-Terrain, sistema di trazione integrale Quadra Trac II, doppio terminale di scarico cromato, retrovisori esterni autoanabbaglianti riscaldabili, regolabili e ripiegabili elettricamente, Shark fin antenna in tinta carrozzeria, spoiler posteriore in tinta carrozzeria, retrovisore interno elettrocromatico, sedili rivestiti in tessuto, sedili anteriori regolabili elettricamente in 8 posizioni per conducente e 6 posizioni per passeggero, volante in pelle a tre razze con comandi e paddle shift per cambio marcia integrati, lettore CD singolo, quadro strumenti multifunzione con display 7” (completamente configurabile dal guidatore), sistema Uconnect 7” Smartouch System con radio DAB, porta USB, lettore SD Card, ingresso Aux, compatibilità Apple CarPlay e Android Auto, sistema vivavoce Bluetooth UConnect Phone, computer di bordo EVIC (Electronic Vehicle Information Center), 6 altoparlanti, cerchi in lega a 5 doppie razze da 18” e ruota di scorta full size.
Jeep Grand Cherokee Limited
La Jeep Grand Cherokee Limited costa 9.000 euro più della Laredo e aggiunge: pacchetto Memory (sedile del guidatore, impostazioni radio e retrovisori esterni), portellone posteriore ad apertura e chiusura elettrica, rete fermabagagli, telecamera posteriore con visualizzazione dinamica, funzione smartbeam per anabbaglianti, 9 altoparlanti con subwoofer e amplificatore da 506 W, sistema Uconnect 8,4” Smartouch System con radio DAB, porta USB, lettore SD Card e Aux, navigatore satellitare Smartouch, cristalli posteriori e lunotto posteriore oscurati, maniglie cromate, retrovisori esterni con luci di cortesia, sedili rivestiti in pelle, sedili anteriori riscaldabili, sedili anteriori regolabili elettricamente in 8 posizioni per conducente e passeggero, volante riscaldato, 60 CV di potenza aggiuntiva e Active Noise Cancellation.
Jeep Grand Cherokee Trailhawk
La Jeep Grand Cherokee Trailhawk costa 4.300 euro più della Trailhawk a parità di motore e aggiunge: differenziale posteriore elettrico a slittamento limitato ELSD, sistema di trazione integrale Quadra Drive II, sospensioni pneumatiche Quadra Lift, antifurto Immobilizer Sentry Key e antifurto volumetrico, sedili anteriori ventilati e sedili posteriori riscaldabili.
In esclusiva sulla Trailhawk troviamo inoltre: cerchi in lega da 18” Trailhawk con pneumatici rinforzati, sedili sportivi rivestiti in pelle con inserti scamosciati, impunture rosse e logo Trailhawk, adesivo nero antiriflesso sul cofano, badge Trailhawk, barre al tetto Neutral Grey, maniglie in tinta carrozzeria, protezioni sottoscocca, specchietti retrovisori esterni Neutral Grey e inserti Neutral Grey nella griglia frontale e nel paraurti.
Jeep Grand Cherokee Overland
La Jeep Grand Cherokee Overland costa 4.000 euro più della Trailhawk a parità di motore e aggiunge: Advanced Technology Group (Brake Assist, Full Speed Forward Collision Warning Plus, Adaptive Cruise Control con funzione Stop, Rear Cross Path Detection, Lane Departure Warning Plus, Smart Parking Assist perpendicolare e parallelo, cerchi in lega a 5 razze da 20” Technical Grey, tetto panoramico Commandview apribile elettricamente, maniglie cromate, parte superiore della plancia rivestita in pelle con cuciture a vista, sedili rivestiti in pelle Nappa e volante in pelle a tre razze con inserti in legno.
Jeep Grand Cherokee S
La Jeep Grand Cherokee S costa 500 euro più della Overland a parità di motore, non ha le sospensioni pneumatiche Quadra Lift e offre in esclusiva: cerchi in lega Granite Crystal da 20”, interni con inserti Gun Metal e legno nero, pedaliera sportiva lucida e inserti in alluminio, sedili rivestiti in pelle Nappa con inserto scamosciato, cornici scure per DLO, fari anteriori e posteriori, inserti carrozzeria e finiture Granite Crystal, paraurti frontale Summit, terminale di scarico sdoppiato Black Chrome, volante rivestito in pelle, maniglie in tinta carrozzeria e cofano motore con doppi estrattori d’aria.
Jeep Grand Cherokee Summit
La Jeep Grand Cherokee Summit costa 4.000 euro più della Overland a parità di motore e aggiunge: cerchi in lega da 20” con design Summit Gloss, sistema audio Harman Kardon con 19 altoparlanti e amplificatore da 825W, fari bi-xeno adattativi, paraurti e griglia cromata Summit, maniglie cromate, battitacco illuminato, sedili rivestiti in pelle Natura Plus, rivestimenti in simil camoscio su cielo vettura e montanti anteriori e Interior Metal Package.
Jeep Grand Cherokee SRT
La dotazione della Jeep Grand Cherokee SRT (priva di barre al tetto) comprende: cofano motore con doppi estrattori d’aria, fascione frontale inferiore in tinta con inserto nero lucido, griglia anteriore Gloss Black, fendinebbia a LED, volante sportivo in pelle traforata a tre razze con comandi e paddle shift per cambi marcia integrati, Metal Interior Package, cerchi in lega da 20” Black Satin, airbag frontali multistadio next generation, airbag laterali a tendina, airbag laterali anteriori, airbag per le ginocchia del guidatore, Hill Start Assist, poggiatesta anteriori attivi, TPMS (monitoraggio pressione pneumatici), antifurto Immobilizer Sentry Key e antifurto volumetrico, Advanced Technology Group, Brake Assist, Full Speed Forward Collision Warning Plus, Adaptive Cruise Control con funzione Stop, Blind Spot Monitoring, Rear Cross Path Detection, Lane Departure Warning Plus, Smart Parking Assist perpendicolare e parallelo, fari anteriori bi-xeno HiD con luci diurne a LED e lavafari, retrovisore interno elettrocromatico, rifornimento carburante senza tappo, climatizzatore automatico bi-zona, pacchetto Memory (sedile del guidatore, impostazioni radio e retrovisori esterni), portellone posteriore ad apertura e chiusura elettrica, rete fermabagagli, sistema di ausilio al parcheggio anteriore e posteriore Parksense (con funzione stop sui sensori posteriori), telecamera posteriore con visualizzazione dinamica, funzione Smartbeam per anabbaglianti, sedili anteriori ventilati, sistema Start&Stop (ESS), differenziale anteriore e posteriore BTCS (Brake Traction Control System), sistema di gestione della trazione Selec-Track, sistema di trazione integrale Quadra Active on Demand, Active Noise Cancellation, Launch Control, sospensioni Active Damping, impianto frenante high-performance Brembo, doppio terminale di scarico cromato, retrovisori esterni autoanabbaglianti e riscaldabili, regolabili e ripiegabili elettricamente, Shark fin antenna in tinta carrozzeria, spoiler posteriore in tinta carrozzeria, cristalli posteriori e lunotto posteriore oscurati, maniglie in tinta carrozzeria, tetto panoramico Commandview apribile elettricamente, retrovisore interno elettrocromatico, sedili anteriori e posteriori riscaldabili, sedili anteriori regolabili elettricamente in 8 posizioni per conducente e passeggero, volante in pelle a tre razze con comandi, paddle shift e con corona riscaldabile, inserti interni in fibra di carbonio, sedili in pelle nera traforata con inserti scamosciati, sedili ventilati, lettore CD singolo, sistema audio Harman Kardon con 19 altoparlanti e amplificatore da 825W, porta USB, lettore SD Card, ingresso Aux, compatibilità Apple CarPlay e Android Auto, sistema vivavoce Bluetooth Uconnect Phone, computer di bordo EVIC (Electronic Vehicle Information Center), sistema Uconnect 8,4” Smartouch System con radio DAB, porta USB, lettore SD Card, Performance Pages, navigatore satellitare Smartouch, ruota di scorta di dimensioni ridotte e pneumatici Pirelli Runflat 295/45 ZR20.
Jeep Grand Cherokee Trackhawk
La Jeep Grand Cherokee Trackhawk – priva di barre al tetto – offre in esclusiva: volante in pelle a tre razze con comandi, paddle shift e corona riscaldabile, logo Trackhawk integrato nel volante, Entertainment Group con schermi ai sedili posteriori e lettore DVD/Blu-ray, 710 CV, 0-100 km/h in 3,7 s, 289 km/h di velocità massima, cerchi in lega da 20” con dettagli Gloss, impianto frenante maggiorato Brembo High Performance, sospensioni Bilstein a smorzamento adattivo, Hill Descent Control, retrovisori esterni con luci di cortesia e quadruplo terminale di scarico.

Jeep Grand Cherokee: gli optional
La dotazione di serie della Jeep Grand Cherokee andrebbe a nostro avviso arricchita con la vernice metallizzata (1.150 euro). Sulla Laredo aggiungeremmo il navigatore (1.700 euro) mentre sulla Limited e sulla Trailhawk ci vorrebbe il pacchetto Advanced Safety Technology Group (1.500 euro: Advanced Brake Assist, tergicristalli con sensori pioggia, Lane Departure Warning Plus, Full Speed Forward Collision Warning Plus, Adaptive Cruise Control con funzione Stop e Smart Parking Assist).

Jeep Grand Cherokee: i prezzi
Motori a benzina
- Jeep Grand Cherokee SRT 93.000 euro
- Jeep Grand Cherokee Trackhawk 128.000 euro
Motori diesel
- Jeep Grand Cherokee Laredo 58.500 euro
- Jeep Grand Cherokee Limited 67.500 euro
- Jeep Grand Cherokee Trailhawk 71.800 euro
- Jeep Grand Cherokee Overland 75.800 euro
- Jeep Grand Cherokee S 76.300 euro
- Jeep Grand Cherokee Summit 79.800 euro
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Mini: i modelli sportivi in listino

Il marchio MINI appartiene a BMW da ben più di un decennio, ma il suo stile e il suo appeal rimangono ancora inconfondibilmente british. A partire dalla più piccola MINI One, per finire con la SUV più grande (la Countryman), ogni MINI ha carattere da vendere e una personalità sbarazzina.
Ma soprattutto, un animo sportivo. Già, da quando spopolava nei negli anni ’60, la MINI ha sempre avuto un cuore sportivo, e continua ad averlo.
Nella gamma ci sono svariati modelli pepati e “cavallati”, per tutti i gusti. Vediamoli insieme.

MINI Mini Cooper S, SD e MINI John Cooper Works
La più iconica delle MINI, la più compatta, la più bilanciata. La MINI Cooper S è un’ottima sportiva per tutti i giorni: agile, potente il giusto, ma estremamente ricca nell’equipaggiamento e rifinita come un’auto premium di categoria superiore, senza esagerare.
Ha la trazione anteriore e il cambio manuale (l’automatico è optional) e un motore 2.0 litri quattro cilindri turbo da 192 CV e 300 Nm di coppia. È un motore pieno fin dai bassi regimi, elastico e adatto anche alle andature tranquille. Lo sterzo iper-diretto e il telaio agile e reattivo rendono la MINI Cooper S un giocattolo divertentissimo, ma le sospensioni non sono così rigide da compromettere il comfort, come invece erano sui modelli di vecchia generazione. I numeri? 0-100 km/h in 6,8 secondi e 235 km/h di velocità massima.
La MINI John Cooper Works è la versione più estrema della Cooper S. È più potente, è più rigida e focalizzata (di serie ha il differenziale elettronico e l’assetto ribassato) e ha un look ancora più hot.
Con 231 CV di potenza è in grado di abbassare lo 0-100 km/h in 6,3 secondi e di raggiungere la velocità massima di 242 km/h.
La Cooper SD è la versione diesel della MINI Cooper S, che garantisce bassi costi di percorrenza e un buon livello di prestazioni. Il quattro cilindri “duemila” diesel non avrà la voce di quello a benzina, ma ha coppia da vendere (ben 360 Nm) e quasi la stessa potenza della Cooper S: 170 CV.
Scatta da 0 a 100 km/h in 7,2 secondi e tocca i 225 km/h di velocità di punta, con un consumo dichiarato di soli 4,2 litri/100 km.

MINI Clubman S, Clubman JCW e SD
La MINI Clubman è la versione giardinetta della MINI, più lunga, più larga, e con un bagagliaio capiente con apertura “ad anta” di armadio. È un’auto molto particolare e stilosa, ma anche più razionale, per molti aspetti, della sorellina piccola. La versione S ha un assetto più sportivo e il motore 2.0 litri turbo da 192 CV, ma la vera bestia è la JCW.
La versione firmata John Cooper Works, infatti, monta una versione potenziata del 2,0 litri turbo che eroga ben 300 CV di potenza. La Clubman è disponibile sia con la trazione anteriore, sia con la integrale ALL4.
La versione sportiva diesel della MINI Clubman monta il “solito” 2.0 litri BMW, ma invece di avere 170 CV (come nella MINI Mini) eroga 190 CV di potenza. Scatta da 0 a 100 km/h in 7,6 secondi e raggiunge i 225 km/h, disponibile, come la Clubman S benzina, anche con la trazione integrale.

MINI Countryman S, SE, SD e JCW
La MINI Countryman è la SUV compatta di MINI. L’ultima generazione è più grande e spaziosa, ma mantiene l’agilità che caratterizzava il primo modello.
È disponibile in tutte le declinazioni sportive (S da 192 CV, SD da 190 CV e JCW da 300 CV), ma rispetto agli modelli della gamma, vanta anche una versione SE ibrida plug-in da 224 CV di potenza.
Il suo motore 1,5 litri tre cilindri turbo, abbinato ad un motore elettrico, garantisce 220 Nm di coppia ed è in grado di simulare una trazione integrale.
È anche in grado di percorrere qualche km in modalità esclusivamente elettrica. Ma soprattutto è in grado di scattare da 0 a 100 km/h in 6,8 secondi e percorrere 100 km con 2,1 litri (se si sfrutta bene il motore elettrico).
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Audi A6, la storia del design

L’Audi A6 non è solo l’ammiraglia più amata dagli italiani ma è anche la segmento E che nel corso della sua carriera ha mostrato le scelte stilistiche più coraggiose (la BMW serie 5 è stata audace per una sola generazione).
Scopriamo insieme la storia del design dell’Audi A6, l’evoluzione delle forme delle cinque serie della “berlinona” tedesca.

Audi A6 prima generazione C4 (1994)
La prima serie dell’Audi A6 non è altro che un restyling dell’ultima serie della 100. Forme molto razionali e anche un po’ datate.

Audi A6 seconda generazione C5 (1997)
La seconda generazione dell’Audi A6 nasce nel 1997 e porta una rivoluzione di design nel “polveroso” segmento delle ammiraglie. La zona posteriore della variante berlina è ancora oggi molto originale mentre la versione station wagon Avant è più tradizionale.
Nel 2000 arriva la variante allroad che regala un look (e contenuti) off-road alla familiare mentre due anni più tardi è la volta di un leggerissimo restyling.

Audi A6 terza generazione C6 (2004)
La terza serie della A6 è uno dei modelli stilisticamente più rilevanti della Casa di Ingolstadt: è lei, infatti, che porta al debutto la calandra “single frame” Audi. Il lieve lifting del 2008 porta leggere modifiche allo stile.
Audi A6 quarta generazione C7 (2011)
In occasione della quarta generazione – svelata nel 2011 – l’Audi A6 si presenta con forme più cattive e con linee che esprimono sportività da tutti i pori.
Anche in questo caso il restyling (del 2015) non porta cambiamenti rilevanti, come da tradizione del marchio dei quattro anelli.
Audi A6 quinta generazione C8 (2018)
La quinta generazione dell’Audi A6 – quella attualmente in commercio – è la prima variante dell’ammiraglia di Ingolstadt simile nel design alla precedente: una soluzione di continuità spesso utilizzata dai brand tedeschi ma mai (fino all’attuale serie) dalla “segmento E” teutonica.
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McLaren F1: ICONICARS

Chi conosce Gordon Murray, sa di quale mente visionaria stiamo parlando. È la persona che ha realizzato le monoposto di Formula 1 Brabham e Williams che conquistarono 13 mondiali, ed è la stessa persona che ha partorito la McLaren F1.
Una vettura stradale, la F1, pensata per mostrare al mondo che cos’erano in grado di fare gli ingegneri inglesi se avessero avuto carta bianca. E l’hanno avuta.
Prodotta dal 1993 in pochissimi esemplari, la McLaren F1 è, prima di tutto, un’auto bellissima. La sua linea scolpita dall’aria è ancora attuale e moderna. Solo la spalla rialzata delle gomme e i gruppi ottici tradiscono la sua età, perché per il resto è un’auto moderna.

Meccanicamente era un vero gioiello: motore centrale e trazione posteriore, ovviamente, ma soprattutto un telaio in monoscocca in fibra di carbonio, la prima vettura stradale ad averla.
La McLaren f1 era davvero rivoluzionaria. I sedili erano tre (quello centrale dedicato al guidatore), le portiere si aprivano a forbice e il rapporto peso potenza era sbalorditivo.
Pesava poco più di 1100 kg, e il suo V12 6,0 litri aspirato di origine BMW erogava 627 CV, 680 nelle versioni LM. La copertura del cofano motore posteriore era in oro sottile, per dissipare meglio il calore. Per anni è stata la vettura più veloce in commercio: 0 – 100 km/h in 3,2 secondi, 0-160 km/h in 6,3 secondi e 386 km/h di velocità massima, numeri sbalorditivi.

Oltre ai pochi esemplari “standard”, sono state prodotte anche 5 versioni LM e 3 versioni GT.
La gamma della McLaren F1 viene impreziosita da altre due versioni destinate all’uso quotidiano. Alcuni esemplari sono stati venduti (o donati) al Sultano del Brunei, allo stilista (e collezionista) Ralph Lauren.
La LM derivata dalla versione GTR da corsa, ma era addirittura più potente. 680 Cv e 705 Nm di coppia, con un peso inferiori di 60 kg rispetto alla versione stradale di serie. Aveva un alettone posteriore enorme che ne migliorava la deportanza e uno sterzo più diretto.
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WRC 1973 – Quando la Alpine vinse il primo Mondiale rally della storia

Nel 1973 la Alpine conquistò con la A110 il primo Mondiale rally di sempre. Una storia fatta di matrimoni rinviati, di aerei persi, di pezzi di ricambio chiesti in prestito a spettatori e di indigestioni di gnocchi: scopriamola insieme.
WRC 1973 – Quando la Alpine vinse il primo Mondiale rally della storia
Il WRC 1973 – il primo campionato del mondo rally di sempre – è rivolto esclusivamente ai costruttori: solo l’auto che ha ottenuto il miglior piazzamento porta punti alla Casa. Il calendario è composto da tredici gare ma contano gli otto migliori risultati.
La Alpine (acquistata da poco dalla Renault, che decide di incrementare considerevolmente il budget dedicato al motorsport) si presenta al via del Mondiale con la A110 più cattiva di sempre, dotata di un motore 1.8 da 175 CV destinato esclusivamente alle corse.
La tripletta (inaspettata) a Monte Carlo
Il 26 gennaio 1973 al Rally di Monte Carlo – prima gara della storia valida per il WRC – la Alpine porta a casa una tripletta: primo il francese Jean-Claude Andruet, secondo lo svedese Ove Andersson e terzo il transalpino Jean-Pierre Nicolas.
Un trionfo inatteso per la Casa d’Oltralpe, che occupando tutti i posti del podio si ritrova già saldamente in vetta al Mondiale con 20 punti (per il primo posto) contro i 10 della Ford (quarta).
Svezia: un matrimonio anticipato e tanti incidenti
Il primo posto iridato sballa completamente i piani della Alpine, in un primo momento non interessata a prendere parte alla seconda prova del WRC – il Rally di Svezia – a causa della neve (superficie inadatta alle A110 a trazione posteriore).
La Casa transalpina, però, ha bisogno di punti per conservare la leadership nel campionato. C’è solo un problema: mancano i piloti. Andruet corre praticamente solo su asfalto, Andersson è sotto contratto con la Toyota mentre Nicolas e Bernard Darniche – inizialmente lasciati liberi di trovare un altro sedile per la gara scandinava – sono già impegnati con due Renault 12 a trazione anteriore.
Jean-Luc Thérier approfitta della sosta forzata per sposarsi il sabato del Rally di Svezia ma dopo la chiamata da parte della Alpine anticipa le nozze di una settimana e corre con la A110 sulle nevi nordiche.
Il pilota francese realizza un’impresa pazzesca: esce di strada quattro volte, centra un albero, surriscalda il motore e danneggia gravemente la sospensione anteriore sinistra (la Alpine, a corto di ricambi, trova uno spettatore proprietario di una Renault 8 e lo convince a farsi dare un pezzo). Nonostante questo Thérier riesce a salire sul podio (terzo): un piazzamento che consente alla Casa transalpina di conservare il primato nel WRC 1973 con 32 punti davanti alla Saab (20).
Portogallo: doppietta e aerei persi
Il 18 marzo 1973 la Alpine A110 porta a casa una doppietta nel Rally di Portogallo in una gara caratterizzata da una quantità impressionante di fango. Primo Thérier (che perde l’aereo Parigi-Lisbona rischiando addirittura di non prendere parte alla gara) e secondo Nicolas. Il primo posto nel Mondiale è sempre più saldo: 52 punti contro i 32 della Fiat.
Avventura in Africa
Alpine non partecipa al Safari Rally ma si riscatta il 13 maggio 1973 con il primo posto di Darniche nel Rally del Marocco. Dopo le prime cinque tappe iridate il brand transalpino è leader indiscusso del WRC 1973 con 72 punti, la Fiat segue con soli 31 punti.
Primo e terzo posto in Grecia
Nel Rally dell’Acropoli – il 28 maggio 1973 – la Alpine allunga ulteriormente il vantaggio in classifica sulla Fiat (92 punti contro 46) grazie alla vittoria di Thérier, corredata dalla terza piazza di Nicolas.
Il massacrante Rally di Polonia
Il 15 luglio 1973, nel massacrante Rally di Polonia (65 auto al via, tre arrivate al traguardo), la Fiat sale sul gradino più alto del podio e recupera 20 punti alla Alpine: l’unica A110 schierata dalla Casa francese – guidata da Thérier – viene esclusa dalla corsa per aver mancato un controllo orario. Alpine prima nel WRC 1973 con 92 punti, seconda Fiat con 51 punti.
1000 Laghi e Austria
La Alpine non prende parte al Rally dei 1000 Laghi e in Austria chiude in seconda posizione con Darniche. Dopo nove prove la classifica del WRC 1973 vede la Alpine in prima posizione con 107 punti, seguita dalla Fiat con 72 punti.
Mondiale vinto in Italia
Con una vittoria al Rally di Sanremo la Alpine conquisterebbe il primo Mondiale WRC della storia con tre gare di anticipo e la A110 non delude.
Thérier – vittima di un’indigestione di gnocchi che lo costringe a cedere la guida per numerose prove speciali al navigatore Jacques Jaubert – sale sul gradino più alto del podio il 13 ottobre 1973 mentre Nicolas arriva terzo.
Chiusura in bellezza
La Alpine partecipa alla corsa statunitense Press-on-Regardless Rally con una A110 guidata dal pilota locale Randy Graves (ritirato) mentre due settimane più tardi arriva quinta al RAC Rally nel Regno Unito.
Il WRC 1973 si chiude il 2 dicembre con una tripletta della Casa transalpina al Tour de Corse: primo Nicolas, secondo Jean-François Piot e terzo Thérier.
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Lotus Evija: 2mila CV per la prima elettrica di Hethel

Lotus ha presentato la sua attesa hyper sportiva elettrica. Il costruttore inglese inizia così la sua transizione verso l’elettrificazione e lo fa con un’autentico mostro – omologato per l’uso su strada – al cui sviluppo ha partecipato Williams Advanced Engineering (WAE), uno dei soci collaboratori a disposizione del marchio d’Oltremanica.
Aerodinamica prima di tutto
Il risultato di questa partnership di prestigio si chiama Lotus Evija. Oltre alla tecnologia del powertrain a zero emissioni, questa nuova super sportiva pulita anticipa anche il futuro linguaggio stilistico delle prossime Lotus, dettato soprattutto dall’elaboratissima aerodinamica. Le enormi prese d’aria anteriori, il diffusore posteriore, l’elegante ed efficace tetto spiovente all’indietro e la forma dei passaruota definisco l’attraente silhouette della nuova Evija. Il contatto con l’asfalto avviene attraverso grandi cerchi in lega da 20 e 21 pollici rispettivamente all’anteriore e al posteriore, gommati con pneumatici Pirelli Trofeo R. L’impianto frenante si affida ai freni AP Racing in alluminio forgiato con dischi in carboceramica.
Abitacolo futuristico
All’interno l’abitacolo della nuova Lotus Evija sfoggia un’ambientazione futuristica in cui tutto è rivolto al guidatore: dal quadro strumenti digitale alla curiosa console centrale. I sedili hanno una struttura in fibra di carbonio e le tappezzerie sono in Alcantara. L’anima della Evija è la monoscocca in carbonio che pesa appena 129 kg (il peso complessivo della vettura ammonta a 1.680 kg).
Powertrain, prestazioni e autonomia
Grazie al powertrain da 2.000 CV totali di potenza massima, la Lotus Evija si presenta come auto stradale più potente al mondo. Scatta da 0 a 100 km/h in meno di 3 secondi e raggiunge i 320 km/h di velocità massima. I motori elettrici sono alimentati dall’energia immagazzinata in una batteria agli ioni di litio montata nella parte centrale. Vanta un’autonomia di 400 km con una sola ricarica è può ricaricarsi all’80% in soli 12 minuti (18 minuti al 100%) grazie alla compatibilità con punti di ricarica da 800 kW. La nuova Lotus Evija può essere già ordinata con un deposito di circa 270 mila euro e il costo finale sarà di 1,9 milioni di euro. La produzione – che inizierò il prossimo anno – sarà limitata a solo 130 unità.
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